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La nostra nemesi è tradire noi stessi per il nulla

di Francesco Lamendola - 19/02/2020

La nostra nemesi è tradire noi stessi per il nulla

Fonte: Accademia nuova Italia

Quel che sta accadendo alla nostra civiltà, la civiltà occidentale moderna, è molto simile a una nemesi. Dopo aver disprezzato e rifiutato le sue radici, che sono quelle cristiane medievali, essa ha deciso di volgere il timone in tutt’altra direzione, glorificando il progresso e ponendo l’uomo al centro di ogni cosa, al posto di Dio. Il risultato di questa svolta antropologica e progressista è un generale orientamento autodistruttivo, del quale stentiamo ad accorgerci solo perché vi siamo talmente immersi, da aver perso la giusta percezione della realtà, proprio come il fumatore accanito non avverte più l’odore di tabacco che impregna l’ambiente e i suoi stessi abiti e il tossicodipendente non riesce nemmeno a immaginare come si possa vivere senza la dose quotidiana di droga. E siccome un albero non può odiare le proprie radici senza odiare se stesso, è accaduto che la civiltà moderna, nata dall’odio contro le sue radici cristiane, è diventata, anzi, è stata fin dall’inizio, l’implacabile odiatrice di se stessa. Per molto tempo questo aspetto tenebroso della sua natura è rimasto quasi nascosto, o meglio, è stato scarsamente visibile, pur essendo evidente, perché i suoi esponenti, e specialmente gli intellettuali “impegnati”, hanno mascherato l’odio di sé dietro il mito della scienza, poi quello del progresso, infine quello del benessere. Solo adesso, che dal mito del benessere si è passati al mito dell’edonismo radicale, abbattendo le ultime frontiere della morale tradizionale e glorificando le peggiori aberrazioni come se fossero perfettamente lecite e naturali, dall’aborto all’eutanasia, dal cambio di sesso alla libertà di drogarsi, per non parlare delle forme di procreazione volte ad assicurare una prole alle coppie omosessuali e a pratiche ancor più esecrabili, come quella dell’utero in affitto, comincia ad apparire chiara quale sia la vera natura, quale il vero volto della cosiddetta civiltà moderna: quello di una anti-civiltà necrofila e suicida, che corteggia la propria morte e che fa di tutto per inabissarsi con tutto ciò che essa ha prodotto. Ovunque si volga lo sguardo, si vede lo stesso spettacolo di corruzione, degenerazione e autodistruzione: l’arte moderna degenera nel brutto, nell’orrido e nell’incomprensibile; la filosofia moderna degenera nel relativismo, nel nichilismo, nel solipsismo, nella sofistica; la scienza moderna si è trasformata in una minaccia sempre più grave per l’integrità dell’uomo, per la sua dignità (si pensi all’ingegneria generica e alla clonazione) nonché per la sua stessa sopravvivenza a livello planetario; l’economia moderna, dopo una fase di espansione, si contrae e genera povertà e crescenti disuguaglianze sociali; la finanza moderna si è trasformata in un’immensa piovra che spreme le risorse del lavoro e del risparmio per moltiplicare all’infinito la ricchezza di pochissimi e intanto attua lo sfruttamento sistematico dei più; la pedagogia moderna ha semplicemente cessato di esistere e si è rovesciata nella dittatura del bambino; infine l’indice più sicuro della tendenza necrofila, il rifiuto di procreare e anche solo di fondare una famiglia stabile, fondata sulla complementarità armoniosa dell’uomo e della donna, viene sostituita da nuovi modelli di “famiglia” che ne sono l’orrida contraffazione e che, per loro stessa natura, non generano la vita, se non facendo ricorso a pratiche scientifiche discutibili e a transazioni moralmente deprecabili. Meglio non parlare neanche della letteratura, del cinema, della televisione, della pubblicità, dei fumetti, della musica leggera, tutte forme espressive che, quando non sono futili e sciocche, si traducono nell’esaltazione del patologico, dell’assurdo, del pauroso e del demoniaco, talvolta nelle forme più esplicite. Frattanto è venuta meno qualsiasi autorevole guida spirituale, le chiese si sono svuotate e la gente si affolla sul lettino dello psicanalista, dal quale si alza più snervata e infelice di prima; si moltiplicano sette e gruppi parareligiosi, esoterici, occultistici e satanisti, nei quali il bisogno dell’uomo di trovare risposte alle ultime domande dell’esistenza viene incanalato nelle forme più grottesche, ridicole, puerili o macabre. La stessa Chiesa cattolica, rinunciando alla propria gloriosa Tradizione e rinunciando così ad essere se stessa, si sta trasformando in un osceno baraccone ove il vizio viene esaltato e il concetto stesso di peccato è stato fatto sparire, da parte di un clero sempre più disorientato e desideroso di strappare al mondo una facile popolarità, tradendo la propria missione e rinnegando Gesù Cristo come san Pietro lo aveva rinnegato la notte del Giovedì Santo, nel cortile del Sommo sacerdote. In poche parole, eravamo i figli di una civiltà gloriosa e abbiamo scelto, a un certo punto, di essere gli alfieri di una anti-civiltà decadente e suicida.

