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La recita o la vita

di Lorenzo Merlo - 05/05/2020

La recita o la vita

Fonte: Lorenzo Merlo

 

Può capitare, osservando se stessi, di avvertire ciò che alcuni chiamano risveglio. La magia che si compie comporta di vedere il reale diverso da come era prima, pur essendo lui, sempre identico. È una magia a più livelli, prospettive o combinazioni. Essa include infatti anche la chiara comprensione che la realtà esce – e non, entra – dai nostri occhi. Include che non ci si senta più monadi separate dall´universo; che l´infinito che siamo è sempre mortificato da quello che crediamo; che l´energia compone il cosmo, tra cui noi stessi.

 

 

La recita

«La credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica realtà è la più pericolosa di tutte le illusioni».

Paul Watzlawick

 

Guardava i siti dei giornali del giorno. Leggeva qualche titolo e si soffermava sulle immagini dei personaggi come avesse aperto una scatola di ricordi. Non c’era nessuna novità e così era stato nei giorni passati. Il tempo aveva cessato di correre avanti, tutto era già noto.

Nelle fotografie, i volti dei protagonisti del momento non corrispondevano a persone specifiche, non erano e non avevano niente di differente da tutti gli altri che li avevano preceduti. La differenza, era chiaro, era solo formale. Un involucro di carta di riso dentro il quale c’era qualcuno identico al precedente e a tutti gli altri. E anche identico a noi. Non solo il tempo era morto lasciando il posto ad una sua eternità, le cose del mondo non erano più separate. Si sentiva un respiro solo ed era cosmico.

L’eterno ritorno gli si era svelato. Una chiarezza sorprendente lo trapassò. Le leggi relazionali tra tutte le parti gli apparivano come evidenza. Il perché della storia gli si spiegava davanti. E così pure le ragioni dell’impossibilità di una liberazione dal ciclo della storia erano tutt’altro che incomprensibili.

Vedeva che ruotavano da sempre intorno al perno imperituro dell’egoismo. Vedeva che la celebrazione dell’Io, che l’uomo da secoli perpetuava soddisfatto, ignaro di dove lo avrebbe portato, mostrava ora il lato nascosto e spietato.

Capì che quel nichilismo, che gli era sempre parso una morte insostenibile di vitalità, corrispondeva a un’interpretazione superficiale. Anch’essa un abbaglio dal quale, in quel momento, si stava ravvedendo. Il segreto si era svelato e appariva nella sua banalità come la pelle vuota di un corpo scuoiato.

L’equiparazione di tutti i valori della vita e della storia non spaventava più. Non era più un mostro che si nutriva delle nostre passioni, dei nostri entusiasmi. Non era più una nebbia posata sull’orizzonte nel quale avevamo creduto, nel quale ci eravamo riconosciuti. Il suo carattere, piuttosto, era un altro. Incredibilmente, opposto. Quella consapevolezza dell’inutile immanente a tutto, quella mortificazione privata da ogni appello di liberazione, nulla aveva a che vedere con la peggiore sorte che un uomo potesse percorrere.

Non credere a nulla di quanto la storia ci ha mostrato è la nuce del passo mai compiuto dagli uomini. La loro centratura sulla dimensione egoica della vita, glielo aveva sempre impedito. Leggere il nichilismo in quel modo, faceva finalmente luce su quanto gli era rimasto da sempre nascosto. Su quanto si era sempre nascosto nell’inconscio universale che ognuno ha nel sé.

Tutti gli interessi meschini e tutte le prospettive parziali che l’ego rincorre; tutte le energie che mette in campo per i suoi irrinunciabili progetti; tutto ciò in cui si riconosceva, in cui inseguiva il suo futuro, era ora chiaro, non erano che piccole espressioni di nuclei di vita incapaci di vedere l’intero al quale appartenevano.

