Lo “stallo” sul campo fa comodo a Putin e infetta l’occidente
di Fabio Mini - 30/08/2023
Fonte: Sinistra in rete
Le giornate d’agosto, infuocate o alluvionate, non favoriscono gli sforzi di analisi geopolitica che la gravità degli eventi che accadono nei luoghi più disparati del mondo meriterebbe. Gli Stati Uniti e il Canada stanno bruciando materialmente e metaforicamente. Il Sudamerica vive con passione latina le campagne elettorali e i colpi di stato. L’africa si appresta ad una guerra subsahariana che in realtà è la ripresa delle guerre anticoloniali laddove il neo colonialismo si spaccia per guerra al terrorismo islamico. L’asia si manifesta impreparata ad affrontare la prossima guerra mondiale tra Stati Uniti e Cina e intanto assiste con crescente preoccupazione alla guerra tra Stati Uniti e Russia, tra Nato e Russia, tra Stati Uniti ed Europa, tra Nato ed Europa. I disastri naturali più o meno determinati e alimentati dalle nostre “civiltà” coprono solo parzialmente i disastri della guerra che sempre più appaiono come disastri naturali, normali, inevitabili. Eppure si ha la sensazione che i disastri naturali siano considerati una specie di sollievo dalla opprimente cortina degli eventi bellici. L’ucraina fa di tutto per tenere viva l’attenzione e la tensione dell’occidente sulla guerra.
Il suo governo, la diplomazia e i responsabili militari continuano a bombardare di parole e immagini l’intero mondo occidentale, dove persino i grandi media faticano a riprenderle e amplificarle oltre che a comprenderle.
Le operazioni militari continuano e gli scarsi risultati della controffensiva ucraina sembrano preludere a una situazione di “stallo” tra contrattaccanti ucraini e difensori russi. In realtà, tecnicamente, non si tratta di stallo ma di prevalenza della difesa sull’attacco. Mentre l’ucraina deve ricorrere alla ricostituzione del battaglione Azov per infondere un po’ di motivazione e retorica nazionalistica nelle truppe “regolari” e in quelle “irregolari” che le sostengono dall’interno e dall’esterno, i russi sembrano paghi della loro resistenza e non mostrano alcuna fretta di passare ad una contro- controffensiva. La guerra minuta, tra uomini e mezzi, tra sistemi arcaici e post-moderni, narrata da Youtube e dai “social” sempre più asociali e dissociati, si arricchisce di particolari e sensazioni tutt’altro che nuove e originali. Il video su Alyosha che mostra un carro russo mentre elimina ben otto veicoli corazzati ucraini è tra i più seguiti, anche dagli stessi ucraini. Le immagini epiche sono intervallate da commenti russi identici nella sostanza a quelli americani in Iraq e Afghanistan: bestemmie, parolacce, disprezzo per l’avversario ed esaltazione della violenza. La battaglia sul terreno si traduce in un costante tritacarne all’insegna della disumanizzazione. La superiorità della difesa è palese, ma nulla fa pensare che possa essere sfruttata per una “spallata” più sostanziosa. Sembra che in questa fase la Russia intenda perseguire uno scopo didattico, pedagogico: la difesa passiva degli ostacoli realizzati e quella attiva che li sfrutta da un lato devono insegnare agli ucraini le norme basilari della tattica di guerra, dall’altro devono far capire ai russi e agli europei di essere in guerra e insegnar loro come ci si comporta. In guerra. Finora l’europa ha ritenuto che la guerra non la riguardasse e in Russia è prevalsa l’idea che si trattasse di una operazione “speciale” limitata negli scopi, nei mezzi e nella durata. Ora la popolazione russa, ma soprattutto le forze armate, devono rendersi conto che la guerra può continuare, che in ballo non c’è soltanto una linea “rossa” da difendere ma un atteggiamento concreto anche se drammatico da assumere. Le linee guida in materia economica e industriale stabilite da Putin già ad aprile del 2022 non erano soltanto predisposizioni per una emergenza temporanea ma le basi di una politica di guerra lunga.
