Nato, aumentare il budget affonderà i conti pubblici: al di sopra delle risorse dei Paesi europei
di Nicola Borzi - 19/02/2025
Fonte: Nicola Borzi
Da qualunque parte lo si analizzi, l’aumento degli investimenti per il riarmo chiesto da Trump ai Paesi Nato sarà un pessimo affare per le finanze europee. Innanzitutto, come ha spiegato il Fatto di domenica, perché il 78% della spesa aggiuntiva per le armi esce dai confini della Ue. Poi perché i Paesi dell’Alleanza atlantica non hanno gli spazi fiscali necessari a realizzare gli ukase di Washington: i conti pubblici esploderebbero. Secondo Standard & Poor’s, l’agenzia di rating che emette le “pagelle” sui bilanci statali, a seconda degli scenari la Ue nel suo complesso dovrebbe aumentare la spesa per la difesa dai 242 miliardi agli 875 miliardi di dollari l’anno. Una somma “ben al di sopra di quanto i singoli Stati possono finanziare senza compensare tali esborsi con altre riduzioni della spesa o probabilmente esercitare pressioni sulla loro affidabilità creditizia”, avverte l’agenzia.
Per l’Italia la mazzata sarebbe comunque insostenibile. Secondo S&P l’aumento delle spese militari pari al 5% del Prodotto nazionale lordo, livello richiesto dal nuovo inquilino della Casa Bianca, farebbe aumentare il deficit dello Stato sino al 7,1% del Pil, il doppio del 3,6% atteso quest’anno. A parità di altri fattori, il “buco” per le finanze pubbliche raggiungerebbe i 151,9 miliardi l’anno: 74,7 in più di quanto previsto per il 2025, una cifra quasi pari ai 79 miliardi spesi nel 2022 per l’istruzione pubblica.
Il fatto è che, nonostante abbiano quasi raddoppiato la loro spesa per la difesa rispetto al 2014, a oggi gli Stati europei in media non spendono ancora il 2% del Pil nazionale richiesto delle linee guida della Nato, mentre gli Stati Uniti finanziano quasi due terzi del bilancio militare dell’Alleanza atlantica. S&P ha calcolato l’impatto dell’aumento dei budget della difesa europea dall’attuale 1,9% del Pil sulla base di tre scenari: sino al 2,67% del Pil che è la media ponderata degli Stati Nato, al 3,3% che è l’attuale livello Usa, o infine al 5% suggerito di recente da Trump. Per l’Italia, il deficit pubblico passerebbe dal 3,6% del Pil atteso nel 2025 (77 miliardi circa in base ai dati 2024) al 4,8% nel primo scenario, ovvero 102,2 miliardi l’anno, 25 in più. Nel secondo scenario, il deficit salirebbe al 5,4% del Pil: 115,6 miliardi, 38,4 l’anno in più. Infine, se fosse accolta la richiesta di Trump, il deficit nel terzo scenario salirebbe al 7,1% del Pil: 151,9 miliardi l’anno, praticamente il doppio di oggi.
Poiché il Pil italiano nel 2024 è stato di 2.140 miliardi, euro più euro meno (l’Istat sta ancora limando le cifre ufficiali), una spesa militare al 5% del Pil varrebbe 107 miliardi, quasi tre volte e mezzo gli attuali 32. Una simile uscita annuale, per il bilancio dello Stato, sarebbe superiore di 15 miliardi alla spesa previdenziale 2023 (90,13 miliardi), supererebbe del 40% la spesa pubblica per l’istruzione e varrebbe oltre l’80% di quella per la Sanità, pari a 131 miliardi nel 2023. Cifre insostenibili per lo Stato se anche non fosse già in vigore (come invece è) il nuovo Patto di Stabilità europeo che nei prossimi sette anni farà scattare la mannaia sul deficit e sul debito pubblico, con un corollario di austerità.
In ambito Ue starebbe quindi guadagnando terreno l’idea di emettere debito comune per la difesa. Oltre a eventuali eurobond Ue, S&P sostiene che “la Banca europea per gli investimenti, così come il Meccanismo europeo di stabilità e il Fondo europeo di stabilità finanziaria potrebbero rappresentare strumenti iniziali per fornire finanziamenti aggiuntivi agli Stati membri”.
Ma nemmeno questa via salverebbe le finanze dei Paesi dell’Unione, avverte l’agenzia di rating: “Data la sua natura a lungo termine, una spesa per la difesa continuativa richiederà ulteriori risorse, costringendo i Paesi europei a trovare risparmi compensativi nei bilanci”.
Anche perché l’aumento della spesa militare non si tradurrebbe in un moltiplicatore del Pil, vista la frammentazione e le debolezze strutturali dell’industria europea delle armi: lo stimolo economico di ogni euro investito nella difesa sarebbe limitato, il Fisco recupererebbe solo tra i 40 e i 50 cent.
Ammesso che trovi sostenitori, l’eventuale debito comune per la difesa non farebbe poi che aumentare la competizione per la raccolta del risparmio tra Stati e operatori sovranazionali, con un aumento dei costi di finanziamento. Austerità, tagli al welfare, nuove tasse: l’aumento della spesa per le armi sarà comunque un pessimo affare per gli europei.