Pandemia e segregazione
di Adriano Segatori - 08/05/2022
Fonte: Italicum
1) La pandemia e la segregazione forzata di sani e malati ha dato luogo ad una emarginazione di massa. Pertanto si è determinata l’equiparazione tra sanità e malattia. La conseguenza più evidente di tale regime di reclusione è la disgregazione della vita sociale. Ma questo stato di isolamento coercitivo non conduce alla decomposizione progressiva della coscienza individuale e a un graduale decadimento psicofisico che, anziché preservare la salute, determina il venir meno delle difese immunitarie naturali, predisponendo l’individuo a contrarre patologie di ogni genere?
Ormai è accertato – per precisa e indiscutibile ammissione da parte del Comitato Tecnico Scientifico – che le chiusure domiciliari, il coprifuoco notturno, le limitazioni degli spostamenti non sono serviti a niente. Quindi, un’altra domanda è inevitabilmente associata a questa confessione: perché applicare queste norme, e non solo queste, di nulla efficacia sanitaria?
La risposta è condivisa anche dalla professoressa Barbara Stiegler dell’Università di Bordeaux-Montaigne: <<le decisioni del governo non sono mai state guidate da una reale preoccupazione per la vita e per la salute>>. In Francia, come da noi, le prescrizioni hanno avuto soltanto uno scopo politico, quello di riorganizzare l’esistenza del popolo nelle sue relazioni interpersonali e sociali. Basti pensare alla totale inutilità delle mascherine all’aperto, per diretta ammissione di due importanti rappresentanti della salute pubblica. Infatti, già Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria, e lui stesso membro del CTS, aveva affermato: <<Non siamo in grado di dimostrare l’utilità di questo strumento…L’obbligo all’aperto è un richiamo. Non importa se scientificamente ha senso oppure no>>. A questi si associa Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’OMS e pure componente del CTS: <<Teoricamente non servirebbe all’aperto…ha il valore di un simbolo di allerta>>.
<<Richiamo>> e <<simbolo>>: due strumenti di riconoscimento (del potere) e del controllo (della sottomissione).
Che poi, individualmente, tutti i provvedimenti messi in atto abbiano determinato – e continueranno a comportare – gravi ripercussioni sulla sfera psichica delle persone, soprattutto sui bambini e sugli adolescenti, è un effetto indifferente per il sistema, che si lava la cattiva coscienza istituendo centri psicologici di ascolto e di sostegno.
L’obiettivo era ed è quello di decostruire i legami sociali, disattivare ogni potenziale rischio di aggregazione, riprogrammare le attività quotidiane – scuola, lavoro, tempo libero, vacanze – secondo nuove norme e diversi propositi. Una nuova realtà fino ad oggi neppure immaginata.
2) La virtualità mediatica ha imposto una narrazione univoca della crisi pandemica. I media, con la martellante diffusione di allarmi sociali ed emergenze sanitarie, più che erogare informazione hanno instaurato una sorta di dominio emotivo sulla psicologia di massa. La percezione emotiva dei fatti si è imposta alla realtà. Il dominio delle coscienze si impone con la repressione e con la prefigurazione di un nemico, con la rappresentazione mediatica di un nemico irriducibile, di un male assoluto. Si è creato un anti – tipo umano come nei totalitarismi del ‘900, individuato nel no – vax, populista, terrapiattista… untore, suscitando l’odio collettivo, con relativa emarginazione e persecuzione del dissenso. Questo stesso conformismo di massa, generatore di odio sociale, non si è riprodotto nel contesto della attuale crisi russo – ucraina, con la criminalizzazione di Putin e la diffusione di una russofobia antistorica e persecutoria tipica della “cancel culture”?
