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La questione mediorientale tra caos e semplicità

di Pierluigi Fagan - 27/09/2024

La questione mediorientale tra caos e semplicità

Fonte: Pierluigi Fagan

Nella visione concettuale della cultura della complessità c’è un limite entro il quale le questioni e le dinamiche sono ordinate in un modo non banale e tuttavia funzionale ed oltre il quale sfociano nel puro caos, nel disordine imprevedibile ed ingestibile. C’è poi una regione antecedente che è quella della semplicità, un luogo spesso “ideale” in cui le cose sono ben ordinate, precisabili, comprensibili e gestibili.
La questione israeliana quale si è proposta all’attenzione delle opinioni pubbliche dagli inizi dell’ottobre di un anno fa, è una questione complessa perché ha molte variabili di cui tenere conto e molti effetti e controeffetti delle relazioni tra queste variabili. A livello di discorso pubblico si è fatto e si sta facendo di tutto per rendere la questione incomprensibile di modo che i fatti non siamo interpretabili e giudicabili secondo ragione attinente.
Da un lato la questione è semplificata nel dire che Israele ha subito un attacco terroristico da parte di Hamas a cui sta legittimamente rispondendo, dall’altro lato si sfocia nel caos della volontà di potenza sionista che punta a disegni di grande piano segreto dal titolo “The Greater Israel” secondo quanto contenuto nei piani sionisti della prima ora ovvero quanto espresso nei diari di Theodor Herzl, il piano Oded Yinon e le definizioni geopolitiche più recenti fornite da Saul Cohen, che sembrano indicare costantemente la direzione di un Israele che prende il controllo di ulteriori territori dei/dai suoi vicini.
Noi ci poniamo invece in una posizione mediana, complessa, tra semplicità che è poi voluta ed insostenibile semplificazione sedativa e caoticità di grandi piani dominio-di-un-mondo molto affascinanti dal punto di vista letterario, ma assai poco realistici. Questa posizione la esprimemmo a suo tempo qualche mese fa nell’infuriare dei primi devastanti attacchi condotti da Israele su Gaza e la riproponiamo oggi alla viglia del probabile attacco di terra che Israele condurrà verso il sud del Libano.
La questione è questa.
1) Israele si trova in una area detta Medio Oriente, un nome ambiguo poiché quella zona, il Mashreq, non è occidente e non è oriente, sebbene sia linea di giuntura tra i due mondi.
2) Essendo linea di giuntura ideale e fattiva tra i due mondi-civiltà risente delle tensioni delle relazioni tra questi due mondi-civiltà, oggi più che mai intense in ragione della grande transizione tra il mondo unipolare e quello multipolare, tra dominio delle modernità occidentale e passaggio all’era complessa. Su sistemazione e ruolo di questa area, si confrontano due strategie.
3) Quella orientale a guida cinese, vorrebbe portare questa zona o sua parte importante, dalla parte degli interessi orientali. All’ultimo allargamento dei BRICS, sono stati cooptati gli Emirati Arabi Uniti, l’Iran, l’Egitto mentre si profila la possibile cooptazione della Turchia già nella riunione BRICS del mese prossimo in Russia. In un primo tempo, era stata annunciata la cooptazione anche dell’Arabia Saudita, ma poi l’AS non aveva ratificato l’impegno. Di contro, ha fatti rumore poco tempo fa, quella che sembrava l’intenzione della stessa AS di non sentirsi più vincolata ai precedenti accordi sulla quotazione del petrolio in dollari. Si è da poco conclusa la visita a Riad del premier cinese Li Qiang, per verificare lo stato effettivo delle relazioni e degli allineamenti.
4) Quella occidentale a guida statunitense (ed israeliana), vorrebbe simmetricamente, portare questa area o sua gran parte ad allinearsi al proprio fronte. Si iniziò nel 2020 con gli Accordi di Abramo (USA-Israele-Emirati Arabi Uniti ma con estensione al Bahrein quindi in forma indiretta all’Arabia Saudita. L’Arabia Saudita non può aderire formalmente a questi patti e loro evoluzione fino a che non verrà data una qualche soluzione formale al problema dello stato palestinese). L’Accordo venne promosso da Trump, fa parte di quella che potremo chiamare la “geopolitica trumpiana”, il quale poi si espresse con la sua nota irruenza anti-diplomatica in favore di riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele e pari riconoscimento dei conquistati illegalmente territori del Golan. Tant’è che ne ricevette in cambio addirittura l’intestazione di un insediamento (nella foto l’ingresso al sito) sempre nel Golan, la Trump Heights.
5) In seguito, la presidenza Biden si è accodata al progetto prospettando una alternativa organica alla Via della Seta cinese, con un piano denominato La Via del Cotone che vorrebbe unire i porti occidentali dell’India agli Emirati per poi trasferire le merci su rotaia fino alla costa mediterranea di Israele, assieme a oleodotti, linee elettriche, progetti di sviluppo di partnership su start up tecnologiche. Questo progetto emarginerebbe parzialmente Suez e quindi l’Egitto, ma taglierebbe fuori decisamente soprattutto l’Iran e la sua capacità di ricatto sulle tratte petrolifere Persico-Hormuz.
