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La strategia di Gaia

di Michele Vignodelli - 07/04/2020

La strategia di Gaia

Fonte: Arianna editrice

Le epidemie sono uno dei più gravi tra i mali della civiltà, frutto dell'esplosione demografica e della devastazione della Natura che le hanno rese sempre più diffuse e letali. Una storia raccontata in modo magistrale e avvincente dal profetico libro " Spillover" pubblicato alcuni anni fa da Adelphi. All'interno della biosfera esiste una invisibile "virosfera" che è uno dei più importanti strumenti regolatori dell'ecosistema, capace di tenere sotto controllo gli animali che diventano infestanti e nocivi, molto più dei grossi e visibili predatori o macro-parassiti. I virus sono degli ospiti discreti e innocui in quasi tutte le specie animali, ma sono pronti a trasformarsi in spietate "guardie del corpo" non appena la loro specie ospite viene troppo molestata da un'altra, per esempio invadendo e distruggendo il suo habitat. Il continuo contatto ravvicinato con una specie in espansione li porta a fare il "salto di specie" attraverso una mutazione, trovando un sistema immunitario completamente impreparato alla loro strategia di attacco. La morte del nuovo ospite potrebbe sembrare un suicidio per un virus, ma non è un problema se avviene in un tempo abbastanza lungo da consentire il contagio. Una persona gravemente malata ne attira altre che la assistono, quindi l'alta letalità funziona come strategia di diffusione, nonostante la morte dell'ospite. Così sono nate tutte le letali epidemie che hanno perseguitato la specie umana fin dall'inizio della sua espansione a danno degli ecosistemi, cominciata circa 10.000 anni fa. Venivano tutte da animali selvatici che abbiamo scacciato o addomesticato. Anche se ci hanno assestato colpi durissimi alla lunga non ce l'hanno mai fatta a riportare la nostra specie alla saggezza ecologica che ci aveva tenuti "tranquilli" per 200.000 anni. Alla fine li abbiamo persino smascherati, sviluppando efficaci tecniche igieniche e vaccini che ci avevano illusi di aver domato anche loro come tutto il resto. Ma la distruzione degli habitat è diventata così ampia e la civiltà globale così fragile e vulnerabile da esporsi a un colpo durissimo, proprio quando eravamo sul punto di assestare un danno devastante alla biosfera e disgregare le basi stesse della nostra vita sociale.

Sono certo che questa pandemia sia un modo, tra i più gentili per la verità, con cui la Terra ci sta mostrando quanto è vuota e sottile la bolla della civiltà globale iper-tecnologica e ci fa vedere da fuori l'assurdità della nostra convulsa vita "normale". L'abbiamo calpestata per secoli in modo così indegno che desta solo meraviglia che non abbia già messo in campo contromisure per difendersi, visto che ne ha in serbo di molto più drastiche. Ma, al contrario di noi, non ha fretta. Forse le ha fatto persino piacere che abbiamo ributtato in atmosfera tutto quel carbonio che era finito sottoterra, togliendola da una brutta piega di continuo raffreddamento che aveva preso negli ultimi 15 milioni di anni e che poteva finire in una mortale "palla di neve". La Terra infatti è ormai vecchiotta, non ha più l'intensa attività vulcanica capace di compensare ciclicamente la continua sottrazione di carbonio da parte delle piante. La civiltà industriale è stata di fatto una strana "mega-eruzione" che ha assunto le funzioni equilibratrici svolte in passato da ricorrenti eruzioni catastrofiche. Una parte piccola ma significativa del surplus di carbonio immesso da noi in atmosfera è destinato a restare in aria per milioni di anni, mitigando il clima e favorendo una nuova esplosione di vita una volta che ci saremo tolti di mezzo o scesi a più modesti consigli. Solo ora che stiamo diventando davvero pericolosi per i suoi cicli fondamentali la Terra comincia a mettere in atto le contromisure per contenerci e riportarci a un pò di sano buon senso.

Quindi gli umani sono stati manipolati da "Gaia" per prodursi in una folle esplosione demografica e tecnologica? Gli archeologi stentano ancora a capire il motivo per cui diecimila anni fa ci siamo imbarcati in un'impresa assurda e nociva come la cerealicoltura, che fin dall'inizio ha avuto effetti devastanti e sanguinosi sull'umanità stessa. In questo le piante hanno avuto un ruolo chiave, con tutte le loro molecole psicoattive che ci hanno indotto a fare cose veramente autolesionistiche (zuccheri, alcol, alcaloidi), creando una ragnatela di dipendenze, in un vero e proprio addomesticamento della specie umana da parte delle piante "domestiche" e delle sovrastrutture urbane che su queste si sono sviluppate (leggasi, a questo proposito, La botanica del desiderio di Michael Pollan). Mentre gli animali hanno cercato inutilmente di contenere la nostra esplosione, attraverso i virus, le piante l'hanno avviata e favorita continuamente, almeno fino a qui. In effetti il cervello di Gaia è verde, e ci vede più lontano. Perché, alla fine, insieme alle ciminiere si è prodotto qualcosa di interessante anche per noi, portando i nostri occhi a vedere la Terra stessa dall'esterno. Uno spettacolo straordinario, che nostro malgrado ci ha trasformato in una specie nuova. La pausa imposta del 2020 potrà spingere ancora oltre questa consapevolezza.

