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Nel ‘68 disse Enoch Powell: scorreranno fiumi di sangue

di Francesco Lamendola - 24/11/2020

Nel ‘68 disse Enoch Powell: scorreranno fiumi di sangue

Fonte: Accademia nuova Italia

Il politico conservatore britannico Enoch Powell (Birmigham, 16 giugno 1912-Londra, 8 febbraio 1998), che era anche un filologo classico, un militare di professione e un consulente dei servizi segreti, nonché un ateo convertito al cristianesimo in età adulta, è stato una delle menti più lucide, per non dire profetiche, riguardo alla questione dell’immigrazione extra-europea, che, nel caso della Gran Bretagna, proveniva soprattutto dalle sue ex colonie. Quando il fenomeno era ancora agli inizi, almeno su larga scala, e quando prevalevano di gran lunga gli atteggiamenti favorevoli e buonisti, anche per ragioni di calcolo economico, egli vide e previde che la massa crescente degli immigrati di provenienza africana, asiatica e caraibica non si sarebbe affatto integrata, avrebbe causato un forte deterioramento del tessuto sociale e avrebbe infine dato luogo a fenomeni di aperta rivolta, simili a quelli causati dalle tensioni razziali nel Sud degli Stati Uniti d’America; e quindi sostenne con fermezza e notevole coraggio che il Paese, se voleva evitare tali sciagure, avrebbe dovuto restringere drasticamente i flussi migratori e salvaguardare i propri confini, per preservare il proprio futuro e la propria identità.

Oggi che Londra ha un sindaco islamico di origine pachistana, vale la pena di riportare almeno i passi salienti del famoso discorso tenuto da Enoch Powell, parlamentare e già ministro della salute, il 20 aprile 1968 al Midland Hotel di Birmingham, in cui profetizzò che fiumi di sangue sarebbero scorsi se la Gran Bretagna non avesse provveduto a fermare l’immigrazione extraeuropea; discorso che gli valse l’espulsione dal Partito conservatore per volontà del suo leader, Edward Heath, divenendo così una vittima del Politicamente Corretto ante litteram, se così possiamo dire, visto anche l’anno in cui il fatto avvenne (cit. nell’articolo di Davide Olla Il populista inglese che previde l’invasione, su Il Primato Nazionale, n. 38 del novembre 2020, p.  91):

 

La funzione principale dell’uomo politico è agire contro i mali che si possono prevenire. Cercando di fare ciò, si trovano ostacoli che hanno radici profonde nella natura umana. Una di esse è che non può essere dimostrato che certe cose rappresentano un male finché non accadono: ogni volta all’inizio c’è sempre spazio per dubitare e chiedersi se questi mali siano reali o immaginari. Per la stessa logica, esse ricevono poca attenzione in confronto ai problemi del momento, che sono pressanti e non lasciano spazio a discussioni: per questo la tentazione costante di ogni politico è quella di concentrarsi sui problemi immediati a scapito del futuro. In primis, la gente tende a confondere la previsione dei problemi con il causare i problemi o persino con il desiderare i problemi: essi amano dire: “se solo la gente non ne parlasse, probabilmente non accadrebbe”. Forse questa visione ci riporta alle superstizioni primitive secondo le quali la parola e la cosa, o il nome e l’oggetto, sono identici. In ogni caso, la discussione sul futuro sussiste ma rappresenta, nel presente, il tema meno popolare e al tempo stesso l’attività più necessaria per il politico. Quelli che si sottraggono ad essa si meritano e spesso ricevono le maledizioni di chi viene dopo di loro. (…)

In 15 o 20 anni, di questo passo, ci saranno in questa nazione 3,5 milioni d’immigrati dai paesi del Commonwealth e loro discendenti. Non sono mie statistiche, ma sono statistiche ufficiali date dal parlamento dai portavoce della segreteria generale. Non vi sono previsioni statistiche ufficiali confrontabili per l’anno 2000, ma dovrebbe trattarsi di un numero compreso fra 5 e 7 milioni, circa un decimo dell’intera popolazione, quasi la popolazione di Londra.  Di sicuro non saranno distribuiti in modo omogeneo. Da Margate ad Aberystwyth e da Penzance ad Aberdeen. Intere aree, città e parti di città in tutta l’Inghilterra saranno occupate da enclavi di popolazioni immigrate e loro discendenti. Col passare del tempo, la quota totale degli individui discendenti dagli immigrati che è nata nel Regno Unito come tutti noi crescerà rapidamente. Già nel 1985 i non-britannici nati qui saranno la maggioranza fra i non-britannici. È questo che crea l’urgenza estrema di un’azione ora, quel tipo di azione più difficile da fare per un politico, quel tipo di azione per la quale le difficoltà si trovano nel presente ma per la quale i problemi da prevenire o ridurre al minimo ci saranno fra un po’ di legislazioni. (…)

