La verità in diretta dallo studio ovale
di Mario Adinolfi - 01/03/2025
Fonte: Mario Adinolfi
Non siamo abituati alla verità, alla rottura delle antiche ipocrisie, amiamo i riti del bon ton davanti alle telecamere (che coprono spesso furiosi scontri avvenuti off the records). Zelensky, Trump e Vance hanno tutti e tre il merito di aver frantumato lo schema usuale proponendo in diretta dallo Studio Ovale della Casa Bianca a Washington lo scontro inevitabile oltre che già noto tra i loro conflittuali interessi. Zelensky sa che la pace sarà la sua fine, quindi deve prolungare la guerra e solo il sostegno occidentale può dargli ciò a cui punta: sa in partenza che Trump non collaborerà al suo disegno e allora mira a evidenziare la distanza sperando di provocare una frattura definitiva tra Usa e Ue, tenendosi gli europei come alleati nella guerra alla Russia. Trump è giocatore più scaltro di lui e, fiutata l’aria, va con Vance allo showdown: dice a miliardi di telespettatori (e centinaia di milioni di americani) che Zelensky è uno che “gambla” con le vite dei suoi connazionali, un pericolo per la pace globale e rischia di innescare una terza guerra mondiale, ma non gli sarà consentito perché il presidente ucraino è in realtà in bluff e si è presentato appunto allo showdown decisivo senza “carte da giocare”. I protagonisti di questo epico scontro nello Studio Ovale si sono semplicemente detti fuori dai denti tutto quello che pensavano, con un carico di verità di cui sono grato e per niente scandalizzato.
Mi ha scandalizzato piuttosto scoprire in un articolo di Repubblica (poi fatto sparire sia dall’home page del sito che dall’edizione cartacea del giornale) che Zelensky da lunedì 3 marzo 2025 ha vietato per decreto qualsiasi viaggio all’estero per i maschi ucraini tra i 18 e i 60 anni. La norma sarebbe in vigore in realtà dall’inizio della guerra, ma venivano concesse deroghe in particolare a giornalisti, artisti e sportivi. Piccolo particolare, uscivano e non rientravano più in Ucraina, per paura di essere spediti al fronte. E allora dal 3 marzo 2025 nessuno potrà più uscire dal Paese. Leggo dall’articolo di Repubblica: “L’elenco di coloro che hanno lasciato scadere la data entro la quale sarebbero dovuti obbligatoriamente rientrare è diventato così lungo da imbarazzare il governo, che per rimpiazzare i caduti e i feriti al fronte è costretto a ricorrere a misure brutali acciuffando in mezzo alla strada e spedendo a combattere anche coloro che di imbracciare un fucile non avrebbero nessuna intenzione. La proteste per la mobilitazione forzata sono roventi da molti mesi”.
L’articolo di Repubblica, non a caso rimosso, racconta il vero sentimento che attraversa il popolo ucraino: nessuno vuole più morire per Zelensky, manco tra i suoi compatrioti. Trump non vuole più pagare per una guerra che non dà vantaggi a nessuno, se non a Zelensky, che detesta da sempre e qui è Vance a dire ad alta voce la verità: “A ottobre sei venuto a fare campagna elettorale per Kamala Harris”. Zelensky ha sempre saputo che la vittoria di Trump avrebbe interrotto il suo disegno e per anni ha fatto di tutto per dipingerlo come servo di Putin, agevolando il Russiagate. Trump non dimentica e gli ha presentato il conto.
Ernesto Galli della Loggia, con la strepitosa puzza sotto al naso dell’intellò all’italiana che votava comunista negli Anni Settanta e mezzo secolo dopo capeggia i “signora mia” della ricca borghesia milanocentrica, sul Corriere della Sera verga un editoriale di prima pagina intitolato: Una scena orribile. Caro Galli della Loggia con l’inevitabile “d” minuscola, la verità non è mai orribile. Può essere sorprendente per chi non vi è avvezzo, lo ammetto. Può essere persino scioccante per chi non ha ben chiari i contorni di una vicenda. Ma la verità non è orribile, è salvifica.
