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La potenziale catastrofe di percepire erroneamente la “guerra totale” come guerra tattica

di Alastair Crooke - 27/03/2022

Fonte: SakerItalia

Lo zeitgeist di oggi è che tutta la politica non è che un arazzo manicheo del “buono” e di coloro che non sono riusciti a “decolonizzare” il loro passato.
La guerra in corso in Ucraina è vista dai primi – la visione occidentale in senso lato – attraverso le lenti secolarizzate della cultura occidentale odierna. Tipicamente, è presentata come una lotta tra questa cultura, liberamente confezionata come ‘democrazia’, e la cultura autoritaria di Russia, Iran e Cina – culture che riflettono valori offensivi, nativisti e repressivamente ‘scorretti’.
Si ritiene che Putin sia convinto “di aver percepito una leadership politica debole in America – e come un giocatore di scacchi che vede una debolezza sulla scacchiera, e un’apertura per un attacco – l’abbia colta”.
Questa è la lettura autentica che è data in gran parte dell’Occidente, e non è difficile capire perché sia diventata opinione consolidata. Essa infatti è in linea con lo zeitgeist [in italiano, lo “spirito del tempo”] di oggi, secondo cui tutta la politica non è che un arazzo manicheo di “buoni” che vedono le cose in modo “moderno” e culturalmente consapevole – e quelli che non sono riusciti a “decolonizzarsi” dal loro passato.
Questo però non spiega ancora del tutto l’ostilità maniacale diretta contro Putin, la Russia e tutto ciò che è russo. Non si era visto niente di simile dalla Seconda Guerra Mondiale e, perfino allora, non tutto ciò che era tedesco era considerato, in quanto tale, malvagio.
Ma anche mettendo da parte la passione, questa lettura occidentale del mondo ha una logica di fondo. Ed è una logica ineluttabile e pregna di pericoli. Per esempio, il discorso di Zelensky al Congresso degli Stati Uniti mette in rilievo una nazione che sta affrontando un attacco non provocato; che essa ha attirato il sostegno e la vicinanza di tutto il mondo, ma che non è un membro dell’alleanza NATO. Il messaggio era semplice e chiaro: “Chiedo a tutti voi [Occidente] di fare di più”. In risposta, l’ex Segretario alla Difesa Leon Panetta questa settimana ha descritto [in inglese] Zelensky come “probabilmente il più potente lobbista del mondo in questo momento”.
Ancora una volta, la logica dietro la ricostruzione, quella secondo la quale la Russia avrebbe lanciato – non provocata – la più grande guerra di terra in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale per un guadagno tattico “sulla scacchiera”, definisce senza via di scampo l’unica risposta possibile. E cioè che è necessario un maggiore sostegno militare a Kiev, in modo che Putin percepisca il pericolo sulla scacchiera e agisca per proteggere i suoi pezzi di maggior valore.
Finora, gli Stati Uniti non sono arrivati ancora a sostenere – anche se non sono molto distanti – l’intervento diretto della NATO. Le parole di Zelensky nel video che è stato condiviso (anche se chiaramente preparato da un’agenzia di pubbliche relazioni – barba incolta, maglietta militare, eccetera) hanno avuto un impatto emotivo che ha trasformato il suo intervento (così come quelli in altre capitali) da un fatto ordinario ad un evento straordinario. La domanda ovvia è: a cosa porterà tutto questo?
Panetta ha suggerito in risposta che: “Se Putin rilancia, anche gli Stati Uniti e la NATO devono rilanciare”.
Dobbiamo essere chiari: Panetta non è solo. Con la guerra dell’informazione sta montando una frenesia bellicista. Ci sono quelli che esortano Zelensky a continuare con i suoi messaggi; dicendogli che alla fine il rifiuto della NATO di intervenire si incrinerà.
Ma cosa succederebbe se l’analisi dell’opinione pubblica di cui sopra fosse SBAGLIATA? E se costituisse una lettura errata potenzialmente catastrofica di Putin e della sua squadra e – cosa ancora più importante – dell’umore della maggioranza dei russi?
Il semplice fatto di vedere il conflitto attraverso una lente così riduttiva, omette e cancella tutte le sfumature religiose, razziali, storiche, politiche [in inglese] e culturali nascoste del conflitto, facilitando un procedere per stereotipi banali che possono portarci a prendere decisioni sbagliate.