Quando guardo avanti, sono pieno di presagi; come un antico romano, mi sembra di vedere “il fiume Tevere schiumare di molto sangue”. Quello stesso fenomeno tragico ed intrattabile che guardiamo con orrore dall’altra parte dell’Atlantico, ma che è intrecciato con la storia e l’esistenza stessa degli Stati Uniti, ci sta venendo addosso qui da noi, per nostra stessa volontà ed a causa della nostra negligenza. Anzi, non è vero che ci sta venendo addosso, è già qui. In termini numerici, sarà di proporzioni americane molto prima della fine del secolo. Solo azioni decise ed urgenti lo eviteranno sin da ora. Non so se vi sarà la volontà pubblica di chiedere ed ottenere questa tipologia di azione. Tutto ciò che so è che vedere senza parlare sarebbe il Grande Tradimento.

 

Questa è la differenza fra un vero uomo politico e un cialtrone che indossa abusivamente i panni del politico la capacità di guardare in faccia le cose, di chiamarle con il loro nome, e di affrontare i problemi prima che giungano al grado di saturazione, prendendoli per tempo e disinnescando il loro potenziale distruttivo. Quanti politici europei, per non parlare del coro degli intellettuali e perfino del clero cattolico, si sono astenuti dal ripetere fino allo sfinimento il ritornello pseudo umanitario dell’accoglienza a prescindere, e hanno ripetuto, sostenuti da una intera classe di giornalisti prezzolati, che chiunque giungeva dall’Africa e dall’Asia era un disperato in fuga da guerra e fame, e che la società multietnica, che sarebbe  stata il logico esito di tale immigrazione, sarebbe stata la cosa più bella e più buona che mai l’Europa avesse visto in tutta la sua lunga storia? Quanti di loro, invece hanno avuto l’onestà intellettuale e il coraggio civile di avanzare dei dubbi, delle perplessità, dei dinieghi belli e chiari, non per un pregiudizio razzista, ma semplicemente perché consapevoli che nessuna società può subire un’onda d’urto di quelle dimensioni rimanendo integra, e senza scricchiolare e poi spezzarsi e sbriciolarsi dalle fondamenta? Venendo alla nostra Italia: cosa hanno detto, in questi ultimi trenta anni, perché non occorre andare più indietro per ritrovare un tessuto sociale ancora simile a quello di un secolo fa, a proposito dei continui sbarchi, delle continue infiltrazioni di clandestini dai varchi della frontiera nordorientale? Nulla, se non che quei poveretti avevano ogni diritto di essere accolti e ospitati: anche negando l’evidenza e cioè che oltre il novanta per cento di loro non provenivano da alcuna emergenza umanitaria, non avevano subito alcuna persecuzione nella loro patria, e perciò non avevamo il benché minimo diritto d’invocare lo status di profughi. Ma tant’è: i nostri giornalisti sono abituati a mentire, essendo quasi tutti sul libro paga dei grandi poteri finanziari; come oggi mentono, sapendo di mentire, a proposito delle vittime del Covid, e seguitano a ripetere,  sostenuti da un sistema sanitario complice di tale gigantesco inganno, che i morti di quel virus sono migliaia e migliaia, mentre ormai hanno capito anche i sassi che solo in Italia si contano come morti di Covid tutti i soggetti che sono risultati positivi al tampone (prova, peraltro, incerta e inattendibile all’80% dei casi) anche se la vera causa del decesso è da individuarsi nella somma di sindromi patologiche che avevano delineato un quadro clinico estremamente precario, aggravato dall’età avanzata e dalla debolezza delle difese immunitarie. Riconducibile, quest’ultima, proprio a quelle vaccinazioni antinfluenzali che ci vengono tanto magnificate, consigliate e sollecitate da tutti, stampa, medici, governo e amministrazioni locali, con un’insistenza degna di miglior causa. Tornando all’immigrazione di massa, quanti giornalisti ci hanno raccontato i fatti nella loro obiettività: ci hanno detto, cioè, che i clandestini non venivano “salvati” in alto mare, ma venivamo presi a bordo dalle navi finanziate da George Soros proprio davanti ai porti della Libia, mediante appuntamento telefonico tra gli scafisti e i “soccorritori”, e quindi non si trattava affatto di profughi, ma di persone che, finite nelle mani dei trafficanti di carne umana, si mettevano volontariamente nella posizione giuridica dei profughi, per sfruttare a proprio vantaggio il diritto del mare e far leva sulla compassione e il senso di colpa (inculcato, a sua volta, da decenni di cultura progressista) dei popoli europei? E quanti sacerdoti hanno avuto il fegato, come il cardinale Sarah, di dire chiaro e tondo che questo trasferimento in massa di popolazioni non era e non è un bene né per coloro che partono, né per quelli che li accolgono, e che molto più giusto e più cristiano sarebbe fare in modo che nessuno debba lasciare la sua terra, ma possa costruire un futuro per sé e per i suoi familiari nel Paese in cui è nato e in cui vive? E quanti hanno avuto il coraggio e l’onestà del cardinale Giacomo Biffi, di dire che, se proprio bisognava accettare dei flussi inarrestabili di immigrati, almeno si avesse il buon senso di dare la preferenza a quelli di religione cattolica, non per un bieco pregiudizio fondamentalista ma semplicemente perché i cattolici, come ad esempio i filippini o i sudamericani, sono più facilmente assimilabili, mentre gli islamici, in linea di massima, non lo sono affatto, per il fatto incontestabile che non vogliono saperne di assimilarsi (lo sapete che certi studenti islamici contestano la Divina Commedia perché vi si riflette la visione cristiana di Dante?), ma, semmai, modificare le usanze e le tradizioni del Paese che li accoglie, imponendo le proprie, a nessuna delle quali, neanche quelle più esteriori, come il modo di vestire, sono disposti a rinunciare? E che dire del signor Bergoglio, il quale, dal giorno in cui è stato eletto, altro non fa che intronare gli orecchi dei fedeli con la sua incessante propaganda pro-immigrazione, arrivando ad affermare, inventandosi la Storia Sacra e stravolgendo la realtà dei fatti ad uso politico, come del resto è sua costante abitudine, che Gesù era un migrante, Maria era una migrante (e una meticcia), Giuseppe era un migrante, che tutta la Sacra Famiglia era formata da migranti e che perciò accogliere i migranti  e possibilmente regalar loro la propria seconda casa (perché ha detto anche questo, precisamente nell’enciclica Fratelli tutti) è come accogliere Gesù Cristo e i suoi Genitori? Peccato che non ci sia nulla del genere nel racconto dei Vangeli; che la fuga in Egitto non fu una “migrazione”, ma un espediente necessario per sottrarre il Bambino alla furia omicida del re Erode; e che, non appena passato il pericolo, la Sacra Famiglia ritornò al proprio Paese, come è logico e come dovrebbe essere naturale per tutti quelli che realmente fuggono a causa di un’emergenza temporanea ma non vedono l’ora di poter tornare alle loro case, riabbracciare i loro cari e riprendere il loro lavoro. È evidente che anche la Chiesa cattolica, o almeno gran parte della sua gerarchia, è stata messa a libro paga dalla grande finanza: la stessa elezione di Bergoglio, preceduta dalle misteriose e traumatiche dimissioni del suo predecessore, portato via in elicottero in una scena da thriller fantapolitico, altro non è che il chiaro segnale di tale fatto ormai compiuto, con la massoneria mondiale che è riuscita ad insediare un papa secondo i suoi desideri, come da tre secoli auspicava nelle sue circolari segrete.

