La Russia non firmerà alcun trattato di pace “sottomessa” alla Nato
di Alessandro Orsini - 02/11/2022
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Immaginiamo per un istante che la guerra si concluda con la sconfitta umiliante della Russia: che cosa accadrebbe? Secondo gli “irresponsabili della guerra”, vale a dire quella schiera di persone che vive soltanto nell’hic et nunc della politica internazionale, tutti i problemi sarebbero risolti. La Russia capirebbe di essere troppo debole rispetto alla Nato e non si azzarderebbe più a intraprendere iniziative sgradite al blocco occidentale. In sintesi, la Nato stabilirebbe con la Russia una relazione di subordinazione diretta simile a quella che si creò tra l’Inghilterra e la Cina dopo la guerra dell’Oppio. Come il trattato di Nanchino diede inizio all’imperialismo europeo in Cina, il trattato che Putin firmerebbe con il tacco di Zelensky nella schiena darebbe inizio all’imperialismo occidentale in Russia. Peccato che queste siano soltanto fantasie pericolose.
Cerchiamo di affrontare il discorso realisticamente, cioè seriamente, iniziando da una domanda ben precisa: che cosa è accaduto alla Russia in Cecenia? Sotto Eltsin, perse la prima guerra cecena, tra il 1994 e il 1996. Poi, però, rinvigoriti sotto Putin, i russi si riorganizzarono e vinsero la seconda guerra russo-cecena combattuta dal 1999 al 2009 con grande sostegno popolare. La Russia ha guerreggiato con tanta determinazione perché quella cecena era una guerra esistenziale. Se la Cecenia avesse vinto, la Russia avrebbe perso una porzione di territorio. Una guerra esistenziale per una grande potenza è una guerra che, potenzialmente, non ha mai fine e che può riattivarsi anche dopo decenni. Un esempio? La crisi Cina-Taiwan e Cina-Hong Kong. L’odio anti-occidentale della Cina ha strisciato per decenni nel sottosuolo come un fiume carsico e adesso emerge in superficie.
Ecco la tesi che qui vogliamo esporre: se la Russia perdesse in Ucraina, l’Europa non smetterebbe di vivere nelle fiamme dell’inferno. Probabilmente, gli adulti di oggi si salverebbero, ma al prezzo di consegnare ai loro figli un futuro assai infelice. Prendiamo il caso della Germania. Umiliata nella Prima guerra mondiale, tornò all’attacco sotto Hitler: milioni di morti e l’Italia rasa al suolo. Breve: la sconfitta della Russia in Ucraina nel 2023 potrebbe costare decine di milioni di morti nel 2053 con la differenza, rispetto a Hitler, che Mosca possiede migliaia di testate nucleari.
La Russia non firmerà nessun trattato “ineguale” con l’Occidente. Ecco perché il problema dell’Ucraina deve essere risolto con la diplomazia, la quale non può trionfare se prima milioni di europei non avranno assunto la prospettiva antropologica che fa da sfondo a ogni pace duratura. Questa prospettiva si basa sul riconoscimento che milioni di russi hanno il diritto di vivere in sicurezza; una sicurezza che nessuno Stato sentirebbe propria essendo circondato da un potentissimo esercito nemico: la Nato in Georgia, Finlandia, Ucraina, Estonia, Lettonia, Lituania e magari, un giorno, pure in Bielorussia.
Il problema fondamentale dell’Italia al tempo del governo Meloni è l’assunzione di una prospettiva umana in un tempo disumano caratterizzato dalla sirianizzazione di una guerra nel cuore dell’Europa. Nel momento in cui contribuiscono a sirianizzare la guerra, gli italiani diventano disumani giacché la sirianizzazione implica il sacrificio consapevole della vita di centinaia di bambini in nome della lotta per il potere. Sotto la guida di una donna politicamente inesistente, l’Unione europea accetta e alimenta questo sacrificio programmando l’invio indefinito di armi al posto di una grande iniziativa diplomatica.