Se lo stereotipo che l’Occidente ha di Putin, come un “leader autoritario e senza principi”, che porta il suo paese in guerra per guadagnare qualche effimero vantaggio tattico contro l’Occidente, fosse sbagliato, perché non considerare che l’Occidente potrebbe sbagliare anche nel pensare di stare combattendo una guerra tattica; e sbagliare quindi nell’immaginare che piccole mosse tattiche che carichino sempre più dolore sul piatto russo della bilancia avranno per risultato un ribaltamento dal quale Putin dovrà per forza uscire ridimensionato.
Ciò che otterremmo in quel caso sarebbe una guerra totale praticata da un lato dalla Russia, che la vedrebbe come una guerra in cui o si difende o cessa di esistere; e dall’altro lato da un “Occidente” che, imprigionato nella logica che esso stesso si è costruito intorno, si avvicina sempre di più alla propria versione (secolarizzata) della “guerra santa”.
Le parole e il video di Zelensky, chiaramente intesi ad alimentare un’atmosfera di emozioni accese, arrivate già quasi al punto di rottura, hanno avuto un forte impatto emotivo nelle capitali occidentali. Questa carica emotiva si aggiunge all’angoscia di un’America in declino; all’evidenza che sempre meno paesi si inchinano istintivamente agli Stati Uniti così prontamente come succedeva in passato. Tutto ciò è causa di inquietudine, e può scatenare sentimenti aggressivi volti ad attaccare e vendicarsi di chiunque osi sminuire la sua convinzione di essere una nazione cui spetta un destino unico.
Questo contenuto emotivo sta già accecando i commentatori occidentali di fronte alle realtà militari sul terreno che sono ignorate e cancellate dalla sequela quotidiana di notizie di atrocità strazianti [commesse dai russi]. Nell’Occidente di oggi, l’analisi è diventata una mera espressione di correttezza culturale e ogni menzione di realtà oggettive è quasi un crimine. È il contesto perfetto per commettere errori.
A cosa porterà tutto ciò? La logica è stringente: ad una guerra totale dell’Occidente?
Il più volte premiato regista russo Nikita Mikhalkov ha fatto un discorso al popolo russo, come fosse in parallelo al discorso di Zelensky al Congresso:
“Guardiamo a noi [popolo russo] e ricordate che faranno a voi la stessa cosa quando mostrerete debolezza… Fratelli, ricordate il destino della Jugoslavia e non permettete loro di fare lo stesso con voi. Sono personalmente convinto che questa non è una guerra tra Russia e Ucraina, non è una guerra tra Russia, Europa e America. Non è una guerra per la democrazia di cui i nostri partner vogliono convincerci. Questo è un tentativo globale e forse l’ultimo della civiltà occidentale di attaccare il mondo russo, l’etica ortodossa, i valori tradizionali. Chi è cresciuto con questi valori non sarà mai d’accordo con quello che ci propongono, dai matrimoni omosessuali alla legalizzazione del fascismo. La guerra è una cosa terribile. Non conosco una persona normale che pensi che la guerra sia una buona cosa. Ma l’Ucraina, l’America e l’Europa hanno cominciato a prepararsi per questa guerra nel 1991… Ci sono due modi per uscire da questa situazione: o ci difendiamo, o cesseremo di esistere. Alla fin fine – vi offro le sagge parole di un uomo intelligente – “È meglio essere impiccati per la lealtà, che essere premiati per il tradimento”.
Michalkov non è un uno ai margini. La dottoressa Mariya Matskevich dell’Istituto di Sociologia dell’Accademia Russa delle Scienze spiega [in inglese] che una grande parte della popolazione russa vede la guerra in Ucraina come “una lotta santa” e “una guerra della Russia contro tutto il resto del mondo”, aggiungendo che questa è una posizione che molti russi trovano molto più congeniale di qualsiasi cooperazione con il mondo esterno, e notando che i sondaggi dimostrano costantemente, e generalmente in modo accurato, questo schema, così come la convinzione diffusa che ciò che la Russia sta facendo in Ucraina è una difesa da un attacco occidentale. A causa di questo, il sostegno popolare russo per Putin, il suo governo, e anche il suo partito Russia Unita, dall’inizio delle ostilità è aumentato [in inglese] .
La nozione di “guerra totale” è stata espressa con forza su un canale televisivo in prima serata da un importante pensatore e autore russo, il professor Dugin. Il suo punto di vista ha ottenuto un ampio sostegno:
La guerra in Ucraina non è solo esistenziale per lo stato russo, ma è esistenziale per il popolo russo, la sua cultura e la sua civiltà.
Un esito positivo in Ucraina è la chiave per la creazione di un nuovo ordine mondiale.
Fino ad ora, l’Occidente non avrebbe mai accettato la Russia come partner, ma l’operazione in Ucraina cambierà questo stato di cose.
