La morte di Aleksej Navalny: quando l'omicidio diventa strumento di propaganda
di Luigi Copertino - 28/02/2024
Fonte: Franco Cardini
In un video del 2021 – del quale, laddove vogliate visionarlo, troverete in calce il link (il primo dei due postati) –, Massimo Mazzucco, il noto blogger, ha mostrato le tecniche subliminali della propaganda mediatica, facendo le pulci ad una trasmissione de La7 condotta dallo scomparso giornalista Andrea Purgatori, la quale vide anche la partecipazione di Saviano e della Jebreal. L’argomento della trasmissione in questione era Aleksej Navalny, che all’epoca aveva subito un primo tentativo di avvelenamento.
Nei giorni scorsi Navalny è morto, probabilmente eliminato dai servizi segreti russi. Cosa che non significa automaticamente su ordine di Putin, pur non potendosi escludere.
Forse è il caso di fare un po’ di storia. Per decenni abbiamo ritenuto che il mandante dell’omicidio Matteotti fosse Mussolini per via della denuncia dell’invalidità delle elezioni in alcune zone a causa delle minacce squadristiche. Oggi invece diversi storici (Renzo de Felice, Peter Tompkins, Paolo Paoletti, Benito Li Vigni) hanno appurato che l’omicidio del deputato socialista maturò nei torbidi di un affare di tangenti del quale Matteotti era riuscito ad avere le prove in Inghilterra e che stava per denunciare in Parlamento. La società petrolifera americana Sinclair Oil (ossia l’odierna Esso) aveva corrotto Gabriello Carnazza e Orso Mario Corbino, ministri del primo governo Mussolini ed entrambi massoni di Piazza del Gesù, onde ottenere alcune concessioni petrolifere in Emilia e in Sicilia e contemporaneamente per impedire a un ente petrolifero statale di effettuare ricerche in Libia. Lo scandalo avrebbe travolto anche Vittorio Emanuele III, che era azionista della Sinclair. Da qui la decisione, presa negli ambienti governativi vicini alla massoneria, di eliminare Matteotti: alla bisogna si trovarono Amerigo Dumini ed i suoi uomini, che erano tra i più violenti squadristi, appositamente reclutati dai fiancheggiatori conservatori del fascismo. Benché, come emerso da una “lettera-testamento” redatta nel 1933 da Dumini – che, temendo per la sua incolumità, l’aveva consegnata ad un amico per essere pubblicata in caso gli fosse capitato qualcosa –, una tangente fosse finita anche nei fondi di finanziamento politico del partito fascista la cui gestione era curata da Arnaldo Mussolini, fratello del duce, non c’è prova di un ordine di Mussolini per l’eliminazione fisica di Matteotti. Nella stessa lettera di Dumini, ritrovata dal Paoletti, non si indicava Mussolini come mandante. Forse, sentendo il peso morale della vicenda, Mussolini, anni dopo, intervenne personalmente onde aiutare la vedova Matteotti, la poetessa Velia Titta Matteotti, ed i figli, allorché la famiglia si trovò in difficoltà economiche per un indebitamento a cui non avrebbe potuto far fronte se non ottenendo la concessione di un prestito a tasso agevolato che, senza l’intervento di Mussolini, le sarebbe stato negato. Certo, il delitto maturò nel clima politico del tempo e sotto il governo di Mussolini al quale, quindi, non poteva e non può non essere addebitata la responsabilità politica. Lui stesso, del resto, se l’assunse nel discorso del 3 gennaio 1925 che inaugurò la dittatura (fino a quel momento il governo fascista era rimasto nei canoni della legalità costituzionale). Ma se quella di Mussolini fu responsabilità politica non era tuttavia responsabilità penale, che è sempre strettamente personale.
Anche nel caso di Navalny, allo stato delle cose non sappiamo chi effettivamente ha dato ordine di eliminarlo, sicché a Putin può essere imputata al momento solo la responsabilità politica e non anche automaticamente quella penale. Naturalmente questo nulla toglie al fatto che quello di Navalny sia un omicidio politico e come tale un crimine efferato. Da condannare senza se e senza ma.
