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La spirale primitiva del taglione

di Elena Basile - 20/10/2024

La spirale primitiva del taglione

Fonte: La Fionda

Leggo le dichiarazioni dei principali esponenti politici occidentali di fronte all’assassinio di Yahya Sinwar, capo dell’organizzazione (definita terroristica) Hamas, ma anche colui che pareva disposto a trattare con Israele al fine di trovare una soluzione al rebus: rilascio degli ostaggi in cambio del cessate il fuoco.

Tutt’altro che una equazione difficile da risolvere se Israele non avesse un governo a questo punto anch’esso terrorista, che nei fatti si oppone a qualsiasi ipotesi che non contempli l’utilizzo della forza bruta militare. Dal loro punto di vista non c’è spazio per all’avvio di negoziati per affrontare diplomaticamente tanto le comprensibili esigenze di sicurezza di Israele, quanto le sacrosante rivendicazioni del popolo palestinese, un popolo martoriato a partire dall’esodo del 1948.

Nell’atteggiamento dei leader europei, non c’è nulla che richiami ad esempio la postura di Olof Palme, il compianto leader di una socialdemocrazia svedese, amante della pace e del vero progresso sociale, ormai sepolta nel passato remoto.

Leggevo insomma le dichiarazioni di Biden, Macron, Rutte e dei tanti altri come loro, e mi sembrava di palpare il nichilismo occidentale, ben descritto da Emmanuel Todd nel suo libro “La disfatta dell’Occidente”, che grazie all’editore Fazi è disponibile ora anche in Italia.

Il nichilismo è tipico di una classe al potere che ha smarrito la propria identità e il proprio ruolo nella Storia.

La povertà culturale delle classi dirigenti odierne testimonia il loro asservimento ai padroni della finanza e l’esaurimento di una concezione alta della politica, come dimensione in cui si combinano senso degli interessi nazionali e proiezione ideale.

Celebrare l’assassinio dei leader nemici, considerati terroristi non in base a parametri universali, ma a criteri rispondenti all’esigenza di una parte, manifesta il più grande disprezzo per la morte di un essere umano.

I greci antichi assicuravano la sepoltura dei nemici morti in quanto vi è nella scomparsa di un essere umano il mistero del nostro destino esistenziale.

Non c’è bisogno di aderire a una religione rivelata per comprendere i fondamenti dell’umanesimo.

Mi piacerebbe chiedere a quanti si rallegrano per la scomparsa di un terrorista se per un secondo riescono a mettersi nella pelle delle vittime palestinesi o irachene.

Quante ragioni avrebbero allora questi esseri umani che non sono certo diversi da noi per abbracciare l’odio e il terrorismo? Per cercare di uccidere Netanyahu e i suoi complici? Per assassinare G.W. Bush, responsabile di migliaia e migliaia di vittime innocenti in Iraq? O fare lo stesso con Obama, premio Nobel della pace, malgrado le sue politiche di guerra “dal volto umano”? 

Mi domando se veramente vogliamo abdicare alla diplomazia, alla politica, al nostro umanesimo per sposare il fanatismo militarista che ci sta portando alla catastrofe della guerra totale.

Il governo di Netanyahu ha minori scusanti di una organizzazione terrorista, nata per la liberazione di un popolo sotto occupazione. Non ho mai visto, come afferma Gideon Levy, una potenza occupante che si presenta al mondo come vittima.

Nell’intero spazio politico mediatico, si ripete un ritornello atroce: cosa mai potrebbe fare il povero Israele aggredito per punire i suoi aggressori terroristi, da considerare come feccia dell’umanità?

Il circuito accademico-giornalistico cerca di convincere l’opinione pubblica che in fondo non ci sono alternative alle 43.000 vittime (di cui 17.000 i bambini). Del resto, i palestinesi si “autogenocidano”, quasi se lo meritano nel momento in cui hanno appoggiato Hamas.

Come una serpe, questa propaganda, accompagnata da lacrimucce e buoni sentimenti, penetra nel cuore e nelle menti della gente.

Da un lato ci sono i palestinesi, i libanesi, gli iraniani come umanità di serie minore, colpevole e complice a prescindere, della cui morte l’uomo bianco e timorato di Dio si rallegra; dall’altra le popolazioni degne, la cui morte va vendicata nel modo più brutale possibile.

La situazione è talmente enorme che persino il nostro governo di destra alza il capo di fronte alla vergognosa aggressione delle forze di interposizione delle Nazioni Unite. 

Nel frattempo Israele continua come nulla fosse e procede con il massacro a Gaza, in Cisgiordania, in Libano. E la comunità occidentale, a guida USA, che fa? Risponde con un timido rimbrotto, ma solo se a essere minacciati sono i soldati Onu o se vengono uccisi reporter o operatori medici .

Come fate ad accettare tutto questo, voi che la domenica andate in chiesa e sareste cacciati come farisei da un Cristo ritornato?

Gridiamo da tempo nel deserto che bisogna obbligare Israele, economicamente e militarmente dipendente dall’Occidente, al cessate il fuoco permanente a Gaza. Che bisogna imporgli un negoziato con una rappresentanza palestinese dal popolo legittimamente scelta. Il tutto in cooperazione con Cina, Russia e gli altri attori medio orientali. Ma di tutto questo non v’è traccia dei proposito dei nostri governanti.

I fatti del 7 ottobre in ferocia hanno forse (se un’inchiesta indipendente lo proverà) eguagliato le rivolte degli schiavi. Ma non era finito il tempo degli schiavi?