Si può essere d’accordo o meno con questa visione, ma non è questo il punto. Il punto è se questo sia un punto di vista autentico del popolo russo oppure no. Se lo è, allora Putin e la Russia non arretreranno davanti a una nuova serie di sanzioni occidentali, e nemmeno davanti a nuove forniture di droni o armi a Kiev: la guerra totale è, com’è chiaro, esistenziale – fino alla fine.
Un eminente accademico serbo, il professor Vladusic, inserisce tutto questo in un contesto più ampio: “C’è una mappa nel libro Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale di [Samuel] Huntington: su quella mappa Ucraina e Russia sono disegnate dello stesso colore, perché appartengono alla stessa civiltà ortodossa. È accanto all’Ucraina dove inizia il colore scuro con cui Huntington segna la civiltà dell’Occidente:
“[Guardando] la guerra con gli occhi di Huntington, ecco cosa concludo: la guerra tra Russia e Ucraina è una grande catastrofe per la civiltà ortodossa. L’ipotetica scomparsa della Russia sarebbe anche la fine della civiltà ortodossa, perché non c’è un altro paese ortodosso sufficientemente potente per difendere altre nazioni ortodosse. Huntington mi sussurra poi che non è mai successo nella storia che un paese passasse da una civiltà all’altra, non perché alcuni paesi non ci abbiano provato, ma perché semplicemente le altre civiltà non li hanno mai accettati definitivamente. Senza la Russia, il prezzo geopolitico dei rimanenti paesi ortodossi crollerebbe così tanto che le altre civiltà, nella migliore delle ipotesi, li farebbero scendere al livello di colonie morenti. Questo, naturalmente, vale anche per l’Ucraina. Nel momento in cui la Russia fosse sconfitta, questo significherebbe, molto probabilmente, la sua divisione in più stati, e lo stesso destino toccherebbe probabilmente all’Ucraina. Sappiamo tutti cosa vuol dire la parola balcanizzazione”.
Sembra che la guerra totale non sia evitabile. Le due diverse interpretazioni della “realtà” non si toccano in nessun punto. La logica è ineluttabile. All’interno di queste architetture dell’odio, fatti storici selezionati o inventati sulla Russia, la sua cultura e la sua natura razziale sono presi fuori contesto – e inseriti in costruzioni intellettuali prestabilite allo scopo di accusare il presidente Putin di essere un “delinquente” e un “criminale di guerra”.
Se questa è la direzione in cui stiamo andando, è a causa dell’errore potenzialmente catastrofico di percepire la Russia come un mero attore commerciale – un approccio che scaturisce dalla scelta dell’Occidente di voltare le spalle alla sua stessa eredità culturale. Il processo è semplice: in passato, un’opera d’arte, un grande libro servivano a gettare luce e comprensione sugli eventi passati. Oggi, sono intesi solo come espressione della cultura contemporanea. Basta presentare una cultura come politicamente scorretta (come bianca, misogina o coloniale) ed essa si trasforma immediatamente in politicamente scorretta, il che significa che qualsiasi menzione di essa diventa un crimine. Come si può allora capire la storia russa? Semplicemente, non si può.
Non si può capire come la Russia possa leggere la storia come una lunga, millenaria successione di tentativi di cancellare la Russia; di antico antagonismo e razzismo diretto verso gli slavi; di come i russi possano leggere il recente intervento degli Stati Uniti nell’ortodossia tradizionale, attraverso il patriarcato di Costantinopoli, come progettato per favorire [in inglese] uno scisma nella comunità ortodossa, sia per minare il patriarcato di Mosca (il baluardo del pensiero sociale tradizionale), sia per infondere [in inglese] i semi del liberalismo occidentale, e i valori culturali occidentali nelle chiese ortodosse nazionali. Molti russi devoti vedono il conflitto ucraino come una “guerra santa” per preservare l’ethos tradizionalista dall’impulso culturale nichilista occidentale.
Potrebbero capire anche che molti russi vedono la rivoluzione bolscevica, l’intervento neo-liberale degli Stati Uniti dell’era Eltsin, e la cultura woke di oggi, come tutti tagliati dalla stessa stoffa (il bolscevismo non è che la “prima edizione” del wokeismo): cioè una lotta per annullare la civiltà russa e l’ethos ortodosso.
Potremmo leggere la storia in modo diverso, ma quanto esposto, tuttavia, contiene elementi della visione autentica della maggior parte dei russi. Ed è questo il punto: esso avrà conseguenze sulla guerra e sulla pace.

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 Articolo di  Alastair Crooke pubblicato su Strategic Culture Foundation il 21 marzo 2022
Traduzione in italiano di Confab per SakerItalia