Manifestazioni di ieri e di oggi: la quantità è cruciale, ma non rappresenta la qualità strategica
di Riccardo Paccosi - 06/04/2025
Fonte: Riccardo Paccosi
MANIFESTAZIONI DI IERI E DI OGGI: IL NUMERO DI PARTECIPANTI HA UN'IMPORTANZA CRUCIALE, MA NON RAPPRESENTA AFFATTO UNA QUALITA' STRATEGICA.
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Mentre raccolgo informazioni sui presidi simultanei contro il riarmo svoltisi ieri in dieci città, dico intanto la mia sulla manifestazione del M5S a Roma.
1) Sono felice del fatto che decine di migliaia di persone abbiano manifestato contro il progetto di riarmo europeo.
2) Va riconosciuto a Conte che, nel passaggio sui palestinesi del suo comizio, abbia saputo per un momento spezzare la coltre di silenzio con la quale il mondo intero si sta rendendo complice di un genocidio.
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DETTO QUESTO,
se si vuole parlare di prospettive politiche, evitiamo per favore sciocchezze come quella secondo cui il numero di partecipanti sarebbe una qualità politico-strategica.
Personalmente, ho partecipato a due delle più grandi manifestazioni di massa nella storia d'Italia: quella del 23 marzo 2002 indetta dalla Cgil contro il tentativo del Governo Berlusconi d'abolire l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, e quella del 15 febbraio 2003 contro la guerra in Iraq: due eventi che hanno superato ampiamente il milione di partecipanti.
Ebbene, la maggioranza di quelle persone che erano in piazza con la Cgil, di lì a pochi anni non avrebbe battuto ciglio - anzi molti avrebbero applaudito - quando i Governi Monti e Renzi, in due passaggi, l'articolo 18 lo avrebbero abolito per davvero.
Parimenti, quelle persone che nel 2003 difendevano in piazza l'autodeterminazione dell'Iraq, di lì a poco, nei casi di Libia e Siria, si sarebbero tramutate in fanatici sostenitori dell'esportazione della democrazia occidentale a suon di bombardamenti.
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Perché tanta falsa coscienza?
Perché una massa così elevata di persone si è dimostrata a tal punto capace di rovesciare quanto creduto e professato fino a pochi anni prima?
Le ragioni antropologiche e sociologiche di questo sono molteplici ma, da un punto di vista ideologico-culturale, una su tutte appare evidente: quei manifestanti non avevano manifestato nel 2002 contro una classe dominante che voleva abolire i diritti conquistati dal movimento operaio, né avevano manifestato nel 2003 contro l'imperialismo anglo-americano.
Essi avevano manifestato, semplicemente, contro "la destra".
Non appena la "sinistra" andò al governo sia in Italia che in America e si trovò a seguire le stesse direttive sovranazionali di chi l'aveva preceduta, l'abolizione dell'articolo 18 e il bombardamento d'uno stato sovrano al fine di depredarne il petrolio non costituivano più un problema.
Nella testa di quei manifestanti, al di fuori del problema classificato come "destra", non esisteva e non esiste altro: abolizione di diritti sociali, guerre e genocidi, quando non sono etichettabili come "di destra", non interessano.
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La manifestazione di ieri a Roma, ha avuto il dichiarato scopo di ridefinire i rapporti di forza interni al centrosinistra, costringendo il PD a spaccarsi tra ultra-bellicisti e bellicisti moderati.
Ma a cosa servirà un fatto del genere nel momento in cui l'Italia dovrà una volta per tutte scegliere, senza possibilità di mediazione, tra la via americana della pacificazione con la Russia e la follia guerrafondaia di Gran Bretagna e Unione Europea?
In questo momento, il Governo Meloni sta giocando d'equilibrismo fra le due opzioni dimostrando, però, maggior sbilanciamento in favore della prospettiva pacifica.
Ebbene, davvero pensiamo che un governo di centrosinistra basato sull'asse Conte-Schlein avrebbe maggiori possibilità e volontà di rispondere "no" agli ordini bellicisti di Von der Leyen, Macron e compagnia?
In realtà, in occasione della votazione al Parlamento Europeo del 2 aprile sul riarmo, abbiamo potuto osservare l'assoluta mendacità della polarizzazione destra-sinistra: infatti, M5S, Sinistra e Lega hanno votato contro il riarmo, PD e Forza Italia a favore, mentre Fratelli d'Italia si è astenuta. In altre parole, sulle questioni strategiche che davvero contano, vi è trasversale divisione all'interno degli schieramenti tradizionali.
Questo sta a signficare che una fuoriuscita dalla dimensione neo-totalitaria di emergenza permanente in cui si trovano oggi l'Italia e i paesi europei, non potrà mai passare da un centrosinistra o da una sinistra, bensì potrà avvenire solo a seguito di una nuova polarizzazione basata sui due aspetti che davvero oggi fanno da spartiacque tanto tra le forze politiche quanto nell'opinione pubblica: il primato della governance sovranazionale da una parte, il primato della sovranità popolare e delle istituzioni nazionali elettive dall'altra.