Tratto da: Dieci domande all’economista Ilaria Bifarini
Qualcuno si è divertito a dipingerla come una “bocconiana pentita”. Ilaria Bifarini, nata a Rieti il primo aprile 1980, nel 1999 si è trasferita a Milano dove si è laureata alla Bocconi. Un decennio di studi in economia e poi nel 2017 la pubblicazione del suo primo libro, “Neoliberismo e manipolazione di massa – Storia di una bocconiana redenta”. A distanza di un anno arriva “I coloni dell’austerity. Africa, neoliberismo e migrazioni di massa”, dove affronta il tema assolutamente attuale delle migrazioni. Le abbiamo rivolto 10 domande.
– Lei si è discostata, in modo più o meno progressivo, da un percorso che poteva sembrare segnato dai suoi studi e dalla sua formazione. Si è scagliata contro il liberismo e le sue politiche economiche. Cosa è successo?
«Come spiego nel mio primo libro, “Neoliberismo e manipolazione di Massa. Storia di una bocconiana redenta”, si è trattato di un percorso graduale e su più piani, partito dall’esperienza personale e dall’analisi del mondo lavorativo, per poi riallacciarsi al modello universale e ingannevole di cui siamo allo stesso tempo vittime e portatori inconsapevoli. Il nucleo di tale modello è proprio il liberismo, il pensiero economico che ha preso piede incontrastato con la caduta del keynesismo, valicando poi ogni confine e degenerando nell’attuale neoliberismo. Si tratta di un’ideologia onnipervasiva che, attraverso un’abile propaganda e manipolazione delle masse, ha assunto i caratteri dogmatici e inconfutabili di una religione».
– Lei professa “Più Stato per garantire il mercato”. In tema di intervento dello Stato è marxista?
«No, mi ritengo piuttosto keynesiana. A differenza di come spesso viene travisato, o volutamente fatto credere, la lotta e l’alternativa al modello iperliberista non consistono nel proporre lo statalismo puro o la nazionalizzazione dell’intero sistema produttivo. La ricerca economica dimostra come, per garantire un efficiente funzionamento del mercato e una tutela degli individui più deboli, occorra un intervento funzionale da parte dello Stato. Inoltre, in una situazione contingente di crisi della domanda come quella che stiamo da troppo tempo attraversando, soltanto l’applicazione delle teorie keynesiane, e quindi di politiche di incremento degli investimenti pubblici, potrebbero riportare l’economia alla crescita e allo sviluppo».
– Ci sono correnti di pensiero, insospettabili, che si fanno scappare come, a livello di analisi. Marx avesse centrato il problema. Sulla caduta tendenziale del saggio di profitto, le crisi ricorrenti e l’utilizzo dell’esercito industriale di riserva la fase attuale parrebbe dargli ragione. L’attacco ai salari e alle condizioni di lavoro generali sono più che evidenti.
«Marx aveva previsto molto di quello che stiamo vivendo, le sue analisi economiche sono attualissime e tra le più lucide. Tuttavia egli credeva che il capitalismo sarebbe stato superato grazie a una lotta di classe. Quello che accade ora invece è che la lotta è divenuta orizzontale, tra poveri, come avviene anche nel caso dei migranti. L’aumento della disoccupazione e la riduzione delle tutele sociali e dei servizi da parte dello Stato hanno fatto sì che i cittadini perdessero di vista il vero nemico, ossia i beneficiari indiscussi di un tale modello economico, tanto fallace quanto universalmente applicato e indiscusso. La ricchezza è sempre più concentrata nelle mani di poche persone, sia a livello nazionale che mondiale: basti pensare che otto persone al mondo detengono l’equivalente di ricchezza della metà della popolazione mondiale più povera».
– Lo scontro Soros (vecchio satrapo) – Zuckerberg (il nuovo interconnesso): scontro di potenze economiche o c’è dell’altro?
«Che dire? uno scontro tra titani. Non credo che inciderà molto sulla vita del cittadino medio. A conferma di quanto detto sopra, la lotta è ormai orizzontale, intraclasse, sia per i poveri che per i diritti».
– Il sovranismo con le sue politiche economiche ci salverà?
«Il sovranismo non deve limitarsi soltanto a un vago elogio del nazionalismo. Occorre aver chiaro qual è il modello economico e ideologico che ha portato all’attuale conformazione socio economica. Alcuni dei cosiddetti sovranisti ignorano cosa sia il modello neoliberista e come operi, e in certi casi ne sono essi stessi fautori. Solo un modello economico che rimetta al centro l’uomo, e non il mercato, potrà salvarci da questo stato di crisi permanente, che si ripercuote non solo a livello economico, ma sociale, culturale e persino antropologico. Per combattere un nemico bisogna però conoscerlo, per questo è necessario un risveglio delle coscienze a livello collettivo. C’è ancora molta strada da fare».
intervista al Business Journal Liguria a cura di Cordero Editore