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La paura, il fallimento e il bavaglio

di Adriano Segatori - 08/03/2018

La paura, il fallimento e il bavaglio

Fonte: Italicum

 

Questo sistema, inteso come organizzazione politica, sta cedendo clamorosamente tra pro-messe non mantenute, futuro negato e presente da incubo. La questione coinvolge tutti i paesi europei, ma è gusto limitare il discorso alla nostra realtà italiana.
Non si ha memoria ragionevole, nel novecento italiano, di una classe di governo tanto cor-rotta, inefficiente, distruttiva e falsa come quella presente dagli ultimi decenni.
La profezia di Marcello Veneziani secondo il quale, dopo la pulizia dei ladri e dei furbi con la sospetta operazione di Mani Pulite, ci saremmo trovati ladri peggiori con l’aggravante di es-sere anche ignoranti e ottusi, si è avverata.
È in questo contesto, e in questa condizione fattuale, che deve essere analizzato il problema del pensiero unico e, con esso, l’ideologia del politicamente corretto.
La sinistra, con l’appoggio del Presidente della Repubblica, ha perpetrato un golpe avvalen-dosi della complicità di Mario Monti. A questo si sono succeduti altri governi illegittimi senza che mai si sia interpellato il popolo sulle scelte che i tenutari del potere hanno continuano a fare. Questa stessa sinistra ha tradito da tempo il suo storico mandato – in realtà spesso mi-stificato e demagogico – in difesa dei lavoratori, sostituendo <<il mito sociologico del prole-tariato [con] il mito antropologico della ‘diversità’ dell’immigrato>>, come aveva già eviden-ziato Costanzo Preve. Ogni qualvolta un esponente politico o un movimento alternativo all’élite dominante ha posto qualche quesito preciso su argomenti concreti e circostanziati si è risposto con la retorica antipopulista, antifascista, antirazzista, antiomofoba e via via scar-tando per evitare la risposta.
In pratica, i gruppi di potere hanno costituito delle élite confacenti al loro progetto di globa-lizzazione e di multiculturalismo, e queste élite sono costituite proprio da quella sinistra chic che ha da sempre flirtato con gli estremisti ed ora si trova a condividere la greppia con il ca-pitalismo transnazionale e anti-identitario.
La paura deriva proprio dal rischio che il popolo, che in concreto vive e subisce da decenni il dissesto di questa strategia fallimentare, e che vede lucidamente, sperimentando sulla sua pelle, la disgrazia della quotidianità, presenti il conto in termini elettorali e agisca confron-tandosi che la realtà.
<<La gente comune>> – conferma Jonathan Friedman – <<è una categoria pericolosa per qualsiasi élite>>. E per questo pericolo incombente che nel tempo si è inventato il politica-mente corretto e, come sua logica conseguenza, si è arrivati al pensiero unico.
Basta pensare – un esempio per tutti – alla questione immigratoria. Le élite hanno organizza-to una vera e propria invasione del suolo europeo assoldando propagandisti dei mass media per sterilizzare ogni forma di dibattito e fiaccare ogni possibile contraddittorio. Si è passati da una sedicente politica dell’emergenza ad una accoglienza strutturata, trasformando un fenomeno pianificato da organizzazioni criminali, apparati terroristici e coordinamenti pseu-do umanitari in un fenomeno naturale, come un uragano, un terremoto o una catastrofe am-bientale.
Una volta preso atto che proprio così non era,  i gruppi preposti alla manipolazione hanno iniziato a seguire tattiche di rimaneggiamento della realtà, producendone una adatta ai loro specifici scopi. Ecco, allora, che i clandestini sono diventati migranti, o addirittura itineranti; il loro peso sociale e sanitario li ha trasformati in risorse; i loro comportamenti primitivi e de-vianti sono assunti a nuova cultura; la loro violenza ideologica e religiosa ad altre tradizioni. Una vera e propria sovversioni dei fatti e dell’oggettività.
Era evidente che questa mistificazione non poteva durare per sempre, e l’impatto quotidiano con questo fenomeno doveva portare ad intolleranze e conflitti sempre più esasperati, la cui manifestazione – per altro – è solo all’inizio del suo sviluppo. Tutto l’impegno profuso da po-liticanti, pennivendoli, opinionisti, artisti, saggisti imbrattacarte, diseducatori laici e clericali, saltimbanchi dell’informazione, teso a indirizzare e costringere verso ciò che è giusto pensa-re e credere, ha inesorabilmente manifestato delle crepe sempre più profonde nella sua menzogna.
Ecco, allora, passare alla denuncia: il populismo. Se il popolo si agita e accusa il proprio disagio e il proprio malcontento, esso non è più il riferimento per i politici, una loro fonte di conoscenza ed un loro obiettivo di interesse, ma diventa un ostacolo alle operazioni delle stesse élite, un problema che intralcia le manovre di quei poteri i cui politici sono i portaor-dini o i meschini maggiordomi. Qualsiasi critica portata ai loro disegni viene tacciata di rea-zione antidemocratica o di risposta razzista o di qualunquismo disumano, cosicché i veri de-mocratici assurgono a messaggeri della nuova morale e annunciatori del nuovo ordine glo-bale.
E se anche questo cede alla prova del tempo, si arriva all’azione poliziesca e all’intervento criminale, con l’istigazione alla violenza contro i gruppi dissidenti, con la negazione delle sale per gli incontri pubblici, con i processi politici e le condanne esemplari, con la censura e l’oscuramento della verità.
La <<narrazione accorta>>, come riporta Friedman, cioè la <<deliberata manipolazione della comunicazione mediatica e di altre forme espressive al fine di formare l’opinione pubblica>> ha mostrato il suo vero volto totalitario, di fronte alla concreta contestazione della realtà. Ma non sarà il bavaglio mediatico o la maschera di ferro giudiziaria ha chiudere le bocche del dissenso, perché il vaso è stato scoperchiato e i démoni della ragione reclamano verità e giu-stizia.