La via "più israeliana" è quella del massacro indiscriminato
di Daniele Perra - 28/09/2024
Fonte: Daniele Perra
Israele per uccidere Hasan Nasrallah ha raso al suolo un quartiere di Beirut, massacrando centinaia di civili innocenti la cui unica colpa è essere musulmani sciiti. Non solo, lo fa bombardando la capitale di uno Stato sovrano con il quale non è in guerra. Un precedente spaventoso per ciò che concerne il futuro delle relazioni internazionali. Qualcosa che neanche gli Stati Uniti si sono mai permessi di fare.
In uno dei miei contributi presenti sul prossimo numero di "Eurasia. Rivista di studi geopolitici", dal titolo "Prospettive geopolitiche di fine impero", sostengo la tesi che Netanyahu, in questo periodo storico caratterizzato dall'assenza di una guida nel cosiddetto "Occidente" (i problemi di Biden sono ben noti ed il duo Harris-Blinken è totalmente in balia degli eventi), si sia autoinvestito dello stesso ruolo di guida (il discorso al Congresso USA in questo senso è stato emblematico). Un'autoinvestitura che gli ha garantito (con la partecipazione del becero circolo mediatico-intellettutale occidentale) l'uso sproporzionato della forza senza nessuna reale condanna (salvo l'inutile giudizio della Corte Penale Internazionale).
Ora, quella che in linea teorica può sembrare una "vittoria" di Israele, in realtà è l'esatto opposto. Si badi bene che sto non cercando di sottovalutare l'enorme superiorità tecnica e militare (anche in ambito di servizi segreti) del supposto "Stato ebraico" rispetto ai suoi rivali regionali (una Siria distrutta da oltre un decennio di aggressione, l'Iran sottoposto a regime alternato di embargo e sanzioni da oltre 40 anni che, nonostante ciò, è riuscito comunque ad avviare un programma nucleare e missilistico di tutto rispetto, senza considerare che rimane l'unico Paese dell'area ad aver costruito un disegno geopolitico alternativo ai tentativi occidentali di parcellizzare la regione lungo linee etnico-settarie - quella che ho spesso definito "dottrina Soleimani" è letteralmente uno schiaffo in faccia allo "scontro tra civiltà"). Tale superiorità rimane un dato di fatto incontrovertibile (anche se appare sempre più evidente che Israele, senza l'appoggio incondizionato d'oltreoceano, difficilmente riuscirebbe a reggersi sulle proprie gambe essendo un'entità attanagliata da enormi problemi economico-sociali che vengono troppo spesso taciuti dai nostri mezzi informazione). In questo contesto, Netanyahu, dopo quasi un anno di guerra di sterminio a Gaza con risultati nulli, aveva bisogno di un "successo" spendibile sia sul piano interno che su quello internazionale (soprattutto agli occhi degli altri membri del declinante Occidente - credo sia ora di rendersi conto che i 2/3 del mondo non sopportano più la presunzione di superiorità occidentale; lo stesso discorso di Netanyahu all'ONU, in una sala semivuota, ne è la palese dimostrazione). E per ottenere tale "successo" eclatante (va da sé che la struttura di Hezbollah è costruita in modo tale da poter rimpiazzare tutti i caduti, anche nelle posizioni di vertice, in tempi brevi) ha optato per la via "più israeliana" allo stesso: quella del massacro indiscriminato.