Bisogna riconoscere che, in un’Europa istupidita e ipnotizzata da una politica e un’informazione già interamente controllate dai poteri forti della grande finanza internazionale, la voce di Enoch Powell fu una delle pochissime che si fece sentire forte e chiara per cercar di riscuotere i dormienti dal loro sonno (un’altra fu quella del francese Jean Raspail, con il suo romanzo distopico Il campo dei santi: cfr. il nostro articolo: Rileggere Jean Raspail, profeta inascoltato, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 23/08/13 e ripubblicato su quello dell’Accademia Nuova Italia il 26/12/17). Powell ha visto che una società non può assorbire milioni di stranieri refrattari all’integrazione, senza perdere la propria identità e senza esporsi ai rischi concreti di una guerra civile. Infatti, quando gli stranieri nati nel nuovo Paese sono la maggioranza degli stranieri residenti, se in loro non si è sviluppato un sentimento di  rispetto, affezione e lealtà verso la terra che ha accolto i loro genitori o i loro nonni; se, al contrario, una parte almeno di essi cresce nella convinzione che quella è una terra straniera, una terra nemica abitata da infedeli, della quale desidera la distruzione, la conquista e la sottomissione: ebbene, a quel punto ci si trova in un drammatico vicolo cieco e nessuna soluzione pacifica sarà più possibile. Saggio perciò sarebbe stato preoccuparsi in anticipo affinché le cose non sfuggano poi di mano. Se si chiude gli occhi davanti al problema; se si continua a predicare il buonismo e l’accoglienza indiscriminata; se si vuol regalare la cittadinanza a chiunque nasca nel Paese ospitante, anche ai figli delle donne incinte venute coi barconi precisamente a tale scopo: ebbene, che cosa ci si dovrà aspettare dal prossimo futuro? Una cosa è chiara: i politici europei, e gli italiani anche più degli altri, o non hanno visto, oppure hanno visto ma hanno deciso di proseguire su questa strada, nella piena coscienza dell’esito inevitabile. In tal caso non si tratta di chiacchieroni, incompetenti e ciarlatani travestiti da uomini politici, ma di criminali, di traditori che hanno venduto la loro patria a interessi stranieri - e si sa benissimo di chi si tratti – in cambio di meschini vantaggi personali. Per una simile feccia non vi sarebbe che il processo per alto tradimento.