E se la guerra protratta è vista dall’ucraina e dall’occidente come una maledizione da evitare, per la Russia appare come un modo pratico per indebolire entrambi. Di fatto l’ucraina stessa sta favorendo la guerra protratta con le continue richieste di armamenti e denaro che i Paesi della Nato e dell’unione Europea intendono soddisfare. Almeno stando alle parole tutt’altro che sensate dei loro responsabili politici visto che quelli militari hanno già più volte paventato il rischio che il prolungamento delle operazioni si possa trasformare in guerra permanente o degenerare in scontro strategico anche nucleare. I segnali di stanchezza dell’occidente nei riguardi del sostegno all’ucraina “a qualsiasi costo e per tutto il tempo necessario” sono sempre più evidenti non solo per le uscite di qualche funzionario Nato, ma perché oggettivamente il “tempo necessario” tende all’infinito e i costi diretti e indiretti della guerra appaiono insostenibili per le intere popolazioni europee e americane, anche considerando i profitti delle industrie belliche ed energetiche. Le uscite estemporanee di politici spre o pre-giudicati e le dichiarazioni di funzionari internazionali possono suscitare perplessità o ingenerare false speranze, ma comunque a quei livelli non sono mai casuali. Nelle organizzazioni internazionali i posti dirigenziali sono assegnati agli Stati membri e questi scelgono chi mandare in base all’affiliazione politica o alla fedeltà istituzionale nei confronti del Paese di origine. Le affermazioni dissonanti dalla versione o dalle intenzioni dell’organizzazione o sono travisate o rappresentano la posizione prevalente del governo che ha assegnato il funzionario. In entrambi i casi non vanno ignorate nemmeno se vengono ufficialmente smentite. Ugualmente importanti e significative sono le opinioni di esperti sia “di parte” che “indipendenti” e il panorama dei critici e degli scettici sulla capacità ucraina di ribaltare il corso degli eventi si va ampliando di qua e di là dell’atlantico. Ci sono voci moderate che si limitano allo scetticismo e voci più estreme facilmente etichettabili come filorusse (cfr. il danesekarsten Riise – Global Research) che tuttavia finora non ne hanno sbagliata una. Nonostante la censura di guerra voluta dai funzionari dell’unione europea, o proprio per questa, si fanno largo valutazioni diverse dal copione che ci viene proposto.
Ad esempio: “Secondo un alto diplomatico occidentale i russi hanno una serie di linee difensive e gli ucraini non hanno nemmeno superato la prima. Se non sono stati in grado di fare passi avanti in queste ultime sette, otto settimane, qual è la probabilità che improvvisamente, con forze più ridotte, li facciano?… Negli Stati Uniti il sostegno all’ucraina si sta sgretolando. Il 55% degli elettori americani e il 71% dei repubblicani ritiene che il Congresso non debba autorizzare ulteriori finanziamenti all’ucraina. L’ultimo grande pacchetto di armi della Nato per l’ucraina sarà proprio questo: l’ultimo. Tutto ciò che rimarrà per l’ucraina sarà una piccola elemosina, goccia a goccia…. Gli Stati Uniti e la Nato non hanno più nulla da dare. La Germania ha cannibalizzato il suo piccolo esercito di carri armati per dare i Leopard 2 all’ucraina. Quei carri armati sono già in gran parte scomparsi. Sprecati per niente. La Germania non lo farà più. Lo stesso vale per il Regno Unito che ha cannibalizzato il suo minuscolo esercito di carri armati per fornire anche i Challenger. La Polonia si è spogliata dei carri armati disponibili per darli all’ucraina. Neanche la Polonia ha più nulla da dare… Gli Stati Uniti hanno deciso di costruire speciali carri armati Abrams per l’ucraina (non ancora consegnati) e anche questo non accadrà più. La Nato non ha più munizioni di artiglieria – gli stessi Stati Uniti ne hanno solo per 30 giorni in caso di conflitto. Gli Stati Uniti hanno spogliato i Paesi del Medio Oriente dei missili Patriot e hanno persino sottratto la difesa aerea Hawk a Taiwan per mandarla a farsi distruggere in Ucraina. La Nato non ha più difesa aerea da inviare. A causa dei rifugiati, delle perdite di guerra e dei territori persi, l’ucraina stessa si è ridotta a un Paese di soli 18-20 milioni di persone e non può più fare grandi reclutamenti di soldati. Dopo la rottura del falso accordo sul grano, che non ha mai inviato quantità significative di cibo ai Paesi poveri, la Russia ha bloccato i porti rimanenti dell’ucraina facendola diventare un Paese senza sbocchi sul mare. L’ucraina è schiacciata”. Forse non è così, e i tentativi ucraini di enfatizzare i colpi di mano di sparute forze speciali eterodirette o i bombardamenti di droni in territorio russo tenderebbero a dimostrarlo. Ma alla vittoria militare non crede più nessuno. Lo stesso Zelensky punta alla vittoria prettamente politica che solo l’occidente può dargli colpendo economicamente la Russia nel tentativo di isolarla dal resto del mondo. Un tentativo forse più arduo di quello di batterla militarmente e che invece può sfociare in un’autocastrazione dell’intero Occidente a partire dall'Europa. La guerra ucraina comincia ad assomigliare ad una metastasi che estingue le energie del malato ed assorbe le risorse di chi lo assiste. Perché lo stillicidio di aiuti militari e finanziari non si trasformi in una sorta di accanimento terapeutico o in cura palliativa o in suicidio assistito, occorre portare l’attenzione sull’intero “corpo del malato”: l'Europa. La sua sicurezza, la sua autonomia, la sua capacità di cooperare, produrre e convivere con il resto del mondo sono le cure più efficaci per far regredire la metastasi e risolvere la guerra. Purtroppo per una simile terapia, gli attuali medici, santoni e ciarlatani, tutti devoti adepti della guerra, non sono adatti e bisogna esonerarli. Prima è meglio è.