Il Governo ha condotto una strategia che bisogna riconoscere di grande intelligenza – malefica, ma pur sempre astuta – per ridurre al massimo le difese cognitive e scatenare al massimo le risonanze emotive. Un vero e proprio lavaggio del cervello i cui risultati sono tuttora riscontrabili nella diffusione dei portatori di mascherine e nella generalizzata assenza di dubbi e di sospetti. C’è chi ha parlato – giustamente – di “lockdown cognitivo”, definendo quel fenomeno di annebbiamento, di allagamento della parte razionale, che comprende il senso critico, l’esame di realtà e la capacità di giudizio. E tutto è avvenuto con una tecnica di pressante e pervasiva induzione della paura. A questo punto, è stata posta in essere una seconda tattica, che alcuni decenni era individuata nella perversa formula “avanti al centro contro gli opposti estremisti”, e che in termini pratici significava dividere il popolo tra due fazioni antagoniste, mentre il potere perseguiva i propri scopi indisturbato. Nel caso della pandemia, c’è stata una separazione conflittuale tra i cittadini di serie A, buoni, responsabili, rispettosi del sistema e sottomessi alle sue intimazioni, e quelli di serie B, cattivi, irresponsabili, indisciplinati e resistenti alle prevaricazioni insensate. La terza fase – in una riduzione più comprensiva del complesso problema – è stata caratterizzata dalla procedura punitiva: dalle multe, alla censura mediatica, all’impedimento lavorativo, alla sospensione da parte degli Ordini professionali. Un’escalation persecutoria che non ha precedenti nella storia del Paese.
Quando poi, per ovvie condizioni cliniche, la già sospetta epidemia doveva necessariamente concludersi, è subentrata l’“emergenza guerra” per la questione Ucraina, dimostrando – aldilà di ogni ragionevole dubbio – che, dal 2020 ad ora, tutto il meccanismo di regime rientrava in un progetto di ristrutturazione politico-economica, che niente aveva a che vedere con il problema della salute pubblica subdolamente invocato.
Sono più di due anni che l’Italia è in un continuo stato di emergenza con la sospensione dei diritti civili e politici, con un sistema democratico esautorato da ogni autorità e nel quale il potere esecutivo ha soppiantato quello legislativo grazie alla completa carenza di quello giudiziario. Per dirla in termini di filosofia politica, non c’è stata una “dittatura commissaria”, ma il popolo sta subendo una vera e propria “dittatura sovrana”. Un esempio chiarirà queste due diverse condizioni. Il famoso Cincinnato, studiato a scuola, rappresenta il primo paradigma: di fronte ad una crisi, ad una situazione anomala o pericolosa, lo Stato sceglieva una persona significativa capace di risolvere il problema – il tempo massimo era sei mesi – per riportare il quadro politico e sociale all’equilibrio e all’armonia precedente. Il secondo paradigma può senza dubbio essere rappresentato da Mario Draghi (e non solo lui), il cui mandato non è stato quello di affrontare la crisi pandemica e riavviare lo Stato, ma di smantellare completamente il sistema per perseguire un Nuovo Ordine inserito nel Grande Reset della ristrutturazione globalista.
3) L’isolamento coatto introdotto nella società con la crisi pandemica ha condotto alla individualizzazione del lavoro, dell’istruzione, dei trattamenti sanitari. Con la disgregazione della vita sociale si è determinata anche l’invasione per via informatica della sfera personale dei cittadini, non sussistendo più alcuna barriera tra pubblico e privato, lavoro e intimità familiare. Lavoro, istruzione, sanità, fabbisogni personali sono governati da piattaforme tecnologiche invisibili. I rapporti interpersonali sono mediati dalla virtualità tecnologica. Questa nuova dimensione immateriale della natura sociale dell’uomo, non condurrà a trasformazioni antropologiche che comporteranno “la liberazione non dell’uomo ma dall’uomo”?
A distanza di due anni, il Comitato Tecnico Scientifico ammette – in una confessione che avrebbe dovuto scatenare una inchiesta giudiziaria di proporzioni indescrivibili – che tutte le disposizioni messe in atto in questo periodo, dal distanziamento all’obbligo di dimora, dalla chiusura domiciliare al coprifuoco notturno, sono state iniziative assolutamente inutili dal punto di vista sanitario. Quindi, a buona ragione, da ritenersi di carattere puramente politico, perciò illegali, persecutorie e lesive.