Ma esiste davvero una "Gaia"? O è solo una fantasia hippie? Quello che è certo è che la biosfera ha un'organizzazione incredibilmente fine e integrata che le dà una formidabile stabilità: questo basta e avanza per affermare che l'improbabile persistenza per miliardi di anni di una pelle vivente sul pianeta non è certo un caso fortunato, ma l'espressione di una architettura intelligente che la organizza e la protegge.
Sarebbe però di un'ingenuità madornale pensare a "Gaia" come a un cervellone di tipo animale che architetta trucchi e strategie alle nostre spalle. Nella realtà non c'è nulla di simile. L'intelligenza della biosfera è di un tipo completamente diverso: non è un'intelligenza manipolativa ma un'immane intelligenza sistemica. Gaia non ha bisogno di neuroni, di occhi e di braccia, non ci fa fare questa o quell'altra cosa nel suo interesse contro il nostro: nei suoi infiniti circuiti interconnessi lei è fatta in modo tale che noi ci comportiamo in un certo modo. Nel suo mondo la differenza tra passato e futuro, tra noi e loro non esiste. E' un tutto legato a tutto il resto da una inestricabile necessità, esattamente come nella foresta dove il ceppo marcio nutre le nuove piante e la foresta fossile nutre quella verde. Lei sta lì, solida, nelle quattro dimensioni dello spazio, non è un animaletto vagabondo che fa lo slalom tra i rischi e le opportunità di un "futuro" non garantito. Non fa "cose", non ha "obiettivi" da perseguire, non ha nemici, è già tutto ciò che dovrà essere. Noi non possiamo muovere un sopracciglio sfuggendo alla sua logica interna. E osservando le convulsioni apparentemente caotiche della storia questa logica appare chiarissima e rasserenante. I risultati strabilianti non lasciano dubbi: quel caos è un ordine di livello superiore.

Detto questo, noi restiamo animaletti, con troppe cose urgenti da fare. Tra queste, però, non c'è "salvare il pianeta". Comprendere, vivere la logica ecosistemica non può che far bene alla nostra salute, spazzando via tante sciocche paure e arroganti illusioni. Tutto qua.
Ora stiamo scoprendo come possiamo ridurre davvero le emissioni in atmosfera, così che la più grande massa di umanità mai vissuta non debba trovarsi a soffrire in modo inaudito su un pianeta reso inabitabile. C'è un senso profondo in questa pandemia che ci sta riportando dentro noi stessi, alla nostra saggezza genetica. E' vero, tutto andrà bene, nella misura più appropriata all'ordine universale di cui siamo parte. Ma non sarà indolore, non esistono scorciatoie ideologiche o tecnologiche verso un sistema alternativo in cui essere "liberati" da tutti i limiti e gli attriti che ci danno la nostra specifica densità di esseri umani e animali. Se esistesse, in qualche regione dello spazio-tempo, ne saremmo già parte. Invece siamo qui, al centro di un meraviglioso mondo non industriale e non agricolo che si estende su miliardi di anni, migliaia di chilometri e in tutti i recessi più intimi del nostro corpo-mente, al riparo dalla nostra stessa morte, posta in un non-luogo, in una atemporalità in cui non possiamo "andare" senza venirne. Nulla può nascere dal "nulla", quindi cominciamo da una fine, l'unica che ci conosce. Siamo onde di entusiasmo, di amore, e un'onda si alimenta della sua risacca, in un mare che non va da nessuna parte. Viviamo un'infanzia eterna, che la Terra nutre e protegge per sempre, dentro un duro guscio di vecchiaia e di perdita. Ci sono solo circolarità, nessuna linea retta a perdersi nel vuoto. Il tempo in cui la paura ci faceva vedere dei vuoti, degli abissi da riempire, moltiplicandoci come una peste, sta per chiudersi su sé stesso.

Alla luce della nostra circolarità immortale attorno al polo della Coscienza, che emerge prepotente da questa formidabile pausa collettiva, non ha più molto senso continuare la lotta furiosa contro la Natura per allungare di decrepitezza l'esistenza. Non dovremmo piuttosto riappropriarci della materna bellezza che ci crea a ogni istante, anche l'ultimo, dissipando la cappa soffocante di ansia e di avidità generata dall'illusione di essere delle effimere “nullità” separate dalla Natura? Quella di essere in procinto di “sparire nel Nulla” è la più grande menzogna mai raccontata, costruita per renderci schiavi di grandi meccanismi disumani (come le fabbriche, le chiese, le banche e gli ospedali) che ci hanno offerto protezione da questa minaccia. Serrandoci in laboratori, uffici e loculi telematici, ci alienano da noi stessi, ci rendono persone isolate, affannate, vanitose, impaurite, insensibili; peggiori. Per sempre. La Natura offre ampie risorse per lenire ogni nostra sofferenza, compresa la temporanea separazione dalle persone che amiamo, diventata devastante solo da quando ci siamo rinchiusi tra quattro mura. L'unica morte sperimentabile è quella solitudine, che tutti i miracoli medici non fanno che approfondire.

Lo slogan "dobbiamo salvare il pianeta" porta il concetto di una nostra alterità verso la Terra, che la riduce a semplice bene strumentale per la nostra sopravvivenza e benessere. In questo paradigma la pandemia è un nemico da distruggere, come lo sono la grandine, le zanzare e le "perdite di tempo". Mentre è una severa rivelazione della nostra natura, che non è quella del frenetico produttore-venditore-consumatore di "eventi" con cui ci identificavamo fino a due mesi fa. E' quella di un bambino paleolitico, un terribile perditempo che osserva estasiato il miracolo della primavera.