La sindrome di Pangloss
di Roberto Pecchioli - 26/10/2024
Fonte: EreticaMente
Un amico ci supplica di sostenere un certo schieramento politico in quanto occorre “difendere l’Occidente, l’unico faro di democrazia e libertà in un mondo alla deriva”. Premesso che non comprendiamo il nesso tra l’avvenire del pianeta e la scelta di un partito nella colonia Italia, ci ha sconcertato l’insolito, allarmato attivismo dell’amico, che per la sua pigrizia, chiamavamo Oblomov, come l’immobile protagonista del romanzo di Ivan Gonciarov, epitome dell’indolenza russa. Da oggi è Pangloss, il personaggio di Voltaire in Candido o dell’ottimismo, capolavoro del discusso pensatore francese. E panglossiano è diventato l’occidente collettivo e terminale, convinto di essere non solo il sale della terra, ma un luogo di delizie, il giardino fiorito contrapposto alla barbarie di cui parlò tempo fa Josep Borrell, il socialista spagnolo alto gerarca dell’Unione Europea.
La sindrome di Pangloss ha colto il nostro pezzetto di mondo, convinto di una superiorità civile, politica, perfino etica, rispetto a ogni altra civiltà. In ambito anglosassone, è comune l’espressione “the West against the Rest “, l’ovest contro il resto (del mondo) che la dice lunga sul suprematismo dell’Occidente ultimo. Pangloss al cubo. Il mite professore volterriano iper ottimista insegnava metafisico-teologo-cosmoscemologia. Nulla di diverso dall’odierna sottocultura del progresso. Certo di vivere nel migliore del mondi possibili – Voltaire scrisse Candide in polemica con la Teodicea ottimistica di Leibniz – e che tutto andasse inevitabilmente per il meglio, asseriva “che le cose non possono essere altrimenti: essendo infatti tutto creato per un fine, tutto è necessariamente per il miglior fine. Osservate che i nasi sono stati fatti per portare occhiali e noi abbiamo infatti degli occhiali. Le gambe sono visibilmente istituite per essere rivestite e noi abbiamo dei calzoni. Le pietre sono state costituite per essere tagliate per farne castelli, così Monsignore ha un bellissimo castello, poiché il più grande barone della provincia dev’essere il meglio alloggiato; e, siccome i maiali sono stati fatti per essere mangiati, noi mangiamo carne di maiale tutto l’anno; di conseguenza, coloro che hanno affermato che tutto è bene, hanno asserito una grande sciocchezza: bisognava dire che tutto è per il meglio”.
Senza cadere nel catastrofismo, siamo certissimi che il tempo e la civilizzazione che viviamo non sia affatto la migliore, tanto meno l’unica possibile. Una variante della sindrome di Pangloss – che finì travolto dalla guerra e contagiato dalla sifilide – è l’inevitabilismo, ossia la convinzione che ciò che accade non possa essere contrastato in quanto inevitabile. Il termine è stato coniato da Shoshana Zuboff, autrice de Il capitalismo della sorveglianza. Silicon Valley è l’asse del mondo dell’inevitabile, sostiene. Ovvero la tecnologia applicata al capitalismo globalista sarebbe il destino ultimo dell’umanità. E l’inevitabilismo, esito estremo del mondo di Pangloss, determina una delle forme più insidiose e grossolane di viltà, l’ immobilità oblomoviana del non-pensiero di massa. Un determinismo mentale che blocca l’idea di cambiamento, sostiene Zuboff, “come se fosse il risultato di forze tecnologiche che operano fuori dal controllo dell’azione umana e delle decisioni delle comunità” Un pensiero debole quanto quello dei nasi creati per reggere gli occhiali.
Per chi soffre della sindrome di Pangloss, ogni innovazione è sempre buona, i suoi critici catastrofisti, neo luddisti, ostacoli alla marcia trionfale del progresso. Tocca attaccare Marinetti, il genio italiano del futurismo. Svecchiò la cultura detestandola, ma non riusciamo a essere d’accordo con affermazioni del tipo “un automobile (al maschile N.d. R.) da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia“. Preferiamo l’arte, l’andamento lento incline alla riflessione che Franco Cassano battezzò pensiero meridiano. Ci obbligano alla velocità di cambiamenti che convengono a pochi, benché ci vogliano convincere che migliorino l’esistenza di tutti. Chi non la pensa come Pangloss è un passatista, eppure quasi tutti rimpiangono le botteghe di una volta, i dischi di vinile, una vita meno disumana non scandita dal tempo reale, l’ attimo dell’informatica. Moltissimi non sono più certi dei benefici della connessione perpetua, hanno nostalgia di comunità, di spettacoli meno volgari, di un cinema e di una musica non fagocitati dalle piattaforme, sconfitti dalle serie televisive politicamente corrette alla Netflix.
Ci mancano esperienze perdute, passeggiare lentamente per strada senza ingollare cibo spazzatura, conversare in un caffè senza guardare l’orologio o scrutare compulsivamente la messaggeria telefonica. Tutte cose poco consumiste, vestigia del passato. La solitudine ci mangia a bocconi, ma guai se mancano Tik Tok, Tinder e Instagram. I cosiddetti “social” hanno creato una strana società in cui fiumi di denaro vanno non a chi inventa contenuti, produce idee, crea arte, ma alle piattaforme, ossia a chi dirige il traffico. Siete sicuri, cari panglossiani, che tutto vada per il meglio, che sia addirittura l’unica possibile, inevitabile, una società di questo tipo, mediocre, conformista anche nella trasgressione, in cui il vincitore prende tutta la posta?