L’odio contro se stessa che cova la civiltà moderna si manifesta concretamente nell’atteggiamento, mentale, ancor prima che pratico, di molti individui e soprattutto delle principali categorie professionali. Nella scuola media e all’università, buona parte dei professori insegna agli studenti a detestare e disprezzare la propria cultura e il proprio passato; l’Europa, in particolare, è stata malvagia, ha oppresso gli altri popoli, ha scatenato le guerre, ha inventato il colonialismo e lo sfruttamento economico, ha perpetrato i genocidi, l’ultimo e più grave dei quali è stato a danno degli ebrei all’epoca del nazismo. Giudici e magistrati applicano la legge usando un occhio di riguardo verso gli stranieri, specialmente gli immigrati clandestini dell’Africa e dell’Asia, mentre chiudono un occhio, o anche tutti e due, quando a subire violenze da parte di quei soggetti sono i propri concittadini. In base a tale atteggiamento, rom e altre minoranze protette possono permettersi di vivere letteralmente al di fuori e al di sopra della legge, specialmente in Italia, e godono di una sorta d’impunità, specie se si servono di minorenni per commettere reati che sovente sono la loro unica attività “lavorativa”. Inoltre gli islamici e altri gruppi non cristiani possono compiere profanazioni e sacrilegi ai danni delle chiese cattoliche, mentre la legge punisce con il massimo rigore la minima offesa al Corano e all’islamismo; stesso comportamento, anzi ancor più severo, nei confronti di chi offende gli ebrei e specialmente la memoria della Shoah. Alcuni giudizi negativi sulla senatrice Segre comparsi sui social hanno scatenato una vera e propria sindrome da cittadinanza onoraria, coi sindaci e le amministrazioni comunali di mezza I’Italia, di destra e di sinistra, a gareggiare fra loro in tal senso; mentre esponenti di un’area politica e culturale di segno diverso possono essere minacciati gravemente tutti i giorni, e a un ministro dell’Interno si possono recapitare bossoli di proiettile e lettere di morte, senza che ciò susciti neanche la millesima parte della solidarietà che i mass-media si sono affrettati a mostrare verso la signora sopra citata. Perfino le autorità sanitarie manifestano un atteggiamento auto-razzista: ai cittadini italiani di ritorno dalla Cina viene imposta la quarantena d’obbligo, a causa della diffusione del Coronavirus, ma ai agli studenti cinesi di ritorno in Italia non viene posta alcuna norma restrittiva e quindi rientrano nelle rispettive scuole senza fare neanche un giorno di astensione prudenziale. Si potrebbe andare avanti per pagine e pagine con esempi dello stesso genere. Da ultimo è la Chiesa cattolica, o meglio ex cattolica, che si distingue nell’atteggiamento di odio di sé e della propria storia, e di acritica esaltazione dei suoi storici nemici: mentre i veri cattolici sono mortificati e maltrattati ogni giorno dai vescovi e dai cardinali massoni e modernisti, i non cristiani, gli atei militanti e tutti coloro che calpestano clamorosamente la morale cattolica non solo incontrano simpatia e comprensione, ma addirittura vengono accolti a braccia aperte e portati ad esempio di superiore eticità, come è avvenuto per Marco Pannella e per Emma Bonino, da parte di insigni esponenti (si fa per dire) del clero cattolico. E se molti cattolici si sono sentiti feriti e oltraggiati, e ben a ragione, dalla introduzione degli idoli della Pachamama nella basilica di San Pietro e in un’altra chiesa romana, non è a loro che il signor Bergoglio ha domandato scusa, bensì a quanti si fossero sentiti offesi dal fatto che un cattolico ha cercato di por fine alla blasfemia, gettando le statuette nel Tevere. Il che fa il paio con le parole rivolte dal vescovo di Belluno e Feltre ai divorziati risposati della sua diocesi, ai quali ha ritenuto di dover porgere le sue scuse solenni, con atteggiamento di contrizione, per la durezza e l’insensibilità mostrate fino ad ora dalla Chiesa verso di loro: il che è come chiedere scusa perché il cattolicesimo è quello che è, e nello stesso tempo insultare e denigrare il Magistero e l’autorità di tutti i papi e di tutti i concili (tranne, si capisce, il meraviglioso Vaticano II, fonte di ogni gioia e d’ogni bene). In base alla stessa logica, più volte il sedicente papa Bergoglio si è rifiutato di benedire la folla, che è solito congedare con dei banali buongiorno e buonasera, come se benedire nel nome di Gesù Cristo fosse una forma d’intolleranza verso i non cattolici.

