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Long view

di Pierluigi Fagan - 29/05/2021

Long view

Fonte: Pierluigi Fagan

Come forse saprete, oggi contiamo nel mondo 7,8 mld di persone, il triplo di quante ne contavamo solo settanta anni fa, il quadruplo di quante ne contavamo agli inizi del XX secolo. Il rapporto tra il moltiplicatore ed il breve tempo in cui ha agito, segna la discontinuità profonda dei nostri tempi, argomento questo, stranamente, non tematizzato. Per “non tematizzato” intendiamo, poco noto, poco discusso, poco condiviso. Essendo di quadro generale, dovrebbe esserlo altrimenti la scoppiettante schiuma quantistica di fatti cui siamo sottoposti da qualche anno (o decennio) mal si comprende.
Tale movimento quantitativo, negli ultimi settanta anni, si è accompagnato ad un altro di tipo qualitativo. Il modo economico moderno, che è definizione più generica ma qui preferibile di “capitalismo”, si è diffuso ormai a tutto il mondo. Tutto ciò sta generando una serie di problemi che vanno dalle forme dello scambio economico planetario (globalizzazione dello scambio merci, ma anche ed a volte soprattutto capitali), alle frizioni geopolitiche, agli effetti d’impatto che questa pratica economica umana “moderna” ha su equilibri e limiti planetari dal triplice punto di vista climatico, ambientale ed ecologico.  
Vari tipi di scenari problematici sono stati sviluppati per andar in direzione di questo movimento che, secondo i demografi delle Nazioni Unite e non solo, dovrebbe arrivar a contare circa 9,7 mld di umani al 2050. Si tenga conto che in demografia i tempi sono lunghi. Se a livello di causa generativa, siamo ormai da tempo in una continua flessione degli indici di riproduzione mondiali che comunque non hanno ancora raggiunto la neutralità della coincidenza con l’indice di sostituzione (2,1 figli per coppia), la stima a 9,7 tiene conto di questa continua flessione della curva che si pensa continuerà a flettere. Il numero assoluto però cresce comunque perché l’approssimarsi a questo indice di sostituzione è lento e comunque il secondo motore dell’incremento demografico che è l’allungamento della vita media, è anzi sempre più efficiente. Il relativo o maggior “benessere” che si sta sviluppando a livello mondo, porta sì da una parte alla riduzione di fecondità, ma anche a tener in vita sempre più persone nel computo generale. Con, tra l’altro, un nuovo grande problema di invecchiamento generale.
I tre cavalieri dell’apocalisse “guerre – epidemie – carestie” che in passato hanno agito da freno all’impeto demografico, da tempo non riescono più a stare appresso al fenomeno accrescitivo.  La recente pandemia ha, a livello mondiale, falcidiato la popolazione di solo lo 0,04% a morti ufficiali, del 1,2% se pure si prendesse la stima OMS su una realtà non ufficiale di tre volte i morti dichiarati. In realtà anche meno perché quelle cifre sono cumulate su 17 mesi e non 12. Carestie si danno sempre meno e così guerre a livelli mondiali. Ma anche locali perché va ricordato che in Asia dove risiede il 60% della popolazione mondiale, vere e proprie guerre non ci sono ed è assai improbabile prevedere ci saranno nei prossimi decenni, nonostante i desideri ansiosi di molti strateghi americani.
A questo punto diamo un’occhiata a dopo il 2050. In verità questo territorio oltre, non permetterebbe previsioni. La probabilità delle previsioni è inversamente proporzionale all’arco di tempo su cui si proiettano e dopo il 2050 le variabili ed i feedback che rendono le dinamiche non lineari, sconsigliano l’avventura. Tuttavia, c’è una previsione a lunga visione sempre delle Nazioni Unite, che ha due limiti, uno massimo ad addirittura 16 miliardi, uno di minima a 7,5 ed uno mediano che è poi quello considerato più probabile a 11 mld o poco meno. Questo ultimo, in un corso di curva che va stabilizzandosi e quindi senza ulteriori incrementi ed anzi, molto probabili successivi decrementi.
Su questo argomento si sta scatenando una tempesta.
Due tizi, uno il CEO del principale istituto di ricerche di mercato del mondo (IPSOS), più un giornalista, hanno duramente attaccato i demografi dell’ONU, dicendo che ragionano in maniera “vecchia”. I demografi, mentre i due critici non lo sono, non avrebbero registrato il dato recente della flessione generalizzata della curva riproduttiva e gli sviluppi della sua causa. Poiché i due autori di Empty Planet: The Shock of Global Population Decline hanno dato invece rilievo e costanza ai processi di calmieramento riproduttivo quali diffusione del benessere, urbanizzazione, aumento della scolarità, emancipazione femminile, secondo loro al 2100 si arriva a 8 mld o forse meno. I due citano almeno tre altri studi, uno di J. Randers prima affiliato ai catastrofisti, W. Lutz che è un sistemico austriaco ed uno studio della Deutsche Bank (?).
Il futuro quindi è roseo sebbene con un problema. Roseo perché in meno è meglio sotto tanti punti di vista tra cui quello ecologico ed ambientale, geopolitico, migratorio, lotta per risorse e stabilità planetaria generale. Con un problema perché se la popolazione decresce, decresce anche l’economia, ma il sistema capitalista, oltretutto negli ultimi decenni imbottito di debiti, senza crescita non ha senso, non funziona. Però la cosa è buttata lì a cinquanta anni da oggi e quindi, sì, ci penseremo ma con calma. Intanto, rilassatevi, lasciateci fare, lasciate passare.
