Occidente: la crisi che non vogliamo vedere
di Franco Cardini - 27/01/2025
Fonte: Franco Cardini
Un libro del sociologo francese Todd ne analizza la sconfitta, fatta di impoverimento economico e culturale. Eppure i media danno spazio quasi solo a chi ne esalta i successi.
“Ci vada Lei, a vivere a Mosca!” (oppure, a scelta: “A Pechino!”, “A Teheran!”, eccetera: e così via blaterando). Era da quando ancor giovanissimo, una sessantina di anni or sono, prendevo parte a certi accesi dibattiti politici al tempo della “Guerra Fredda”, che non mi capitava più di esser oggetto di sragionamenti del genere. Oggi però, rispetto ad allora, il livello culturale degli interlocutori si è nella sostanza abbassato, ma esponenzialmente cresciute sono in cambio la superbia e l’arroganza.
L’operaio o il piccolo commerciante che sfidavano interlocutori magari più preparati di loro avevano magari solo la licenza elementare, ma leggevano i giornali, assistevano attenti ai dibattiti televisivi ed erano insomma seriamente impegnati in politica: oggi càpita di dover sopportare gli attacchi di un analfabeta provvisto magari di laurea ma del tutto impreparato e imbottito in cambio di slogan televisivi: e che immagina una Mosca del nostro tempo come ancora poststalinista con le tessere annonarie e i poliziotti che ti spiano mentre immagina invece il “nostro Occidente” (magari a dispetto della sua stessa diretta esperienza) come un Bengodi pieno di luccicanti negozi e di villette provviste di piscina. Nessuno si vede nei panni del migrante sul gommone, o del giovane disoccupato, a regime di “lavoro nero”, o dell’inquilino di slum e banlieux. Eppure sentiamo ormai tutti che la crisi ci minaccia da vicino, che il progressivo impoverimento di masse sempre più ampie di cittadini e di conseguenza la sperequazione diffusa sono ormai alle porte, che alla miseria socioeconomica corrisponde sempre di più il diffondersi della miseria morale e intellettuale.
Queste riflessioni sorgono dalla lettura del volume dello storico e sociologo francese Emmanuel Todd, La sconfitta dell’Occidente (Fazi, pagine 360, euro 20,00). I segnali d’allarme si moltiplicano. La sensazione diffusa che il nostro mondo “occidentale” sia stretto tra una crescente avidità di beni e di comfort e una desolante vuotezza di valori e di prospettive cui ambire sta ormai traducendosi in un malessere e in un disorientamento palpabili. Già lo denunziava lucidamente Benedetto XVI nella sua celebre omelia di monaco di Baviera, l’11 settembre 2006: “Le popolazioni dell’Africa e dell’Asia ammirano le nostre prestazioni tecniche e la nostra scienza ma al contempo si spaventano di fronte a un tipo di ragione che esclude totalmente Dio dalla visione dell’uomo ritenendo questa la forma più sublime della ragione, da imporre anche alle loro culture”. Un personaggio di Michael Ende, oggi protagonista dell’affollata periodica kermesse di un partito della maggioranza di governo, Atreju, conosce come suo motto programmatico la lotta “contro il Nulla che avanza”: eppure è proprio il Nulla consumistico che sembra trionfare anche in quella manifestazione e nella sfilata delle sue vedettes.
Anche in Italia ebbe molto successo, una quindicina di anni fa, il libro di un sociologo docente in Australia ch’era una requisitoria durissima contro l’ascesa orgogliosa e la rovinosa rovina di quell’umanesimo che ha costruito la civiltà occidentale moderna come liberazione dell’individuo e delle sue passioni sempre ammantate di “diritti” unilaterali, come affermazione di diritti universali che si sono andati nella pratica sempre più pericolosamente restringendo, come miraggio di una prosperità diffusa che ormai esiste solo nel delirio della propaganda mediatica. John Carroll è il nome di quello studioso e Il crollo della cultura occidentale è il titolo italiano del suo best seller circolato da noi nella gelida indifferenza di quegli stessi media che viceversa hanno tributato lodi e onori ai libri di Federico Rampini: Oriente Occidente (Einaudi 2021), fondato sulla dicotomia tra felice individualismo “occidentale” e spaventosa massificazione “orientale”, e soprattutto lo squillante Grazie, Occidente! Tutto il bene che abbiamo fatto (Mondadori 2024).