La sfida del maschile: sfiorare l’ombra senza farsi inghiottire dalle tenebre
di Claudio Risé - 12/07/2021
Fonte: La Verità
Questa epoca di rieducazione sessuale pubblica è il culmine della deriva iniziata col positivismo. Il risultato è aver reso l'essere maschile un'entità da rifiutare. Ma il modello del marinaio di Joseph Conrad è un buon salvagente.
Quando un giovane maschio si uccide, spesso parte subito la corsa all'omofobo/razzista, sicuro colpevole della vicenda. In realtà è la difficoltà attuale della condizione maschile ad essere quasi sempre presente tra le molteplici ragioni di questi suicidi. Michel Foucault ha ricostruito con chiarezza nei suoi lavori come oggi sulla formazione esistenziale ed anche sessuale di un adolescente maschio, pesino numerose fobie e ostilità, molto di più di quanto sia mai accaduto in secoli precedenti, da noi considerati violenti e autoritari.
L'ambito dell'intimità e sessualità poi, ha sempre goduto di maggiore discrezione, fino al 1800, secolo ficcanaso, perverso e positivista, che con le sue prime "perizie cliniche" ha aiutato lo Stato, le Autorità e tutto il pubblico ad invadere l'intimità personale dei giovani. Pratica fortemente appoggiata oggi, nei tristi tempi del Decreto Zan, nei quali se un maschio adolescente e preadolescente non sta attento a come parla rischia davvero di giocarsi la virilità, con tutto ciò che ne consegue.
Il risultato di questa spietata invadenza è che oggi il maschile è sentito come una condizione "totalmente ricusabile e abbietta", come dichiara senza esitazione fin da pagina 10 il critico e storico delle letteratura Alberto Asor Rosa nel suo libro L'eroe virile. Saggio su Joseph Conrad (Einaudi). Un'espressione che come ognuno può giudicare da sé non esprime certamente benevola equanimità, ma illustra bene l'atmosfera dei nostri tempi, di libertà molto vigilate e in pericolo. Asor Rosa va però ringraziato perché, oltre a dire senza fare storie come la pensa, propone nel suo accurato saggio un maschile che potrebbe, appunto, "farci sentire meno totalmente ricusabile e abbietta la condizione virile". Ma soprattutto è utile a spostare l'osservazione dagli stereotipi abitualmente citati e poi ossessivamente ripetuti dai maschiofobici (il vanitoso, il gradasso, il violento), ad altri meno vignettistici e più davvero incisivi nella psicologia maschile contemporanea, dai romanzi di Conrad in poi.
Si tratta di uomini con caratteristiche più complesse e meno spettacolari (anche se proprio per la loro autenticità hanno poi avuto un grande successo nella storia del cinema), capaci di generare attorno a sé crescita e cambiamento, personale e sociale. Innanzitutto non sono star dello spettacolo, miliardari da jet set, dittatori e simili. Sono invece (per lo più) marinai. Con tutti i significati letterali e simbolici del termine: dal sapere tenere a galla la nave (che naturalmente è anche la vita), al condurla, metterla al riparo, portarla alla meta, stabilire e mantenere la rotta, etc. Marinai come era lo stesso Joseph Conrad, di nobile famiglia polacca travolta dalle varie occupazioni tedesche e russe del suo Paese, rimasto orfano di madre a 8 anni e di padre a 11; mandato dallo zio a 16 a Marsiglia appunto a lavorare sulle navi dove fece l'intera carriera marinaresca, da apprendista a steward a terzo, secondo, primo marinaio e infine capitano. Il tutto però senza toni roboanti e senza eccedere in quel "pensare positivo", e soprattutto senza fare come tutti gli altri che diventerà invece quasi obbligatorio un secolo dopo, fino all'abisso di oggi; quando l'uomo è ormai talmente indebolito dall'omologazione e dalla mollezza da non ritenere più possibile attraversare un pericolo, tempeste o epidemie senza raccontarsi mille storie per farcela.
Qui, invece, abbiamo dei capitani (come quello di Tifone) che in mezzo alla tempesta gridano al giovane marinaio terrorizzato: "una tempesta è una tempesta e una nave bene attrezzata deve affrontarla". Navigare è profondamente diverso da saltare dentro un salvagente o un reddito di cittadinanza o un green pass che ti tenga a galla. Devi fare fronte alla realtà, non bastano mezzucci, scappatoie, o travestimenti. La stella polare cui questi maschi non si stancano di riferirsi è: "bisogna fare ciò che è giusto". È questo ferreo codice, a metà tra la morale e la regola di comportamento autentica, che consente agli eroi di Conrad, giovani uomini che entrano nel mare aperto della vita, di affrontare la difficile navigazione dell'esistenza. E così accostare (senza lasciarsi troppo spaventare) l'Ombra, l'aspetto della vita e della personalità che fa dell'inoltrarsi nelle zone oscure della vita umana un passaggio iniziatico non evitabile per il maschio. Che deve ri/conoscere il male, per non diventarne il servitore.
Il marinaio, l'uomo del mare, che affronta il grande spazio dell'inconscio, dove tutto è "liquido" e senza forma, deve sviluppare un istinto "capace di resistere al dissolvimento morale". A permetterlo, dice Asor Rosa commentando Conrad, è la "forza potenzialmente invincibile del proprio essere se stessi, diversamente dagli altri, se necessario contro tutto". È questa fiducia e devozione alla propria dignità umana e maschile che consente al giovane capitano di affrontare l'immobilità appestata del mare in bonaccia in La linea d'ombra, e raccogliere le forze residue per alzare le vele, consentendo alla nave di rimettersi in movimento non appena spiri il primo refolo di vento.
Naturalmente al di là della linea d'ombra c'è anche la tenebra, in cui l'uomo può perdersi. È il tema del conradiano Cuore di tenebra, e del suo invasato capitano Kurtz, rivisitato poi anche del cinema, cui Marlon Brando ha prestato il suo volto nell'Apocalypse now di Coppola. Kurtz è certamente anche un uomo audace, con una forte passione per la natura incontaminata (la Wilderness), dalla cui potenza tende a farsi catturare, fino a perdere la propria umanità. A perderlo, però, è soprattutto la passione di possedere (avorio, persone, denaro), e ciò ha svuotato il suo cuore, lasciandolo invadere dalla tenebra. Non è un marinaio e non ha senso dell'onore, è ormai un commerciante d'avorio, anche se coraggioso e visionario. Un aspetto difficile dell'inconscio maschile, che l'uomo deve tenacemente tenere a bada e trasformare. È il maschio riassunto nella parola "orrore, orrore", che Kurtz grida prima di morire, e che il poeta Rainer Maria Rilke metterà più tardi al centro della sua sesta Elegia Duinese, una delle più toccanti sulla difficile condizione dell'uomo, oggi costantemente banalizzata. Non lasciarsi catturare per vanità e cupidigia dalla potenza dell'orrore, che è poi il male nelle sue diverse forme, dalla falsità alla violenza, è una delle prove più drammatiche per la vita e la personalità maschile. Per superarla sono indispensabili coraggio e disciplina.