Le agenzie di Rating: una dittatura opportunistica e priva di scientificità
di Fabrizio Pezzani - 15/12/2024
Fonte: Fabrizio Pezzani
In questa fase di collasso finanziario emergono le stridenti misurazioni delle agenzie di rating rispetto ai fatti reali; come si può dare il giudizio di tripla A (AAA) a stati come gli Usa e la Francia che hanno un debito esplosivo che si avvita su sé stesso? Basti pensare alla situazione di merito dell’Italia che pur andando meglio, va male comunque, delle due precedenti si trova con un giudizio di tripla B (BBB) con il rischio che un peggioramento diventi difficile da sostenere. Per chiarire la strumentalità opportunistica e manipolativa delle agenzie di rating è necessario fare luce sulle loro stridenti contraddizioni che vanificano il lor giudizio usato solo dalla finanza per destabilizzare i paesi sovrani, sempre meno sovrani perché hanno lasciato spazio ad una finanza che opera come un senato virtuale sopra gli stati.
Il “ Rating “ è un metodo utilizzato per valutare sia i titoli obbligazionari di debito, sia le imprese in base al rischio finanziario delle loro attività produttive sia a partire dagli anni novanta , nel decennio ricordato per gli attacchi speculativi, ai paesi il rating diventerà una prassi usuale per attribuire un giudizio di merito ai debiti dei singoli paesi con metodologie incoerenti e basate su una logica deterministica a fronte della complessità valutativa che comporta l’analisi di un sistema sociale per il quale la logica deve essere di tipo probabilistico. Le valutazioni del rating sono emesse ad opera delle cosiddette agenzie di rating. In questo caso si definiscono rating di merito creditizio. Si può far risalire l'origine del rating a Henry van Poor. Durante la sua vita Poor si batté affinché le aziende fossero obbligate a rendere pubblici i propri bilanci, in particolare ai possibili investitori.
Il rating viene espresso attraverso un voto in lettere in base al quale il mercato stabilisce un premio per il rischio da richiedere all'azienda per accettare quel determinato investimento. Scendendo nel rating aumenta il premio per il rischio richiesto e quindi l'emittente deve pagare uno spread maggiore rispetto ad un tasso di riferimento.
I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie specializzate, principalmente Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings, partecipate a loro volta da grandi multinazionali e qui comincia la filiera degli interessi sia speculativi che di indebolimento di assetti di società funzionali a detenerne una posizione di orientamento geopolitico .Una prima tipologia di potenziale conflitto di interesse riguarda i soggetti che pubblicano i rating e nel contempo svolgono attività di banca di investimenti , le banche d’affari . Il rating potrebbe essere strumentalizzato nell'interesse della banca ovvero dei clienti per attività speculative in Borsa, o per l'acquisizione di asset a prezzi di realizzo. Un declassamento del rating di aziende o soggetti pubblici particolarmente indebitati, ha la conseguenza a breve termine di provocare un rialzo degli interessi applicati ai prestiti in corso, e quindi un aumento degli oneri finanziari. Il debitore potrebbe cedere beni immobili e mobili di sua proprietà a prezzi di realizzo, per evitare un peggioramento del rating. Il potere del mercato obbligazionario, come vediamo oggi, sta nel fatto di potere sanzionare un governo facendo aumentare il costo del suo indebitamento si viene a determinare così un effetto domino; infatti, l’aumento del costo del debito aumenta sia il debito che il deficit e gli investitori alzano la guardia vendendo i titoli di quel debito facendo diminuire i prezzi e facendo alzare gli interessi.
Avanti al declassamento di un titolo la comunità finanziaria raramente non reagisce con un deprezzamento, privilegiando le decisioni degli analisti rispetto alle ragioni portate dall'emittente. In questo senso, si è parlato di "dittatura degli analisti", per il potere di condizionare la Borsa, riconosciuto loro dal mercato che in parte non tiene conto dei conflitti d'interesse talora esistenti, in altra parte è relativamente interessato a un rating veritiero e a un giusto prezzo dei titoli. Un declassamento o una sovrastima del rating aprono (a chi ha le giuste informazioni) occasioni di guadagno speculativo.