6) Conditio sin qua non: a) ripulire l’area dentro ed attorno Israele della presenza disturbante di alleati iraniani (Hamas, Hezbollah); b) addivenire ad una qualche sistemazione formale (tutta da trovare) della questione palestinese di modo che l’Arabia Saudita possa, dopo Egitto, Giordania e EAU, riconoscere Israele ed entrare a pieno titolo nel nuovo gioco.
7) Netanyahu, giusto un anno fa, comunica in pompa magna questa idea generale all’Assemblea dell’ONU per un nuovo Medio Oriente finalmente pacificato e felicemente votato a fare affari in comune. Poiché la fortuna bacia gli audaci, pochi giorni dopo, il 7 ottobre, Hamas compie una azione militare con più di mille morti e qualche ostaggio rapito. Netanyahu sul quale pende in Israele una condanna per precedenti reati, vede profilarsi la possibilità di regolare definitivamente i conti con Hamas e quindi normalizzare i palestinesi (tra cui prendere direttamente o indirettamente il controllo di Gaza di modo che non sia più un problema, problema che impedisce di fatto lo sviluppo della strategia Accordi di Abramo-Via del Cotone) e d lì in poi dedicarsi anche a sistemare il problema Hezbollah. Alla fine, come padre del Nuovo Medio Oriente, magari verrebbe assolto dalla precedente condanna e ne uscirebbe come “eroe”.
8) Tutto ciò è stranoto a tutti coloro che sono ai vertici delle decisioni geopolitiche del mondo. Per tutti gli altri, inizia una disgustosa commedia a coprire la rivoltante ennesima tragedia del popolo palestinese. I Paesi arabi sunniti sono silenti, più o meno anche i palestinesi israeliani e quelli di Abu Mazen, gli europei figuriamoci, gli Stati Uniti fanno finta di cercare una tregua-scambio dei prigionieri che verrà annunciata per ognuna della 52 settimane da allora ad oggi, senza che succeda nulla ed anzi continuando a rifornire Israele di armi.
9) Arrivati ad aver quasi risolto il problema di Gaza, gli israeliani si volgono ora alla fase due: Libano del sud. Puntano a disarticolare Hezbollah che tra l’altro in Libano è anche un partito politico con responsabilità di governo mettendo la maggioranza della popolazione cristiana e sunnita contro gli sciiti, molti di origine siriana. Spingono nuovi profughi verso il Libano del centro-nord che è già uno stato semi-fallito. Giusto davanti la costa del Libano del sud ci sono i nuovi promettenti giacimenti petroliferi sui fondali mediterranei che faranno di Israele una nuova potenza energetica in grado di aiutare la sostituzione di forniture energetiche russe (gasdotto mediterraneo EastMed). Ora hanno più di un mese di tempo per agire senza che lo sponsor morale, politico e militar-economico americano possa venire chiamato a rispondere in termini di responsabilità indiretta poiché sotto elezioni. Se poi vincerà Trump già sponsor eccitato dell’intera operazione, tutto andrà liscio come l’olio e magari si potrà tentare anche qualche mazzata finale ad Hezbollah con minaccia di nuclearizzare l’Iran, se poi vincerà la Harris più o meno uguale magari con qualche lacrimuccia per i diritti umani dei palestinesi, voce grossa e fatti sottili in accordo all’andamento generale del piano.
L'occupazione del sud del Libano potrebbe diventare permanente dando nuovo spazio per i coloni e quindi prospettive alla crescita demografica di Israele.
10) L’Iran? Vedremo. Certo a due mesi dalla morte di Ismail Haniyeh capo politico di Hamas, stiamo ancora aspettando il “pan per focaccia”, così come per i tanti capi militari di Hezbollah inclusi cercapersone e ricetrasmittenti esplosive, nonché superamento di varie “linee rosse”, esercizio che chiama molte minacce ma ancora nessuna azione concreta se si escludono i soliti inutili razzi che il sistema israeliano Iron Dome abbatte sistematicamente. Pare che il Pakistan abbia garantito alla Turchia che nel caso si mettessero a volare testate atomiche nella zona, loro potrebbero prestarne il giusto per difesa dissuasiva. I francesi che sono i supervisori post-coloniali del Libano si agitano ma tanto ormai non contano più niente. Guterres è ovviamente sconfortato ma tanto non c’è nulla da fare e nessuno cui appellarsi.
Così a noi risultano stare le cose. Il resto è commedia dell’arte nel far confusione con indignazioni, giudizi, commenti, analisi e rivelazioni segrete che rendono la questione incomprensibile ai più. Le questioni complesse richiedono solo la pazienza di osservare più variabili interagenti su un fondo di realismo concreto poiché esso è il tono proprio delle questioni geopolitiche. Il resto è narrazione., divertente forse, ma inutile per la comprensione.

> Nella foto l'entrata della Trump Heights sito israeliano illegale nel Golan.