La tenaglia rotta
di Enrico Tomaselli - 03/11/2024
Fonte: Giubbe rosse
Quando gli israeliani decisero di provare ad attaccare il Libano, a prescindere dalle diverse opinioni tra politici e militari, sapevano che stavano per avventurarsi in una faccenda assai complessa, ed assai pericolosa. Probabilmente i vertici politici immaginavano che l’azione di decapitazione dei vertici di Hezbollah avrebbe avuto un impatto maggiore, sulla capacità di combattimento del Partito di Dio; e, a loro volta, i vertici militari immaginavano comunque una capacità di resistenza non così forte.
Ma, in ogni caso, nelle segrete stanze è difficile che qualcuno pensasse davvero di poter ricacciare militarmente Hezbollah oltre il fiume Litani. Con tutta evidenza, il calcolo strategico era ben altro. E prevedeva da un lato, come in effetti è, una campagna di bombardamenti estremamente dura e massiccia - sul modello Gaza - e dall’altro una forte azione diplomatica occidentale, presentata come ricerca di una mediazione. Tra Washington e Tel Aviv si riteneva che la pressione di migliaia di attacchi aerei (sino a ieri, 11.876), avrebbe spinto il governo libanese ad ammorbidire le sue posizioni ed a sganciarsi da Hezbollah, ottenendo per via negoziale quello che l’IDF non potrebbe mai ottenere sul campo.
Non a caso, l’ambasciatrice statunitense a Beirut Lisa Johnson sta lavorando in tal senso, parlando apertamente di un Libano post-Hezbollah, mentre l’inviato del Dipartimento di Stato, Amos Hochstein, gioca in commedia la parte del mediatore. E, sia detto per inciso, proprio le dinamiche relative al conflitto libanese mostrano chiaramente come gli Stati Uniti, pur non condividendo tutte le posizioni israeliane, lo stiano utilizzando per cercare di portare a casa i risultati che più gli fanno comodo. E infatti, con una mano rimpinzano Israele di bombe (il 70% di quelle lanciate viene da loro), e con un altra si propongono come mediatori tra le parti...
Fondamentalmente, il disegno sarebbe quello di replicare il modello utilizzato durante la guerra del 2006, portandolo però a pieno compimento; quindi attuazione della Risoluzione 1701 - ritiro di Hezbollah oltre il Litani, esercito libanese schierato al confine, UNIFIL (o, meglio, altra forza multinazionale meno indipendente) lungo la blue line. E poi, elezione alla Presidenza della Repubblica del Generale Aoun, capo di stato maggiore, cristiano ed amico di Washington, ribaltamento degli equilibri politici e confessionali cacciando Hezbollah dal governo, e infine il suo disarmo.
Poiché però non sono più i tempi in cui Israele (e gli USA) potevano contare su forze politiche importanti all’interno del Libano, le due ganasce della tenaglia dovevano stringere con uguale forza, così da stritolare il debole Libano, spingendolo a capitolare.
Oggi, non solo Hezbollah è molto più forte politicamente, ed ha alleati anche tra i cristiani, ma ha soprattutto dalla sua il prestigio di essere la sola forza che ha saputo difendere l’integrità territoriale, e - last but not least - è militarmente più forte anche dello stesso esercito libanese.
Già quindi il calcolo, anche sotto il profilo (diciamo così) politico-diplomatico, non era basato su una valutazione del tutto realistica della situazione.
Ma a farlo saltare è proprio l’azione militare di Hezbollah, che non sta semplicemente resistendo alla spinta dell’IDF, ma sta scientemente impegnando le forze israeliane in un confronto al quale non sono preparate, sotto nessun punto di vista [1], imponendo un tasso di perdite umane e di mezzi assai elevato, a fronte di avanzate insignificanti (e spesso è proprio Hezbollah che arretra, per attirare i militari israeliani in imboscate). E come se non bastasse, i bombardamenti a sud del confine libanese si sono intensificati, e non si limitano più alle postazioni militari a ridosso della blue line, ma colpiscono in profondità, sino ad Haifa e Tel Aviv stessa.
Di fatto, una delle due ganasce si è rotta, e non è più in grado di esercitare la sua pressione. Perché anche se i bombardamenti continuano, le batoste che l’IDF sta ricevendo sul terreno hanno il duplice effetto di equilibrare (come minimo) l’impatto politico delle bombe israeliane, ma soprattutto stanno rafforzando la posizione di Hezbollah, in Libano e non solo.
In fondo, è sempre lo stesso, fottutissimo errore che commettono gli occidentali: non conoscono, e non capiscono, il nemico, e lo pensano come se fosse una versione più scadente di sé stessi, che tutto sommato ragiona allo stesso modo. Pensano: se ne uccidiamo tanti, crolleranno; se gli uccidiamo i capi, si disorienteranno. E invece Nasrallah e Sinwar diventano leggenda, e non solo in Medio Oriente. E i capi israeliani sono costretti a ripetere la stessa panzana di Bush, il 1 maggio 2003, dal ponte della portaerei USS Abraham Lincoln: “mission accomplished”, per giustificare il fatto che si preparano a ritirarsi dal Libano, con la coda tra le gambe.
1 - Notizie di fonte americana dicono che l’IDF registra un tasso di diserzioni superiore al 10%. Circa un milione di israeliani hanno abbandonato il paese, dall’inizio della guerra (e gli ebrei sono meno di otto milioni...), e tra questi ci sono ovviamente molti riservisti. Il Ministero della Salute prevede centinaia di migliaia di persone affette da PTSD...