Le Banche Centrali sono al servizio dell’economia reale?
di Gabriele Sabetta - 13/10/2016
Fonte: Centro Studi La Runa
Quando lo scoppio della crisi finanziaria ed economica nel 2008 portò ad una contrazione del commercio mondiale, ad un ritmo più veloce rispetto al periodo iniziale degli anni ’30, quando iniziava a stringere la morsa della “Grande Depressione”, crollò il modello di crescita economica cinese, fondato sulle esportazioni secondo i dettami del neoliberismo ortodosso, causando la perdita di ben ventitré milioni di posti di lavoro. Il governo di Pechino rispose con un pacchetto di stimolo da mezzo trilione di dollari e con una massiccia espansione del credito alle aziende di proprietà dello Stato, con l’aspettativa che l’economia mondiale avrebbe sperimentato una ripresa immediata e che le esportazioni avrebbero ripreso il loro slancio. Ma otto anni dopo il disastro, l’economia mondiale continua a ristagnare; i tassi di crescita cinesi sono caduti dai loro precedenti livelli del 10%, abbassando l’obiettivo ufficiale del governo per i prossimi anni al 6,5%; ma anche questo livello inferiore si sta rivelando difficile da sostenere. La turbolenza economica nella seconda metà del 2015, che deriva dalla crisi del mercato azionario nel mese di agosto e dal rallentamento della crescita, ha riacceso i timori che porteranno il governo a riaprire i rubinetti del credito per sostenere l’economia. La stima di crescita per il primo semestre del 2016 è stata del 6,7%, in linea con le previsioni del governo, ma, tuttavia, rappresenta il tasso di crescita più basso degli ultimi anni. Qualunque sia il risultato immediato, la crisi cinese ha implicazioni di vasta portata per l’economia globale nel suo complesso, con un gran numero di economie, che vanno dall’Australia al Brasile, fino alle economie del Sud-Est asiatico, all’Africa e all’America Latina, fortemente dipendenti dalla crescita cinese.
Negli ultimi trent’anni, quando Wall Street si è trovata a soffrire pesanti cadute degli indici azionari, ha sempre avuto in proprio soccorso le autorità finanziarie americane, che hanno avviato politiche in sostengo del sistema finanziario, facendosi beffa del “liberismo” dogmatico. La Banca Centrale degli USA (la Fed) ha dato anche oggi la propria disponibilità a servire come fonte di liquidità infinita per sostenere il sistema finanziario. Quando le prime crepe nel boom del credito apparvero con la crisi dei Paesi dell’estremo oriente nel 1997, e con il successivo default del debito russo nel 1998, la Fed si è fatta trovare pronta a pompare dollari a buon mercato. Questo ha dato origine alla bolla del 2001, seguita dalla bolla immobiliare sub-prime, che determinò la crisi finanziaria globale del 2008.
La risposta al prossimo crollo del sistema finanziario sarà quella di estendere ulteriormente le stesse politiche che avranno dato origine alla crisi stessa?
La Fed è stata immediatamente raggiunta dalle altre principali banche centrali, compresa la Banca d’Inghilterra, la Banca del Giappone e la Banca Centrale Europea, ognuna delle quali ha iniziato la propria versione del quantitative easing. Si è allineata anche la Cina, come ricordato sopra, portando avanti una massiccia espansione del credito. Lungi dal promuovere la crescita economica reale, ciò ha portato solo alla creazione di un’altra bolla finanziaria, che ha avuto come effetto primario l’accumulo di una ricchezza favolosa in poche mani, attraverso la speculazione. I livelli di investimento nell’economia reale rimangono ben al di sotto quelli che vi erano prima della crisi, nel caso dell’Europa di almeno il 25%.
L’andamento del commercio mondiale, un indicatore chiave dello stato di salute dell’economia globale, è notevolmente rallentato e i salari reali hanno subito una insuperabile stagnazione. Allo stesso tempo, la disuguaglianza sociale è aumentata a livelli senza precedenti, aggravata dal fatto che un centinaio di soggetti possiedono oggi tanto quanto la metà della popolazione mondiale. Ora, sono chiari i segnali per cui anche l’ultima bolla è sul punto scoppiare, con implicazioni che vanno ben al di là di quelle che l’hanno preceduta. Questo perché, a differenza di precedenti occasioni, quando le banche centrali erano a margine dei mercati finanziari, sono ora protagoniste, ed hanno i propri bilanci già stra-pieni di debiti marci.