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Lineamenti per una rivoluzione europea necessaria

di Riccardo Paccosi - 03/01/2025

Lineamenti per una rivoluzione europea necessaria

Fonte: Giubbe rosse

Premessa

Nel presente testo, vengono proposti alcuni spunti di analisi generale. Sono stati deliberatamente omessi gli aspetti organizzativi e programmatici di una loro eventuale traduzione in pratica. Tali aspetti saranno affrontati, infatti, in un secondo e imminente intervento.

Il collasso europeo

L’Europa sta collassando.
Non si tratta di una previsione, bensì di una mera constatazione.
Riassumiamo, di seguito e brevemente, alcuni dei fattori che stanno determinando suddetto collasso.

  1. Tanto la presidente della Commissione Europea Von der Leyen quanto diversi capi di governo nazionali europei hanno chiarito che lo stato di belligeranza fra Europa e Russia proseguirà anche in caso di disimpegno americano sul fronte ucraino e che, quindi, aumenteranno esponenzialmente le spese militari. Questo aumento di spesa, come affermato dal segretario generale della NATO Mark Rutte, avverrà a discapito di quello che rimane dei sistemi di welfare state.
  2. Strettamente correlati alla politica di guerra sono i processi di de-industrializzazione, nonché l’aumento esponenziale dei costi energetici. Questo insieme di fattori ha fatto sì che solo nel 2023, secondo Eurostat, il numero di cittadini europei viventi sotto la soglia di povertà sia passato da 70 a 94 milioni, vale a dire un quinto della popolazione complessiva.
  3. Le politiche deregolazioniste sui flussi migratori hanno infranto nella maggior parte dei paesi la coesione sociale, alimentato la guerra fra poveri e generato un’ostilità crescente verso le istituzioni sia nazionali che eurofederali.
  4. Analogo effetto di disarticolazione sui legami sociali, territoriali e generazionali è stato provocato dal manifesto disprezzo delle élite nei confronti di retaggi e tradizioni, dalla volontà di cancellazione culturale del passato, da un’idea di multiculturalismo volta parimenti alla tabula rasa e, infine, dall’imposizione del transgenderismo come principio universale.
  5. La Russia, per bocca del Vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Medvedev, ha chiarito che colpirà economicamente l’Europa con ogni mezzo, puntando sul suo collasso interno.
  6. Il Presidente americano Trump ha annunciato una politica di dazi ai danni dell’Europa, che sarà assai difficile da affrontare per una struttura – quale la UE – che pretende di tenere insieme economie molto diverse fra loro.
  7. Il World Economic Forum ha attuato un piano – chiamato di volta in volta Great Reset, Agenda 2030 e altre denominazioni ancora – che, strumentalizzando la problematica ambientale, si pone gli obiettivi di ridurre la proprietà delle abitazioni, limitare il diritto di spostamento, imporre inoculazioni continue di sieri sperimentali, ridurre ai minimi termini allevamenti e coltivazioni, sfruttare la crisi alimentare conseguente promuovendo l’entomofagia. Più in generale, l’obiettivo messo per iscritto dal presidente del WEF Klaus Schwab consiste nell’estromettere almeno un terzo dei cittadini dal mercato del lavoro. L’agenda politica della Commissione Europea, ebbene, non risulta essere altro che un pedissequo ricalco di quanto preventivamente deliberato dalle assise del World Economic Forum.
  8. Il recente annullamento delle elezioni in Romania da parte della Corte Suprema a causa della vittoria di un candidato anti-UE ha dimostrato in via definitiva come nello spazio eurofederale la democrazia si trovi in avanzata fase di dissoluzione non solo sul piano sostanziale, ma anche su quello giuridico-formale.

L’Europa è “una” solo nella pluralità

Da una parte, gli elementi sopra elencati delineano un problema che non riguarda solo l’Europa, ma tutto l’Occidente e, per certi aspetti, anche il resto del mondo: ovvero il crescente potere decisionale delle istituzioni sovranazionali non elettive a discapito di quelle elettive e nazionali.

In Europa è innanzitutto l’istituzione dell’Unione Europea a determinare questo passaggio dalla democrazia costituzionale a una nuova forma di assolutismo: sono infatti la Commissione e le altre istituzioni eurofederali che, oggi, fungono da garanti ed esecutori delle direttive di tutti gli altri organismi sovranazionali quali WEF, OMS e NATO.

