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Le linee rosse di non ritorno

di Lorenzo Maria Pacini - 22/09/2024

Le linee rosse di non ritorno

Fonte: Come Don Chisciotte

La Russia e l’Occidente stanno rapidamente esaurendo lo spazio di manovra per evitare uno scontro militare frontale.

Da ormai qualche giorno si sente parlare del “permesso” fornito dal segretario di Stato americano Antony Blinken di utilizzare i missili ATACAMS sul territorio russo, quasi come se la questione fosse il permesso di colpire il territorio russo, che è in realtà una non-notizia, poiché il territorio russo viene colpito regolarmente da più di un anno, soprattutto con droni. La pazienza dei russi è nota e poche persone in Occidente si rendono conto che potrebbe arrivare a un termine.
Per capire la portata della notizia bisogna andare a vedere il recente commento di Putin, che ha ricordato come, diversamente dai droni, per utilizzare i missili ad alta precisione ATACAMS (1320 kg, fino a 300 km di portata) c’è bisogno dei sistemi di puntamento satellitare della NATO e di personale a terra addestrato a farlo. Ancora una volta Putin ha affermato che questa è una linea rossa, che definisce la partecipazione diretta della NATO alla guerra.

È opportuno riflettere un momento sulla questione delle “linee rosse”.

In mezzo a un’ondata di notizie secondo cui gli Stati Uniti e il Regno Unito sarebbero pronti ad approvare l’uso di missili occidentali per colpire il territorio russo, il Presidente russo Putin ha fatto i suoi commenti più duri fino ad oggi, affermando che la mossa «cambierebbe la natura stessa del conflitto» e significherebbe che la NATO e la Russia sono «in uno stato di guerra», avvertendo che la Russia avrebbe preso «decisioni appropriate».
In risposta, il Primo Ministro britannico Keir Starmer ha dichiarato: «La Russia ha iniziato questo conflitto. La Russia ha invaso illegalmente l’Ucraina. La Russia può porre fine a questo conflitto immediatamente. L’Ucraina ha il diritto all’autodifesa».

Sia chiaro: si tratta di un botta e risposta squisitamente politico, legato alle relazioni internazionali, non certamente di un “fatto” militare, perché in Russia come in Occidente sanno bene che gli attacchi sul territorio russo già ci sono da molto tempo e che la violazione della integrità e sovranità territoriale è un dato di fatto; ma la diplomazia, che ancora oggi è una arte di equilibrio, cerca di porre rimedio a questi guai e offre soluzioni.

La logica militare per testare la determinazione della Russia in questa vicenda non è chiara. Ci sono poche ragioni per credere che l’uso di missili da crociera lanciati dall’aria aumenterebbe significativamente le possibilità dell’Ucraina di vincere una guerra di logoramento in cui i russi hanno enormi vantaggi rispetto all’Ucraina – e all’Occidente in generale – in termini di popolazione e produzione militare. In particolare:

– I russi stanno minando la capacità degli ucraini di inviare in combattimento truppe ben addestrate ed equipaggiate, e i missili da crociera a lancio aereo non cambieranno la situazione;

– Il tema delle “linee rosse” da non superare è precisamente all’origine della cosiddetta Operazione Militare Speciale, che dipende dalla reiterata sfida da parte della NATO rispetto alle “linee rosse” relative prima alla non espansione ad est della Nato e poi alla non neutralità ucraina;

– Di fatto il modo migliore per comprendere il confronto in corso è vederlo all’insegna di una sfida nei confronti della Russia, cercando di riportarla al modello di subordinazione degli anni di Eltsin, impedendone l’espansione su scala globale;

– I russi possono adattarsi alle capacità di attacco a lungo raggio degli ucraini perché si sono già adattati all’uso dell’artiglieria HIMARS e dei missili terrestri ATACMS (e i russi ancora stanno operando con l’arsenale mandato in pensione, non con l’artiglieria nuova). Per avere un impatto reale sulla capacità dell’Ucraina di danneggiare la Russia, l’Occidente dovrebbe fornire un numero molto elevato di missili a lunghissima gittata, molto più del piccolo numero di modelli a gittata di base che sarebbero stati presi in considerazione, ma tale capacità dell’Occidente di fornire tali quantità è limitata, e fornirli provocherebbe quasi inevitabilmente una rappresaglia russa diretta.

Ogni linea rossa violata senza reazione viene vissuta, e presentata, come debolezza del Governo russo e questo gioco produce i suoi effetti reali all’interno della Russia, la cui questione originaria è la capacità di esistere unitariamente come l’enorme paese multietnico che è. Ogni segno di debolezza del potere centrale apre la strada a possibili movimenti centrifughi all’interno del paese. Anche la Russia, come qualsiasi altro Paese, ha i suoi giochi di potere all’interno. Ci sono poche ragioni per essere ottimisti sul fatto che tali attacchi possano spingere Putin a porre fine alla guerra o a venire al tavolo dei negoziati, ma ci sono buone ragioni per temere che rafforzino le sue affermazioni secondo cui la Russia è in guerra con la NATO, non con il popolo ucraino.