Ciò che non può invece essere ammesso in democrazie liberali, come ritengono di essere quelle occidentali, è la manipolazione mediatica, a scopo di becera propaganda, del personaggio Navalny e dei fatti per come in questo momento li conosciamo. È la beatificazione mediatica di Navalny che non è accettabile, perché fornisce un’immagine falsa del personaggio, costruita strumentalmente solo per gli scopi propagandistici della guerra in atto contro la Russia.
Nel video, di cui al primo dei link in calce, sono spiegate quali fossero le vere idee politiche professate e promosse da Navalny e, in particolare, viene mostrata la registrazione che ha provato le intese di Navalny con i servizi segreti inglesi. Tramite un suo collaboratore, recatosi ad un incontro con una spia occidentale, Navalny aveva chiesto 10 o 20 milioni di dollari per organizzare manifestazioni di piazza e, soprattutto, per allettare gli oligarchi, ossia l’élite russa, promettendo che, se la “rivoluzione colorata”, che egli intendeva provocare, fosse riuscita, i loro interessi non sarebbero stati toccati. Altro che paladino della lotta alla corruzione e per la democrazia! Navalny era solo un ambizioso blogger che, ritrovandosi catapultato sulla scena politica moscovita, ha cercato uno spazio d’azione con l’appoggio di potenze straniere.
Tra i motivi del suo arresto, quindi, c’è stata anche questa sua opera di collusione con i servizi segreti stranieri. Chi parla di opposizione liberale e democratica ciurla nel manico, perché Navalny non era né liberale né democratico, e soprattutto era al soldo dei servizi segreti occidentali. Anche in Occidente chi intrattiene contatti con i servizi segreti di un Paese nemico viene, giustamente, arrestato.
A fronte del clamore suscitato dalla vicenda Navalny, trasversalmente agli schieramenti politici, mentre tutti i Caifa occidentali, compresi quelli italiani, fanno mostra di stracciarsi le vesti innalzando invettive e lamentele per la sorte del russo, nessuno in Occidente ha preso posizione contro Zelensky e il governo ucraino per la morte – in tal caso, per i media occidentali, si è trattato solo di una “sfortunata coincidenza” – del blogger e giornalista Costanzo Lira, di origini cilene, arrestato a Kiev con l’accusa, non dimostrata, di attività filo-russe, ossia l’equivalente, a rovescio, delle accuse che erano state mosse a Navalny in Russia.
Nel caso di Lira – per saperne di più è possibile accedere ad un articolo esplicativo mediante il secondo link che trovate in calce – nessun media ha riportato la notizia, se non in coda e con trafiletti, e nessun paladino dei diritti umani, ad iniziare dai vertici dei governi e degli Stati occidentali, ha denunciato Kiev e Zelensky per la palese violazione, appunto, dei diritti umani. Come del resto nessuno mai ha denunciato Zelensky per la sua politica autoritaria che in Ucraina ha portato alla repressione dei partiti e dei media di opposizione.
Il doppiopesismo è un tipico strumento di propaganda del potere, di qualsiasi potere. Non escluso quello delle democrazie liberali. Il potere, per quanto possa usare tecniche più eleganti e apparentemente meno cruenti, è sempre potere ed usa la forza contro chi lo sfida. Questo vale anche nelle democrazie liberali, che, come detto, usano metodi repressivi meno cruenti ma non per questo meno efficaci. Benché all’occorrenza, e in extrema ratio, anche i servizi segreti delle democrazie liberali sanno far ricorso all’omicidio politico e lo hanno dimostrato più volte (Aldo Moro, Enrico Mattei, Olof Palme, John Fitzgerald Kennedy ed altri).
In altre parole, è sempre necessaria una buona dose di realismo per non farsi irretire dalla propaganda – da quella di Putin ma, molto di più, anche da quella occidentale –, applicando la grande lezione del disincanto cristiano nei confronti del potere che, qualsiasi esso sia, resta comunque frutto della natura umana “ontologicamente ferita” (“Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male”, Mc 7,14-23) e pertanto sempre bisognosa di redenzione. Redenzione che non potrà mai arrivare dalla politica.