Dunque, non si pone più una questione di sovranismo inteso semplicemente come identità politica di tipo neo-patriottico: la distruzione dell’Unione Europea, oggi, non può che essere l’imperativo prioritario di chiunque abbia a cuore la democrazia, nonché il diritto dei popoli al perseguimento dell’autodeterminazione, del benessere e della pace. Questo significa che è necessario auspicare un processo rivoluzionario – europeo e internazionalista – che punti allo smantellamento dell’Unione Europea e alla rigenerazione della sovranità popolare.

Per alcuni, l’istanza appena descritta potrebbe, però, coincidere col riproporre la solita idea imperiale dello stato unico europeo, ovvero la stessa idea che è stata alla base del disastro eurofederale e della catastrofe della moneta unica. Invece, a dispetto di quel ricorrente sogno imperiale che da Napoleone a Spinelli ha infervorato tanti estremisti, la storia ha mostrato che lo spirito unitario europeo si materializza solo nel molteplice, ovvero solo come irriducibile pluralità di culture, lingue e retaggi storici.
L’idea che i popoli europei possano agire assieme di concerto e, al contempo, nel rispetto della pluralità delle nazioni, non è un’astrazione, bensì una possibilità esemplificata dalla Primavera dei Popoli del 1848, anno in cui sia i borghesi che i proletari di vari paesi scesero in piazza e fecero le barricate contemporaneamente, ma ciascuno reclamando la propria costituzione nazionale.

Medesima dinamica di unità nel molteplice, altresì, possiamo dire essersi materializzata durante il Trentennio Glorioso 1945-1975, allorché ciascuna nazione europea fu impegnata a costruire un sistema sociale autonomo tanto dal modello sovietico quanto da quello statunitense.

I tre obiettivi della rivoluzione europea

Quando parliamo di un auspicabile processo rivoluzionario, dobbiamo sottolineare che oggi, a rendere impraticabile una prospettiva del genere, è innanzitutto il permanere della diade categoriale destra-sinistra: quest’ultima impedisce la comprensione dei problemi strutturali e svia l’attenzione dell’opinione pubblica verso i residui spettrali del secolo passato.

In altre parole, le due componenti dell’unico fronte liberale – destra e sinistra – stanno utilizzando rispettivamente le retoriche dell’anticomunismo e dell’antifascismo per occultare come entrambe stiano, invece, generando un sistema sociale del tutto nuovo, non riconducibile ai totalitarismi del secolo passato. Si tratta, infatti, di un sistema di tipo neo-assolutista, in cui al popolo viene sottratto ogni potere decisionale sia sull’economia che sull’uso delle innovazioni tecnologiche: un sistema in cui il potere non viene esercitato attraverso la mobilitazione di massa come nelle dittature novecentesche, bensì attraverso il controllo diretto su individui isolati gli uni dagli altri grazie all’imbozzolamento digitale.

Oggi vediamo infatti:

  • un popolo sottomesso a uno stato che, pur assente sui diritti sociali, risulta tirannico in un numero sempre maggiore di ambiti della vita quotidiana;
  • una società alla quale viene imposto di adattarsi ai capricci dell’economia;
  • una volontà da parte delle élite di far assomigliare la coscienza umana sempre più alla programmazione delle macchine.

Un fronte rivoluzionario basato su un principio di autonomia popolare – cioè su un punto di vista irriducibilmente autonomo dalle narrazioni ideologiche del XX secolo e dalle loro riproposizioni odierne – non può, dunque, che essere un fronte nemico di tutto ciò che oggi si autodefinisce “destra”, così come di tutto ciò che oggi si autodefinisce “sinistra”. Soprattutto, non può che essere un fronte coeso intorno ai seguenti tre obiettivi di capovolgimento dell’esistente, cioè un fronte volto a creare:

  • uno stato al servizio del popolo e non viceversa;
  • un’economia al servizio della società e non viceversa;
  • una tecnologia al servizio degli esseri umani e non viceversa.

Nuova Primavera dei Popoli, Autonomia Popolare

Nel momento in cui il vecchio ordine eurofederale vacilla, è nostro dovere credere che una nuova Primavera dei Popoli sia possibile.

Nel momento in cui non esiste una visione collettiva del futuro che non sia all’insegna dell’emergenza e della paura, è nostro dovere imporre il principio dell’Autonomia Popolare come rivendicazione, per i popoli, di poter scegliere il proprio destino.