Questo è un punto fondamentale da sottolineare: la Russia ha continuamente ribadito in tutte le sedi ufficiali e istituzionali che il conflitto non è contro il popolo ucraino, bensì contro il suo governo golpista e contro l’Occidente atlantista che ha promosso e cominciato questa guerra, già dal 2014 (e anche prima). La Russia non ha alcun interesse a sterminare la popolazione ucraina, che è etnicamente e storicamente parte della grande famiglia multietnica russa.
Un’altra potenziale conseguenza non intenzionale è che la crescente letalità del sostegno militare occidentale renderà più dure le richieste della Russia in qualsiasi negoziato futuro. Quanto più l’Occidente dimostrerà di essere disposto a usare l’Ucraina per colpire la Russia, tanto più i russi insisteranno su un’ampia smilitarizzazione dell’Ucraina come condizione per un accordo.

In una prima fase questo processo non ha condotto per l’Occidente (cioè per gli USA) agli esiti sperati. L’idea era chiara: una volta che Putin abbocca alla sfida, e invade l’Ucraina, noi, avendo preparato con standard NATO l’esercito ucraino per 8 anni, dimostreremo che si tratta di una tigre di carta; le sanzioni economiche occidentali strangoleranno l’economia russa; la forbice tra la debacle militare e quella economica metterà alle corde il regime, producendo rivolte interne e un crollo sistemico.
Tuttavia, questo scenario non si è verificato.

Sul piano militare l’operazione si è divenuta una guerra di posizione, una guerra d’attrito. Sul piano economico, grazie soprattutto al sostegno della Cina, la Russia è riuscita ad assorbire l’urto iniziale, ritrovando un nuovo assetto di flussi di mercato, entrando subito dopo in una nuova fase di prosperità economica sul piano internazionale. Dal punto di vista delle relazioni internazionali, la Russia ha potuto mostrare al mondo cosa significhi avere a che fare con l’Occidente ed ha avviato un processo di emancipazione globale dal controllo dell’Egemone.

Militarmente, ora la situazione militare in Ucraina è critica per le forze occidentali. L’avventura di Kursk è stata l’ennesima linea rossa violata, con il solo significato di produrre un danno d’immagine alla leadership politica di Putin, ma niente di più. Nella zona centrale del fronte l’esercito russo è oramai arrivato alla terza e ultima linea difensiva, superata la quale non esistono più linee fortificate. Il tracollo ucraino sembra questione di pochi mesi, probabilmente destinato ad avvenire nella prossima primavera.

Di fronte a questo scenario l’intera classe dirigente occidentale, cioè il complesso militare-industriale americano e i suoi scagnozzi europei, non conoscono piani B. Un errore enorme, giacché la politica internazionale prevede che si abbiano sempre piani di riserva per vari scenari possibili. Questo errore occidentale ha un peso enorme e ancora pochi lo hanno capito.

Chi comanda, gli USA, possono permettersi di violare qualsiasi linea rossa in sostanziale impunità: sanno che Putin non è affatto un pazzo che vuole la distruzione planetaria e dunque non lancerà un attacco diretto su suolo americano. Chi obbedisce, l’Europa, ha già devastato il proprio sistema produttivo ed è in prima linea per subire attacchi mirati, anche nucleari (ricordiamo che, nella dottrina bellica attuale, l’utilizzo di atomiche tattiche conta come guerra ordinaria, e non come avvio di una guerra nucleare.)

Gli USA spingono alla violazione di tutte le linee rosse, perché dispongono di due potenti buffer zone sacrificabili: prima l’Ucraina, poi l’Europa.

Non è nell’interesse né dell’Occidente né dell’Ucraina rendere più difficile il raggiungimento di un accordo che preservi l’indipendenza dell’Ucraina e fornisca l’opportunità di un futuro prospero. Ciò di cui l’Ucraina ha disperatamente bisogno ora non sono le armi a lungo raggio, ma un piano fattibile per una fine negoziata della guerra che dia all’Ucraina una reale possibilità di ricostruire.

Attenzione: la Russia di Putin può ancora decidere di rispondere militarmente e dimostrare la propria superiorità. Qualora ciò accadesse, il conflitto avverrebbe nella “zona sacrificabile” eletta dagli USA, che si chiama Europa, facendo leva sull’Art. 5 del Trattato dell’Atlantico, coinvolgendo tutti i Paesi europei. E questa è una realtà, dura e violenta, come violenta sarà la carneficina.

Eccoci alla vigilia dell’ennesima violazione di linea rossa. Vediamo quanto il mondo ha voglia di rischiare.

 

Lorenzo Maria Pacini. Professore associato in Filosofia politica e Geopolitica, UniDolomiti di Belluno. Consulente in Analisi Strategica, Intelligence e Relazioni Internazionali

20.09.2024

Fonte: https://strategic-culture.su/news/2024/09/20/the-red-lines-of-no-return/