Scriveva il filosofo Vittorio Mathieu, quaranta anni fa, nel suo libro Cancro in Occidente. Le rovine del giacobinismo (Milano, Editoriale Nuova, 1980, pp. 243-245):

 

Ma che cosa metteva, il giacobinismo, al posto di quel punto di riferimento che, per il feudalesimo, era stata la persona, e per l’assolutismo francese l’unità geografica, e per il romanticismo la nazione? Poneva L’UNIVERSALE: l’universale astratto, sotto i simboli retorici di ‘popolo’, ‘patria’, ‘repubblica’, ‘rivoluzione’. Simboli che sarebbe errato ridurre ai loro supporti empirici: al popolo francese, alla Francia geografica, al governo del Terrore, ecc.; perché ciò che quei simboli rappresentavano non erano puri fatti: era un ASSOLUTO, che attraverso quei fatti si faceva luce.

Robespierre non desiderava di meglio che CANCELLARE i supporti empirici come tali o meglio, immetterli in una realtà trasfigurata, in cui perdessero la loro empiricità, sinistra e sanguinaria.

Via via, nel corso del tempo, l’astrazione giacobina aggirò il nazionalismo, relegandone sempre più al margine le concretezze linguistico-geografiche, fino a rinnegarle del tutto. Ed ecco che, alla fine, lo Stato cessa di avere qualsiasi legittimo riferimento attuale: non alla persona di un sovrano, non alla nazione, non all’unità geografica del ‘Vaterland’. Il suo unico riferimento legittimo, a questo punto, diviene il futuro: IL FUTURO È LA NOSTRA VERA PATRIA, secondo una  tipica idealizzazione della Nuova Gerusalemme, che al giacobinismo derivava dalle sue ascendenze di religiosità eterodossa.

In questo senso il magistrato eversore è un ‘patriota’, anche se – anzi, appunto perché – non siamo in grado di indicare nessuno Stato, nessuna nazione, nessun Paese come una vera patria. Non è più il fellone, passato al servizio di un altro signore; non è più il traditore che consegna lo Stato ai nemici, il disertore che combatte per lo straniero: è tutte queste cose, PERÒ IN FAVORE DELLA SUA STESSA PATRIA, che è la medesima contro cui agisce. Egli agisce in favore della patria futura contro la patria presente: ma la futura non è ALTRA dalla presente sua e nostra: è, o vorrebbe essere, la sua e nostra patria VERA. (…)

Impossibile, per lo Stato, difendersi da un’aggressione di questo genere, fin quando non tolga all’aggressore il fondamento per dire che sta lavorando per la sua vera patria. Ma come potrebbe toglierglielo uno Stato che non ha più alcun riferimento concreto: non alla persona del sovrano attraverso la retorica della fedeltà; non al ‘Vaterland’ attraverso la retorica romantica, non alla nazionalità e ai confini naturali attraverso la retorica nazionalistica, bensì solo al futuro, attraverso la retorica della rigenerazione rivoluzionaria? Come contestare a quel giudice – che abbiamo scelto come esempio solo perché è il più emblematico – quanto egli afferma che sta lavorando per il nostro vero bene? A che cosa richiamarlo, come a un suo diverso dovere? Togliendo allo Stato ogni legittimo riferimento empirico, per farne l’espressione dell’’universale’, il giacobinismo diede modo alla spinta rivoluzionaria di riempire questa astrazione. E la spinta rivoluzionaria non si lasciò sfuggire quest’occasione. Da quel momento il giacobinismo divenne uno STRUMENTO ESSENZIALE DELLA RIVOLUZIONE, anche quando, soprattutto con Marx e seguaci, questa prese a guardarsi con la massima cura dall’identificarsi con esso. Troppo prezioso, anzi indispensabile, anche se dalla mentalità marxista disprezzato. Solo il giacobinismo, infatti, fa posto all’esigenza rivoluzionaria di rovesciarsi, di negarsi quali si è,  per divenire assolutamente diversi, pur restando se stessi. QUESTA esigenza diviene la nostra vera patria.

In questo modo LA NEGAZIONE DI SÉ PRENDE A RAPPRESENTARE L’AUTENTICITÀ DELLO STATO OCCIDENTALE, la cui essenza viene e consiste nell’essere nemico di se stesso. Ecco che cosa esprime il giudice eversore: l’essenza di questo Stato; e per questo non può essere espunto. Né solo il giudice, naturalmente, ma tutto ciò che esprime la NECESSITÀ DELL’EVERSIONE.

 

Qui Vittorio Mathieu, nelle cui riflessioni ci eravamo già imbattuti un’altra volta (cfr. l’articolo: La cultura moderna sta corteggiando il Nulla perché, in fondo, non crede più nella vita, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 05/03/09, poi sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 10/03/18) mostra di aver centrati perfettamente il problema, anche se, negli ultimi quarant’anni, alcuni termini di esso sono cambiati. La difficoltà a superarlo, tuttavia, è sempre la stessa: come sfuggire alle tendenze autodistruttive della modernità se essa è di per sé autodistruttiva? Bisognerebbe riconciliarsi con le proprie radici, cioè col cristianesimo: solo così ci si potrebbe scogliere dalla cupa stretta di morte…