Certo è, che sotto l’aspetto della strategia politica in corso, sono stati dei provvedimenti in perfetta sintonia con il nuovo ordine mondiale che si intendere raggiungere. L’infantilizzazione della vita pubblica e privata delle persone, la loro suddivisione antagonista tra buoni e cattivi, la colpevolizzazione dei cittadini scaricando su questi la negligenza in fatto di salute deresponsabilizzando i fautori di anni di distruzione della sanità pubblica, la criminale esortazione alla delazione e all’omertà, sono stati tutti elementi indispensabili al riassetto degli stessi legami interpersonali e delle relazioni comunitarie. Il confinamento domestico – dalla scuola al lavoro – serviva a disarticolare ogni forma di vita sociale e di aggregazione, in nome di un equivoco e poi confermatasi infondato pericolo di contaminazione.
Il progetto mondialista di Schwab, di Soros e delle menti perverse di Davos prevede una progressiva digitalizzazione di ogni settore della società – educazione, lavoro, salute – in modo da confinare il singolo individuo nel proprio spazio domestico, depredando la stessa di ogni forma di socializzazione e di qualunque esperienza comunitaria, pena l’accusa, in caso di trasgressione, di essere agente di contaminazione. L’obiettivo è più che evidente: scongiurare il più possibile le occasioni di incontro e di confronto collettivo, al fine di disinnescare anche la più lontana ipotesi conflittuale contro il potere e il sistema. In più, attraverso l’uso obbligatorio di applicazioni tecnologiche di cui il Green Pass è solo uno tra i primi degli strumenti possibili, monitorare in maniera orwelliana la popolazione fino nella sua più intima fibra, controllando i cittadini sui loro gusti, sulle loro abitudini, sui loro spostamenti, sulla loro economia – sulla vita, insomma – in un ulteriore passo di una vera e propria mutazione antropologica prevista dal progetto transumanista. Non liberazione dell’uomo, come i tenutari del potere intendono farla passare, ma una vera e propria liberazione dall’uomo, dalla sua soggettività, dalla sua peculiarità, dalla sua stessa umanità.
4) Con la pandemia si è affermato un totalitarismo sanitario in cui gli eventi naturali quali la nascita, o l’invecchiamento sono equiparati a stati patologici e soggetti a prevenzione sanitaria. La vita sociale sarà pertanto soggetta alla medicalizzazione della intera società. La medicina, intesa come ars medica, non si trasformerà in una procedura algoritmica? La tecnologia, assumendo il dominio e il controllo della società, assurgerà nei fatti a nuova religione dell’era postmoderna? L’anelito alla trascendenza connaturato nell’uomo come essere mortale, non viene sostituito dalla aspirazione alla sopravvivenza? All’escatologia della salvezza dell’anima non subentra il primato della salute corporea? La vita umana intesa come bios, non diviene mera zoé, cioè da una vita solamente fisiologica, con relativo dominio mediatico delle coscienze, già appannaggio della religione?
“La medicina è un’arte, che si avvale degli strumenti tecnici reperiti dalla scienza, e che agisce in un mondo di valori”. Questa è una delle più classiche e mirate definizioni della medicina per come finora l’abbiamo conosciuta. La trasformazione nella modernità e nella post-modernità è stata evidente: i valori hanno determinato mete e indirizzi di carattere puramente meccanico – iatromeccanico –, mentre la scienza si è fatta sempre più sofisticata e la tecnica è subentrata nello stesso rapporto medico-paziente riducendolo a prestatore d’opera e cliente – tecnocrazia. C’è da dire che comunque si è creato un vincolo di complicità tra i due attori sanitari, grazie a quello che Lucien Sfez ha chiamato “Il sogno biotecnologico”: “Oggi non è più dall’alto, da Dio, dallo Stato, che viene la ragione. Non è neppure dal basso, dal popolo, dalla nazione che vengono i lumi. Tutto deriva oggi dalla scienza, e cioè da ogni parte, senza controllo, dai grandi laboratori istituiti da scienziati”.