La scienza esige la direzione intellettuale e quella morale. Gli uomini troveranno come sempre occupazioni alternative, affermano gli apostoli del nuovo dinanzi alle sfide della tecnologia che fa a meno dell’uomo, ma come la mettono con il fatto che quella presente sia una fase inedita della storia? La fede cieca che rimproverano agli spiriti religiosi. Edward Snowden, il consulente della NSA americana (National Security Agency) che rivelò i segreti della sorveglianza di massa nell’ Occidente della libertà e della democrazia, disse a un intervistatore: sappi che ogni confine che attraversi, ogni acquisto che fai, ogni chiamata, ogni ripetitore di cellulare che vedi nel tuo cammino, ogni amico che hai, ogni articolo che leggi, ogni sito web che visiti, ogni riga che scrivi, ogni pacco che invii è nelle mani di un sistema la cui portata è illimitata ma le cui garanzie non lo sono.
Cosa faremo? Nulla, in nome della falsa trasparenza a cui ci hanno convinto, che fa esibire, ostentare sui nuovi media ogni idea, gesto, atto quotidiano. E’ il migliore dei mondi possibili quello che ci fa essere spontaneamente d’accordo con il potere per deficit di pensiero, guardare video e programmi stupidi, avere idee, preferenze, gusti massificati, che ci ammalia con le presunte comodità di fare quasi tutto da remoto, perfino lasciarci espropriare allegramente del denaro, dematerializzato e detenuto dal potere finanziario. Niente è sacro o almeno rispettabile; produciamo incubi su scala industriale, compresi la pornografia gratuita per tutti, i continui riferimenti alla droga, il linguaggio scarnificato, triviale, la provvisorietà di tutto elevata a valore. Abbiamo abolito i diritti sociali e posto il cartellino del prezzo a ogni cosa, compresi i sentimenti. In Miseria della filosofia Karl Marx scriveva: “venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato: il tempo in cui quelle stesse cose che fino ad allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, conoscenza, eccetera – tutto divenne commercio“. Peccato che il rimedio proposto fosse l’abolizione dell’avere e l’inutilità dell’essere. Panglossiano anch’egli a credere in una società perfetta per sottrazione, lo stesso ordine materialista dei suoi nemici di classe.
Tutto è mercato; tra le giustificazioni panglossiane c’è che in una società mercificata si creano posti di lavoro e si può ottenere successo. Ma anche i trafficanti di droga creano lavoro e distribuiscono reddito. Si può avere successo vendendo armi, vite umane, diffondendo menzogne, traviando anime, in una parola , distruggendo. Panglossiano pure Adam Smith fiducioso nella mano invisibile del mercato. Un luogo mitico in cui compriamo a caro prezzo cose inutili, alcune delle quali offerte all’unico scopo di estrarre i nostri dati. Qualcuno ha l’onestà di avvertire. My Home Television premette una dichiarazione di non responsabilità in cui fa presente che “se le tue parole includono informazioni delicate e sensibili di qualsiasi tipo, queste informazioni saranno tra i dati catturati e trasmessi a terzi attraverso l’uso del riconoscimento vocale”. Chissà se Pangloss ripeterebbe “tutto è bene, tutto va bene, tutto va per il meglio possibile”. Forse il giulivo professore si nasconde dietro il Forum di Davos, ha il volto avvizzito e l’accento da Sturmtruppen di Klaus Schwab: non avremo nulla e saremo felici. Ottimismo, come esortava in uno spot commerciale Tonino Guerra, intellettuale romagnolo sceneggiatore di Fellini. Almeno lavorava a fattura.
Intanto un esperimento eseguito con l’Intelligenza Artificiale – immune, pare, da pessimismo e ottimismo – ha mostrato che un eventuale programma politico di Satanasso in persona sarebbe assai simile alle idee del Forum, ossia degli oligarchi. Belzebù dovrebbe controllare l’informazione per decidere ciò che è vero e ciò che è falso. Considerare ogni vizio un comportamento legittimo, insindacabile. Creare divisioni fittizie per impedire che la gente si unisca contro il suo potere. Utilizzare la tecnologia come strumento di controllo. Occupare le istituzioni inserendo ai vertici soggetti a lui legati. Screditare la morale e i principi naturali. Creare dipendenze e, ultimo ma primo per importanza, diffondere l’idea che tutto ciò sia inevitabile. A noi sembra la fotografia della contemporaneità, ma siamo inguaribili diffidenti , sospettosi di tutto ciò che proviene dall’alto .
Pangloss è per noi un ospite indesiderato e le sue convinzioni malattie dell’animo, sindromi, forme camuffate di nichilismo soddisfatto, come l’inevitabilismo denunciato da Zuboff, che rende muti, ciechi e sordi dinanzi alle quattro disumane transizioni imposte: transizione energetica, digitale, alimentare, sessuale. Tutto va ben, Madama la Marchesa, va tutto ben, va tutto ben, però l’attende forse una sorpresa, diceva il maggiordomo alla nobildonna in una vecchia canzoncina. In fondo era solo stato distrutto il castello in un incendio, il marito era rimasto ucciso e persino l’amato cavallo era perito nel disastro. Per il resto, tutto bene. E’ chiaro: Pangloss è il maggiordomo.