Ora le carte sono tutte sul tavolo. Zelensky ha ottenuto il suo bravo status di “maltrattato” da Trump e ha incassato l’immediato comunicato di sostegno da Ursula Von der Leyen e dai vertici europei, con toni aulici: “Sia forte, sia coraggioso, sia impavido. Non è mai solo, caro presidente Zelensky”. Attenti, sono parole diametralmente opposte a quelle pronunciate da Trump, ma qui si dimostra quanto la retorica copra l’ipocrisia. E, al dunque, a Zelensky del sostegno di una debolissima e divisa Ue resteranno solo le chiacchiere. Nel frattempo ci sorbiremo la manifestazione convocata da Michele Serra comodamente steso sulla sua amaca, che da “una piazza per l’Europa” diventerà “una piazza per Zelensky”. Primi ad aderire: Calenda e Renzi. Niente, fa già ridere così, nulla da aggiungere a quanto vi ho già raccontato su questa mobilitazione farlocca.
Massimo Giannini in prima pagina su Repubblica usa toni apocalittici contro un Trump che avrebbe “gettato la maschera” dimostrandosi fautore di una “dottrina imperiale” che certifica la fine del ruolo dell’America buona e democratica. Titolo dell’editoriale: l’America non c’è più. Un testo che è la fotografia perfetta delle contraddizioni di questa sinistra salottiera, che amava la Casa Bianca di Biden che finanziava con centinaia di miliardi di dollari in armi insieme all’Europa una guerra contro la Russia che non si poteva mai vincere e ha causato morte infinita e distruzione. Giannini però detesta il Trump che dice la verità in faccia a Zelensky e che cioè senza i soldi americani la guerra sarebbe durata due settimane, quindi ora i soldi per far morire ancora al fronte i ragazzi ucraini e russi, per rischiare la terza guerra mondiale, non ci sono più. Io, all’opposto di Giannini e dei suoi fans che si facevano la guerra tra loro pure nella nota chat, ho trovato questo annuncio certamente esplicito e forte, ma carico di bellezza oltre che di speranza, perché aveva lo splendido sapore della verità, sgradevole solo per chi è sprovveduto o in cattiva fede.
Zelensky esce apparentemente rafforzato dal suo status di vittima della strigliata trumpiana, in realtà sa di aver imboccato il viale del tramonto: disistimato in patria e senza più “carte da giocare” fuori da Kiev. Il popolo ucraino che lui non vuole più far espatriare è diminuito di un terzo negli ultimi tre anni, al fronte disertano a migliaia, il decreto che entra in vigore lunedì è sale sulle ferite e causerà altre ondate di dissenso, ovviamente non raccontate dai media internazionali mentre quelli locali sono stati silenziati dalla sua censura di Stato, che consente in Ucraina la trasmissione di notizie solo da emittenti direttamente controllate dal governo, ovviamente dopo aver cancellato tutti i partiti di opposizione e arrestato i leader. Davvero in questo quadro Zelensky è il campione della democrazia mentre il neoeletto Trump che sta facendo esattamente quello che ha promesso ai suoi cittadini in campagna elettorale è invece il fautore di una “dottrina imperiale”?
La verità emersa dallo Studio Ovale ci racconta anche il futuro. Nel corso del 2025 la guerra finirà, tornerà la pace in Europa, Zelensky concluderà la sua carriera politica. L’Ucraina eleggerà finalmente un nuovo presidente legittimato e sarà probabilmente il generale Valery Zaluzhny, improvvisamente destituito l’anno scorso da Zelensky dal ruolo di capo delle forze armate, probabilmente perché ne soffriva la popolarità. Trump ha già fatto il nome di Zaluzhny sottolineando quanto sia amatissimo dagli ucraini, a differenza di Zelensky. E l’amore se l’è conquistato sul campo di battaglia, non da comico improvvisatosi politico, anche per questo sarebbe il presidente ideale per sancire gli accordi con i russi che ha combattuto.
Resterà da valutare a questo punto il ruolo svolto da Trump per il raggiungimento della pace e se questa sarà una “pace giusta”. Io credo che quanto abbiamo visto allo Studio Ovale avvicini Trump al premio Nobel per la pace, proprio per il carico di irritualità su cui si è mossa la verità. E io non so valutare quali siano perfettamente i contorni di una “pace giusta”, ma so per certo che questa guerra entrata nel suo quarto anno è sommamente ingiusta e ormai insopportabile soprattutto per il popolo ucraino, che Zelensky può tenere in patria e costringere ad andare al fronte solo con decreti dittatoriali come quello che entrerà in vigore lunedì, per la propria salvezza personale e non per quella dei suoi concittadini. Trump ha fatto bene a dirglielo senza ipocrisie, ha interpretato i sentimenti popolari diffusi certamente nella stragrande maggioranza degli americani che rappresenta e che per questo lo hanno democraticamente votato, oltre che tra molti di noi che hanno definito fin dal febbraio 2022 questo conflitto una “inutile strage”.