Ora gli era chiaro che l’accesso alla dimensione della natura, l’interruzione della separazione da essa, corrispondeva all’emancipazione di ciò che aveva creduto di essere. Corrispondeva alla comprensione della dimensione energetica degli opposti e la loro necessità di conflitto. Gli era chiaro come uscire dalla storia. Ne comprese in un istante tutta la logica. Comprese che tutti i sentimenti sono identici in tutti noi e così le emozioni; che la loro variazione è solo nel tempo e nel luogo, nell’occasione opportuna; che sciamano tra noi. Comprese che in sostanza si riducono a due soltanto. Uno di attrazione e uno di repulsione. E che era quello il punto in cui si genera la scintilla del conflitto e del dolore.

Comprese che ne eravamo completamente dominati: essi dettavano la legge e noi le ubbidivamo. Comprese che a causa di quel dominio la storia non poteva che avere un solo sbocco, una sola identità: il conflitto. Le eccezioni erano apparenze: la pace è una brace accesa pronta a riprendere vigore soggiogata dalla giusta circostanza. Capì che credere che una buona etica sia il necessario per risolvere i problemi della storia era pensiero infantile rispetto al problema da trattare. Tutta la sua dedizione a perseguire la rettitudine, aveva da sempre comportato di oscurarne le contraddizioni. Comprese che, come si dedicava alle sue passioni, si dedicava anche a moralizzare il prossimo come avesse in sé l’ordine del mondo etico, che non poteva ottusamente sottrarsi dalla sua edificazione. Comprese che si considerava estraneo a quanto osservava.

Riconobbe quanto inopportuna fosse la sua dedizione a cercare nella regolamentazione la sede della giustizia, così come nella punizione quella della redenzione e nel caso – o in dio – quella delle malattie e di tutte le sventure.

Comprese che era lui stesso a fare il mondo che credeva di vedere; che la realtà non era che in lui solo. Comprese il male che tanta inconsapevolezza implica; che tanto egoismo necessita. Comprese di avere sbagliato tutto. Ma non ne risentì, come accadeva prima per qualcosa che pareva andato perduto. Il crollo si era compiuto ed era totale, ma per nulla mortale, anzi.

 

«Il moderno non sa nulla dell’individuo. […] La coscienza di sé come individuo è generalmente andata smarrita. Egli si sente come un atomo nell’infinita, articolata catena dello Stato. Il moderno allontana da sé la responsabilità per la creazione della felicità individuale e ne rende responsabile lo Stato, cioè le relazioni con i suoi simili sono giuridicamente regolate. Le differenze individuali implicano una differenza nelle aspettative. Poiché solo da qui sorgono inadeguatezze per l’unità e l’omogeneità legali dello Stato. Il moderno cerca di livellare le individualità con un’istruzione il più possibile uniforme, cioè annientarle».

Carl Gustav Jung

 

La vita

«Colui che vede tutti gli esseri in sé e se stesso in tutti gli esseri non prova più odio».

Isha Upanishad

 

La sua nuova condizione elaborava il mondo e se stesso in una modalità del tutto nuova. Percepiva l’energia, i nodi che le nostre pretese le creavano impedendole di scorrere, impedendoci di riunire gli opposti, sempre obbligandoci a identificarci con una delle parti, di liberarci dall’arrogante maschera di un teatrante che sul palco della storia si chiama Io.

Si accorse che aveva spesso vissuto con paura. Si accorse che quell’incertezza, cuore di ogni timore, gli depredava la vita, sempre, troppo coi freni serrati da un pastone di convinzioni e convenzioni, una ricetta il cui vero nome, ora lo comprendeva, era superstizioni.

Si sentì leggero, ampio come non pensava la materia potesse concedere.

Una quiete era scesa e la nebbia era svanita. Si rese conto di cosa fosse la vita senza più anteporre se stesso alla sua interpretazione delle cose. Si accorse che ciò che lo perturbava ora gli scivolava via. Si accorse di poter amare senza pensare anche di possedere.

E si accorse anche che, da quel nichilismo – tanto incompreso da chi non ha conosciuto la disperazione – non era che la consapevolezza della futilità degli affanni. Non era perciò che il prodromo al passo necessario per accedere all’equilibrio, alla forza, al coraggio, alla bellezza, alla vera vita.

«Fin da quando nasciamo, gli altri ci dicono che il mondo è in un determinato modo, e naturalmente noi non abbiamo altra scelta che accettare che il mondo sia così come gli altri hanno detto che é».

Carlo Castaneda