In questo senso, le «agenzie di rating», oggi sotto accusa, dimostrano l’inadeguatezza dei loro modelli di analisi, perché pretendono di giudicare con un unico metro il criterio del mercato (l’ottimo del singolo a breve) e l’utilità economico-finanziaria di istituzioni che perseguono invece, modelli sempre più diversi – quello della sussidiarietà nel medio-lungo tempo come l’Europa e non il mercato come gli Usa. I due modelli hanno un’idea di economicità diversa e la storia sta dimostrando che il primo è vincente, mentre le agenzie di rating continuano a usare il parametro di valutazione basato sul secondo, cioè perdente. Inoltre, i loro modelli si fondano su una cultura finanziaria che ragiona sui flussi di cassa perché avendo «finanziarizzato» l’economia reale hanno, colpevolmente, dimenticato che gli equilibri finanziari dipendono sempre da quelli economici e non viceversa, come dimostrano i fondamentali di base della ragioneria al primo anno del corso di economia. Per semplificare al massimo le loro proposizioni e le loro analisi dei fatti, riducono questi ultimi solo a quelli misurabili a fronte di una realtà complessa come quella di una società; basterebbe osservare la dinamica decisionale di una famiglia per capire che siamo sulla strada sbagliata. I dati raccolti risultano assolutamente limitati per la complessità dell’oggetto di osservazione, ma vengono comunque considerati come assoluti. Il modello di riferimento culturale a cui abbiamo fatto cenno non accetta contradditorio e quindi si finisce per subire una tirannia culturale infondata ma comoda per coloro che ne traggono uno specifico vantaggio. Conseguentemente alla verità assunta come assoluta, i modelli di analisi finanziaria considerano irrilevante la capacità di tenuta dei membri di una società a fronte dei problemi economici, ma se la società è fondamento dell’economia, i loro modelli si rivelano antistorici perché non prendono in considerazione le strutture di regolazione di una società. A parità di indicatori finanziari, a fronte di una situazione di crisi ha più tenuta una società con alta «uguaglianza» o una con alta «disuguaglianza» di reddito? Le valutazioni da loro emesse sulle società diventano solo montagne russe e non credibili in una logica di brevissimo tempo in cui ragionano perché le infinite scommesse finanziare danno la massima volatilità ai prezzi ed ai dati continuamente mutevoli. Può rimanere unita una famiglia in presenza di una conflittualità permanente dei suoi membri? Può stare unita una famiglia se il percettore del maggiore reddito lo destina ai suoi bisogni superflui e non a quelli necessari degli altri membri della famiglia lasciandoli permanentemente insoddisfatti? I modelli di analisi delle agenzie di rating alla prova dei fatti si rivelano inadeguati perché pretendono che la realtà si adatti alla loro autoreferenzialità opportunistica ma non scientifica; come si può pensare di valutare un sistema complesso come una società ogni dieci giorni basandosi solo sui flussi di cassa? Alla luce di queste considerazioni, come si fa a sostenere l’assegnazione della tripla A agli USA ed alla Francia, che sono prossime a un default sociopolitico prima che finanziario (basterebbe ricordare la tripla A assegnata a Lemhan Brothers fino al giorno prima del crollo)? Ma tutto era sostenuto e legittimato dai “Gandalf “, guru dell’economia e dalle agenzie di rating che mantengono un colpevole ottimismo funzionale a vestire di sacralità gli operatori finanziari. Dopo i drammi della finanza destabilizzatrice delle democrazie dei singoli stati , nonostante l’evidenza dei fatti , Robert Lucas , sempre lui , nell’assemblea dell’American Association nel 2003 dichiara : “ Il problema principale di prevenire la depressione è stato risolto in tutte le sue implicazioni pratiche “ ; poi Ben Bernanke un anno dopo afferma :” La moderna politica macroeconomica ha risolto il problema del ciclo economico e l’ha ridotto ad un banale fastidio “ e sempre lui , per non smentirsi nel marzo del 2007 ( un anno prima della crisi ) con un ‘intuizione profetica (!) al Congresso afferma . “In questo momento, tuttavia, pare probabile che