MeToo e cancel culture
di Massimo Fini - 02/07/2023
Fonte: Massimo Fini
In Gran Bretagna il tribunale del lavoro ha decretato che dire “calvo” ad un calvo è “una molestia sessuale…equivale a commentare le dimensioni del seno di una donna”. Sempre in Gran Bretagna è cominciato il processo all’attore Kevin Spacey, due volte premio Oscar, per “abusi sessuali” che avrebbe commesso nei confronti di ragazzi fra il 2001 e il 2013. Dalle prime accuse Spacey è stato assolto, ma nell’ottobre 2017, in concomitanza con la comparsa di Metoo, è stato sospeso da alcuni progetti che aveva in atto e infine licenziato dalla serie House of Cards e Netflix ha bloccato il film Gore con Spacey protagonista. Dimostrare la propria innocenza parola contro parola è molto difficile. Il lettore si consolerà pensando che questi sono eccessi del puritanesimo anglosassone. Ma non è così. Il direttore della Orchestra di Amsterdam, nel 2018, è stato licenziato perché alcune musiciste lo hanno accusato di “comportamenti inopportuni”. Che cosa sono i “comportamenti inopportuni” e chi decide quali sono inopportuni? Se sul mio divano io accarezzo i capelli di una ragazza o le dico “sei carina” (mentre magari è un cesso) sono comportamenti inopportuni? E allora come faccio a far sapere a una donna che mi interessa? Dovremo arrivare come negli Stati Uniti ad una dichiarazione scritta firmata da entrambi in cui l’uomo e la donna dichiarano di voler fare sesso consensuale e stabiliscono il punto fino a cui possono spingersi? E se la provocatrice è lei? Galera. Mike Tyson fu condannato a sei anni per stupro nei confronti di Desiree Washington, una reginetta di bellezza. Lei era distesa nuda sul letto a gambe larghe. Che cos’altro doveva fare Tyson (forse il più micidiale, per il pugno fulminante, peso massimo di tutti i tempi, dopo Rocky Marciano, i suoi incontri finivano in genere fra la prima e la seconda ripresa)? Carriera finita. Il tenore Placido Domingo, nel 2019, fu sospeso per “pressioni sessuali” nei confronti di 51 tra cantanti, ballerine, musiciste, impiegate dei teatri. Sempre nel 2019, un altro tenore, l’italiano Vittorio Grigolo, è stato sospeso per aver palpeggiato una cantante del coro sul palcoscenico. Ancora nel 2019, l’amministratore delegato di McDonald’s è stato licenziato a causa di una relazione consensuale con una propria dipendente (ciò violava le regole interne del colosso americano). Nel 2021, Grease, il famoso film musicale che ha come protagonista John Travolta, già spettacolare interprete de la febbre del sabato sera (colonna sonora i Bee Gees), è finito sotto l’occhio di Metoo perché “è un’opera misogina, simbolo dell’oppressione patriarcale, che alterna omofobia a incitamenti allo stupro”. Nel 2017 gli organizzatori del torneo di Tennis Next Gen Atp pensarono di ingentilire la cerimonia del sorteggio collegandosi con le sfilate di moda di Milano e ingaggiando otto modelle, ad ogni modella corrispondeva una certa posizione nel tabellone. Sessismo. Ho una cartellina intitolata Weinstein dove ho raccolto le infinite condanne e denunce per abusi sessuali, a volte gravi e gravissimi, altre (le denunce) del tutto inconsistenti. Ma fermiamoci qui.
Il sessismo del Metoo si lega in qualche modo alla Cancel culture. Da qualche tempo sono stati proibiti negli stadi i cori “discriminatori”, anche quelli cosiddetti ”territoriali” (un tifoso dell’Hellas Verona non può gridare “forza Vesuvio” e un napoletano rispondergli “Giulietta era una troia”, l’ironia deve essere bandita assolutamente nel mondo del calcio). Un recentissimo provvedimento del ministro degli Interni Piantedosi, in collaborazione con quello dello Sport e la Figc, appunta la sua attenzione sull’antisemitismo. Niente cori antisemiti allo stadio, e si capisce, si capisce meno perché a un giocatore sia proibito di d’indossare la maglia 88 che secondi alcuni studiosi significherebbe “heil Hitler” (anche Nerone fu maledetto “in saecula et saeculorum“ perché anagrammando il suo nome in lettere ebraiche, ”Nerone Caesar”, si otteneva la cifra 666 che nella Apocalisse di Giovanni designa l’Anticristo). Io, per la verità, preferirei che il numero 88 fosse escluso dagli stadi perché si ritorni alla vecchia numerazione da uno a undici (Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso).
Ma torniamo alle vicende del Metoo. Se le cose continuano ad andare così, e tutto fa pensare che peggiorino, prenderò le mie precauzioni. Le giovani fan, ce ne sono per quanto possa apparire incredibile, non le riceverò più a casa ma in un bar con tavolini all’aperto e pazienza se c’è un caldo micidiale. Ma per mettermi assolutamente al sicuro mi farò una sega ben nascosto dietro a una siepe.