La scienza tra dogmi e sacerdoti laici
di Roberto Siconolfi - 20/04/2020
Fonte: Roberto Siconolfi
E se l’epidemia Coronavirus, come tutte le negatività, celasse dentro di sé un messaggio?
Una “voce amica” da ascoltare, che ci invitasse a riflettere sullo stato attuale della scienza e più in generale su tutto il paradigma positivista?
E innanzitutto sul piglio decisamente dogmatico, scientista, “intoccabile” che han preso le scienze, e proprio oggi che tutto è sottoposto al fuoco della dissacrazione?
Si scherza e ci si prende la libertà di distruggere tutto, simboli e antiche conoscenze cultuali, tradizionali, e persino la figura di Gesù Cristo e la religione cristiana, sottoposte ad una sempre più ossessiva e pure noiosa dissacrazione.
Ma la scienza no!
Su di essa non si scherza, mai! La scienza è scienza! “Lo dice la scienza!” Un ipse dixit in salsa moderna, un “parola del Signore”, “sua maestà la scienza!”
Un dogma al quale fideisticamente credere, difeso a spada tratta da ideologi e farisei della prima serata televisiva, che impugnano tale o presunto tale cavillo scientifico, così come si impugnava la corretta lettura della legge poco prima del Golgota.
Certo, qui non si vuole fare un’accusa a tutto quanto di buono sia stato prodotto dalla conoscenza, in tutti i suoi ambiti e di conseguenza anche in quello chimico, biologico, medico ecc. Non si vuole “buttare il bambino con tutta l’acqua sporca”, non si vuole assolutizzare un sapere a discapito di un altro.
Si vuole iniziare a riflettere, a porre dei dubbi. Il primo: se tutto l’impianto fosse sbagliato?
Se si indicasse proprio col metodo scientifico la necessità di un “cambio di paradigma”, come affermava Thomas Kuhn?
E se la realtà come la vediamo, a un certo punto produce dei mostri “evidenti” per cui molti presupposti vanno rivisti e ristrutturati, perché rimanere arroccati sempre su di essi?
Può davvero la scienza viaggiare su un binario separato dal resto della conoscenza, e da tutta la realtà e l’attività umana, al punto da esser lo scienziato una specie di deus ex machina che indica le scelte pure in ambito epistemologico, politico o addirittura filosofico e metafisico?
E soprattutto, siamo sicuri che quella che noi intendiamo per scienza sia veramente “scienza”?
Tra l’altro ad alcune di queste domande già sono state date esaurienti risposte nella storia e in ambito scientifico stesso.
Senza andare troppo indietro, il filosofo Edmund Husserl si pose il problema dei limiti del positivismo e, con la sua “fenomenologia” e la sua capacità di aprirsi alle essenze vere della realtà, costruì un sapere ancor più scientifico di quello che ancora oggi viene ritenuto tale.
Su tutte, il mondo esterno esiste davvero per come lo conosciamo o solo in relazione alla nostra coscienza?
Ma già le grandi tradizioni metafisiche da est e ovest, dall’antichità ai tempi odierni, ci indicano che l’uomo è un’altra cosa, non un semplice ammasso di organi, e che la realtà non è una semplice relazione di atomi tra loro intercambiabili.
E’ l’uomo un qualcosa di tutt’altro tipo, un composto di spirito e corpo. E’ la realtà governata da tutt’altri principi, da “essenze invisibili”, le quali determinano il mondo della manifestazione visibile.
Tutti saperi ai quali oggi anche la scienza giunge (es. con la fisica quantistica o certe tendenze neuroscientifiche). Conoscenze talvolta davvero “evidenti”, se solo si smettesse di procedere coi paraocchi e se si guardasse alla realtà per quella che è, e non solo per quanto ci appare per via di sedimentazioni filosofico-ideologiche che abbiamo interiorizzato e dato per certe senza mai rifletterci troppo.
Se non lo abbiamo fatto è venuto il momento di farlo, l’“occasione fa l’uomo ladro”, e questa occasione è la “grande epidemia” che ha scoperto le carte, sempre per chi ha deciso di “vedere”, ma forse anche per gli altri.
Le ha scoperte riguardo un sistema sanitario in ginocchio, per via di paradigmi economico-politici che a ben guardare hanno la stessa radice di quello scientifico.
C’è la stessa intenzione di calcolo freddo, “contronaturale”, “antiumano”, nelle menti che hanno partorito l’austerity, o in quelle che concepiscono l’individuo come un ammasso di materia da manipolare per questa o quella cura, questo o quel progresso, e senza tener conto dell’insieme della persona in tutti i suoi livelli.
E ancora, e se fosse il virus un messaggio per cambiare rotta? Se l’unità di spirito e materia, di leggi del cielo (nel senso di “celare” dal latino celare) e leggi della terra, ci stesse dicendo che quest’ultima sta soffrendo per le “forzature” della specie umana?
O se, meglio ancora, ci stesse dicendo che l’uomo e la sua sfera interiore, quella “celata”, hanno bisogno di riordinarsi, di riequilibrarsi, e da qui di rivedere tutto, a cominciare proprio dal suo modo di conoscere e di intendere la vita?
Questi i dubbi, questi i primi elementi da porre nel vecchio paradigma, per porre un cambio, una rivoluzione, quella che Kuhn appunto chiamava, una “rivoluzione scientifica”.