La scoperta dell'acqua calda: Trump si fa gli affari propri...
di Umberto Bianchi - 13/02/2025
Fonte: Umberto Bianchi
Le ultime proposte su Gaza del neoeletto presidente Usa Donald J. Trump, al pari di
quelle sul Canada, sulla Groenlandia o sul Golfo del Messico, hanno gettato nello
sconforto e creato scompiglio, sia tra i suoi follower ed ammiratori di lunga data, sia
tra coloro che, a prescindere dalle singole posizioni politiche, avevano effettuato delle
aperture di credito nei confronti del tycoon americano, nel nome di una ritrovata
percezione di realpolitik, che il personaggio ispirava. A ben vedere però, determinate
percezioni delle pubbliche opinioni occidentali, ma non solo, sono tutte egualmente
mosse da un evidente errore di fondo, a cui, sembra non si voglia far appositamente
caso. Pensare che Trump rappresenti una specie di soluzione “pret a porter” degli
annosi problemi che travagliano l’occidente ed anche gran parte del mondo, è quanto
di più sbagliato si possa fare. Donald Trump pensa, anzitutto, agli interessi Usa, in
un’ottica decisamente contrapposta a quella che ha ispirato la politica Usa, degli
ultimi decenni. All’apertura ad un cosmopolitismo politico e finanziario, volto a
favorire le grandi concentrazioni economiche, in perfetta interazione con altrettanti
blocchi geoeconomici, al multilateralismo geopolitico, si cerca di contrapporre una
forma di bilateralismo, volto a disarticolare gradualmente,il precedente assetto
geoeconomico.
Possiamo pertanto dire che, al precedente Globalismo multilateralista in ambito
geoeconomico, ora si passa ad una forma di sovranismo geo economico,
principalmente impostato su una miriade di azioni bilaterali. La realizzazione di
questo nuovo assetto, non può non passare attraverso la definitiva definizione di
alcune priorità geopolitiche. In primis, la conclusione più rapida il possibile, dei
conflitti in Ucraina e Medio Oriente, accompagnati dalla “messa in sicurezza” della
situazione iraniana, con le trattative sul nucleare. Tutto questo, per lasciare
all’amministrazione Trump, le mani libere per agire sul contesto che maggiormente
preoccupa gli Usa, ovverosia quello dei rapporti geo economici con la Cina. Nel porsi
questi obiettivi, il tycoon americano ha optato per un’azione impostata su
un’atteggiamento di disinvoltura e teatralità tali, da spiazzare e disorientare tutti i
protagonisti dei vari scenari geopolitici. Lo scopo ultimo di tutto questo, è quello di
arrivare a costringere tutte le parti in causa a trattative senza se e senza ma, in grado
di chiudere il più rapidamente possibile, tutte le situazioni in esame. La proposta di
fare di Gaza una specie di enorme resort turistico-balneare, è quanto di più irreale e
direi quasi comico (se non fosse per il tragico carico di lutti a cui ha portato...sic!) si
potesse proporre e porta con sé l’idea di forzare in modo stringente le parti ad una
trattativa, i cui tempi e le cui obiettive difficoltà, si dimostrerebbero altrimenti, quasi
insormontabili. Detto questo, è perfettamente inutile scandalizzarsi o deludersi,
perché, al di là di tutto, il sovranismo di Donald Trump è esclusivamente declinato
“usum delphini” e tira diritto sulla sua strada, senza guardare in faccia a nessuno. Le
manifeste simpatie del tycoon Usa verso la nostra presidente del consiglio, Giorgia
Meloni, non toglie nulla alla manifesta intenzione di continuare a spingere il nostro
paese all’acquisto di gas americano, (sicuramente meno conveniente e molto più
costoso rispetto a quello russo…), al pari degli avvertimenti lanciati all’indirizzo
della Meloni stessa, dall’ideologo trumpiano Steve Bannon.
La stessa minaccia di dazi nei riguardi dell’Europa, costituisce una evidente
riconferma di quanto sin qui affermato. Non solo. L’atteggiamento di scandalizzata
disapprovazione per l’esclusione dell’Italia e dell’Europa in generale, dalle trattative
sulla pace in Ucraina, ha una sua triste logica. L’Europa tutta sinora, (con la saltuaria
eccezione di Ungheria e Slovacchia, sic!) non ha giocato alcun ruolo attivo, negli
ultimi scenari di conflitto, anzi. Il suo è stato il ruolo, se tale lo si può definire, di un
nano politico, totalmente assoggettato e prono ai desiderata globalisti delle varie
amministrazioni Usa e delle grandi holding finanziarie internazionali. Pertanto, il
fatto che Trump se la voglia vedere con Vladimir Putin, in un faccia a faccia,
bypassando l’Europa, non può e non deve né scandalizzare né meravigliare più di
tanto. A qualcuno è, tra l’altro, sorta la tentazione di fare parallelismi con gli scenari
che determinarono Yalta, dimentico del fatto che, in quel contesto, gli Usa posero in
essere una politica di diretto intervento nel contesto europeo. In questo specifico
contesto,invece, l’amministrazione Trump sembra voler puntare ad una progressiva
smobilitazione di tutta la costruzione nord atlantica, partendo proprio dalla richiesta
di aumento, da parte degli stati europei, delle spese pro capite per la difesa. Questo
non significa certamente la fine dell’imperialismo nord americano, ma
semplicemente un suo riassestamento verso altri obiettivi.
Pertanto, fare affidamento sul fatto che, Donald Trump possa pensare a risolvere i
nostri problemi, costituisce un esercizio illusorio ed una inutile perdita di tempo.
Questa stessa analisi potrebbe essere errata, visto che il tycoon americano è
personaggio dotato di una irrazionale imprevedibilità, la qual cosa ci renderebbe
ancor più soggetti alle umoralità di un’impostazione ed un modo di far politica, che
potrebbero assumere delle caratteristiche sinora inedite. La stessa presenza del
miliardario Elon Musk nella compagine governativa trumpiana, rappresenta di per sé
il segnale di un cambio di rotta, nel senso appena accennato. La liberazione
dall’asfissiante modello liberista globale, non può avvenire, se non attraverso la
decisione dei popoli di intervenire direttamente sui grandi processi decisionali di un
paese, o quantomeno, di orientarne decisamente la direzione. E tutto questo, non può
avvenire senza una più ampia e generalizzata presa di coscienza dei popoli. Per ora,
in Europa, si assiste ad un generale palesarsi dello scontento, attraverso il massiccio
consenso elettorale alle formazioni “populiste”, con buona pace per i desiderata delle
elites liberal-progressiste. Ora, che questo rappresenti un primo significativo segnale
in direzione di un radicale cambiamento, o unicamente un moto di riassestamento
dell’ordine geopolitico europeo e mondiale, sarà solo il tempo a poterci dare una
risposta in tal senso.