Va però anche segnalato che se questo discorso è per lo più traguardato al 2100 che, come abbiamo detto, è una prospettiva altamente speculativa e molto poco determinabile anche solo con approssimazione, i due e coloro che ne hanno esaltato il lavoro critico, danno cifre più basse anche per i prossimi trenta anni (tra 8,5 e 9 mld al 2050) dove invece le variabili sono meno e l’esercizio previsionale meno aleatorio. Il roboante annuncio che le cose non vanno affatto male come dicono all’ONU, vorrebbe gettare una luce più rosea sulle prospettive anche a breve e medio periodo, il mondo si sta sgonfiando e questo è un bene come ampiamente sostenuto anche da questo libro (vedi immagine) che sto leggendo.
Ma cosa volevo dirvi con questo post? Volevo segnalarvi che il lavoro dei due tizi citati ha ricevuto un consenso entusiasta da parte di giornali, opinionisti e think tank occidentali o meglio anglosassoni, il solito cuore pulsante della propaganda dell’immagine di mondo dominante dalle nostre parti. Il the Economist è in un brodo di giuggiole e con lui tutto il Western Consensus anglosassone.  Si sta spargendo ottimismo a piene mani.
Gwynne Dyer su Internazionale, arriva a dire che le conseguenti previsioni economiche al 2100, darebbero i cinesi alla metà della popolazione attuale e tra le prime dieci economie di nuovo saldamente capitanate degli Stati Uniti, quattro paesi anglosassoni, più Francia, Germania e Giappone, con India e Nigeria dove comunque si parla inglese. Questo per via dell’immigrazione che salverà gli occidentali dal declino.
Quello che volevo segnalarvi è che ci sarà un nuovo tormentone quadro nel quale prima o poi vi imbatterete: va tutto bene, ma andrà meglio. Non importa se il tormentone è basato su qualche previsione del tutto minoritaria nel consesso dei demografi mondiali ed in molti casi basata su libri o articoli scritti da non demografi, non importa se quella previsione sul 2100 in effetti a valore scarso a priori poiché troppo in là nel tempo, non importa se è basata su induzioni lineari sul fenomeno che in quanto altamente complessi non hanno alcuna linearità. Non importa neanche che a parte il 2100 le previsioni al 2050 non si discostano poi molto da quelle già date perché come detto le dinamiche in corso, in questo tipo di fenomeni, sono di lunga durata ed a meno dei tre cavalieri dell’apocalisse non si risveglino, non soggette a repentine inversioni. Non importa neanche che tutto ciò confligge con mille obiezioni di buonsenso informato. L’importante è rassicurare, il pianeta si sta svuotando, i problemi si stanno sgonfiando, il futuro torna ospitante e promettente. Il che assieme alle nuove promesse sulla conversione verde e responsabile dell’economia ed i grandi balzi in avanti del progresso tecnologico, ci rimbocca le coperte e ci dà che il bacino della buonanotte.
Personalmente non parlo mai del dopo 2050, non ha senso. Ho parecchie perplessità sul fondo argomentativo di questa tesi sul piano metodologico e scientifico. Non dico di preferire una previsione all’altra. Mi limito a segnalare che alla fine dei prossimi trenta anni o saremo 10 o saremo 9 miliardi poco importa. Viepiù dato che la convergenza ad un unico modo economico planetario è certa ed assai problematica, come lo è quella della previsione geopolitica. In tutti i casi avremo un pianeta a più di 7/8 miliardi di individui per i prossimi ottanta anni (ma è assai probabile saranno di più e più a lungo), definire il pianeta “vuoto”, mi pare assai surreale. Già non stiamo ben capendo come impatteranno gli effetti di medio periodo della nostra attuale condizione di triplicati in settanta anni, dargli ottanta anni di ulteriore spazio per sviluppare dinamiche meriterebbe approcci meno superficiali e meno in conflitto di interessi. Infine, ovviamente nessuno segnala che l’unica parte di mondo che -in ogni caso- si sta contraendo demograficamente siamo noi europei dove in Italia saremo il 10% in meno al 2050 con una età media di 54 anni (media!). Decresceremo demograficamente, decresceremo economicamente, avremo costi di assistenza e sanità alle stelle con uno dei debiti pubblici più alti al mondo, fate voi.
Era quindi solo per dirvi state tranquilli, nessuno davvero si sta occupando del vostro futuro, stanno solo occupandosi a farvi credere che il futuro non sarà un problema come non lo è mai stato. Poi magari basta aprire un libro di storia per capire che quello che nei vari “allora” si riteneva un futuro non problematico ha prodotto varie tragedie, ma pazienza, chi mai apre un libro di storia ora che c’è facebook, twitter, instagram, youtube e temi di travolgente interesse come "gender sì o gender no"?
[Il libro postato sotto non segue del tutto quanto qui riportato, segue un altro ragionamento che è interessante (anche se il libro è pallosissimo) e di cui parleremo in un altro post quando l’avrò terminato. L’Autore, a differenza dei prima citati, ha la cattedra Halford Mackinder di geografia ad Oxford e non è senz’altro un affiliato alla setta del “capitalismo occidentale eterno”, anzi. Il rallentare del titolo non è un invito, ma una dinamica in cui a dispetto dei cantori del progresso infinito, siamo già completamente immersi secondo diversi indicatori inequivocabili. Avrete notato che lo slogan "crescita!" non va più ed anzi ci si affanna a trovare altri indicatori che non siano il Pil. Con l'età, passiamo alla fase "le dimensioni non contano". Adattarsi, questo è il segreto ...]
Sul libro citato:
> https://www.theguardian.com/.../what-goes-up-population...
> https://www.internazionale.it/.../calo-popolazione-mondiale
> Italia: https://www.agi.it/.../invecchiamento.../news/2019-09-13/