l’impatto dei problemi dei sub-prime sull’economia le generale e sui mercati finanziari sarà contenuto “. Ovviamente nella serie dei dilettanti (per usare un termine non spregiativo) allo sbaraglio non poteva mancare Paulson che nello stesso anno sosteneva. “ Il mercato dei sub-prime non rappresenta un pericolo per l’economia nel suo insieme ; la stessa identica considerazione l’aveva fatta il venerabile Lucas nel 2007 con una supponenza pari alla miopia intellettuale per la quale si dovrebbe chiedere il ritiro di un Nobel che ha contribuito ad affermare e legittimare l’immane disastro della crisi perché queste sono le vere ed ineludibili responsabilità di ha consentito e forse voluto che venisse cavalcata la furia devastante del dramma che ci colpisce . Infine il commentatore principe dei mercati finanziari, Donald Luskin, il giorno 14 settembre 2008, giorno antecedente la dichiarazione di fallimento della Lehman Brothters commentava sul “Washington Post “(!) non su un giornale qualsiasi che la situazione in generale e della stessa banca non presentava cause di depressione e che la crisi della grande depressione era ben lontana. Infine, anche Dick Cheney, che ha cavalcato tutto l’incavalcabile, nel 2009 pur di fronte all’evidenza dei fatti ribadiva che non sarebbe stato possibile prevedere quanto era successo. Infine Greenspan , mago Merlino della Finanza , aveva sempre sostenuto che l’avvento dei sub-prime era da considerarsi un fenomeno del tutto positivo per il funzionamento del libero mercato e la loro innovazione finanziaria vantaggiosa per i consumatori e comunque tale da giustificare una crescente deregulation che sarebbe stata temperata dalla razionalità dei mercati e qui ha raggiunto l’apogeo della falsa comunicazione al mercato inducendo i risparmiatori a fidarsi , ora lo possiamo dire ,prive di qualsiasi fondamento ma funzionali a gettare nel caos il mondo per manipolazione delle informazioni . Tutta questa gente è rimasta al suo posto come se tutto fosse dipeso da eventi naturali ed imprevedibili o dalla volontà di un Dio cattivo perché ha premiato quelli che hanno mentito e punito quelli che di loro si sono fidati .Per non essere da meno nell’incentivare queste innovazioni finanziarie le agenzie di rating assegnavano la tripla A ( AAA) il massimo della garanzia e dell’affidabilità a titoli e fondi dai nomi più strampalati ma rassicuranti ed esotici : “ Scudo Totale , Protezione totale , Timberwolf ( un supereroe )…ma metà dei loro profitti venivano proprio da quelli .
Tutto è stato manovrato nell’indifferenza totale ma anche nell’impunità totale perché tutti questi dovrebbero essere sottoposti ad un trattamento riabilitativo, insieme ai tanti macroeconomisti che sono stati perennemente in ginocchio di fronte alla manifesta falsità delle affermazioni. Il trattamento, più soft, dovrebbe costringerli ad andare a lavorare in un magazzino di un’impresa come magazzinieri; in questo modo prenderebbero contatto con l’economia reale caricando e scaricando merci in arrivo e la partenza per capire i movimenti di magazzino ed in che modo le valutazioni delle scorte incidono sulla determinazione del reddito ed anche sul livello di indebitamento. L’insieme di queste opportunistiche dichiarazioni aumenta il livello di responsabilità di chi avendo il compito di regolare i mercati se ne sia bellamente disinteressato creando il caos che oggi abbiamo davanti agli occhi , è in questo senso va affrontato l’inderogabile tema della responsabilità sociale che hanno avuto nel creare un disordine globale ed in che misura questi atteggiamenti sono passibili di essere sottoposti al Tribunale della Storia per danni sociale all’umanità ed in che misura la finanza volutamente non controllata sia assimilabile in tutti sensi all’odioso termine di “ Macrousura “. I giudizi delle agenzie, la collusione apparente con l’accademia e la Politica di rating, la tempistica con cui tali giudizi sono emessi, troppo spesso lontani dalla realtà, potrebbero giustificare, alla luce dei fatti, anche una «class action» nei loro confronti o provare a rispondere alla domanda: Quale rating attribuire alle agenzie di rating?