In questa “euforia pandemica” si è vista una vera e propria mutazione terminologica, epistemologica, e quello che per la medicina era un “portatore sano” è diventato un “malato asintomatico”: una perversione di paradigma. Là dove c’era un soggetto accettato in buona salute, adesso c’è un possibile infetto respinto perché possibile untore. Una vera e propria metamorfosi cognitiva e percettiva.
Se a questo cambiamento ci aggiungiamo il terroristico apparato informativo con notizie taroccate, dati contraffatti, verità occultate, interpretazioni manipolate ed altre tattiche di condizionamento di massa, la stessa concezione della vita è stata sovvertita. È stata artatamente insinuata nelle menti delle persone la paura pervasiva della morte, tanto che, come ha detto qualcuno, all’angoscia della morte si è innescata l’angoscia stessa di vivere. La vita non è più un’unica ed irripetibile esperienza terrena da rendere degna di un progetto, di un desiderio, con tutti i rischi e le incognite dell’impresa, ma solo una ricerca ovattata e protetta della mera esistenza biologica.
E in questa ricerca sta tutto l’obiettivo del potere: condizionamento della massa, esasperazione dell’egoismo individualista, rinuncia ad ogni volontà di cambiamento, depotenziamento del minimo spirito di rivolta, assuefazione ad ogni tipo di provvedimento, addomesticamento generalizzato. Ma l’accettazione delle tutele proposte dal sistema per mantenersi in quella che Agamben definisce come “nuda vita” biologica presenta dentro di sé un pericolo incommensurabile, ben focalizzato da Jünger: “[…] il grande rischio è che l’uomo confidi troppo in questi aiuti e si senta perduto se essi vengono a mancare. Ogni comodità ha il suo prezzo. La condizione dell’animale domestico si porta dietro quella della bestia da macello”.
Una predisposizione già testata nella sperimentazione generale del non vaccino.
5) È significativa la domanda posta da Slavoj Žižek: “dove finiscono i fatti e dove comincia l’Ideologia?”. È come dire che il confine tra mondo reale e virtualità è ormai indistinguibile. In questo contesto postmoderno, non è stata delegittimata anche la verità scientifica, in quanto essa può sussistere nella misura in cui si rivela compatibile con l’ideologia dominante? Si definisce il secolo XXI° come un’epoca post – ideologica. Ma in realtà l’ideologia economicista neoliberale ha stravolto i fondamenti della realtà storico – sociale del nostro tempo, fino a sostituirsi ad essa. L’ideologia neoliberista non emerge dalla realtà storica, ma si sovrappone ad essa. Con questo nuovo totalitarismo sanitario, non abbiamo assistito ad una trasposizione dei dogmi della scienza economica neoliberista alle branche del sapere già di pertinenza della scienza e della medicina?
La fine delle ideologie è stata ed è una trappola del sistema già denunciata da Aleksandr Zinov’ev quando descrive il mondo utopico nel quale il trucco è di diffondere un’ideologia che proclami la fine delle ideologie. Un’utopia che si è avverata. Finite le grandi ideologie del Novecento – Comunismo, Fascismo e Nazionalsocialismo – il destino è finito in mano al monopolarismo finanziario, al pensiero unico globalista, alla gestione di un programmato governo mondiale.
Il sogno – meglio, l’incubo – prospettato da Kalergi si sta progressivamente concretizzando. Un rimodellamento del mondo e della realtà completamente nuovi e opposti alla nostra conoscenza fino ad ora vissuta. Un sistema liquido, per dirla alla Bauman, senza popoli e identità; una confusa massa amorfa e indifferenziata dominata da una élite finanziaria transnazionale; una mescolanza anarchica di sessualità perversa e di pulsioni immorali; una proletarizzazione diffusa senza le qualità del proletariato ed una classe medio - borghese degradata al livello della sussistenza. Niente frontiere, né differenze monetarie – forse un paio – e comunque tutte digitalizzate ed elettronizzate. Anche il governo mondiale sarà digitalizzato – lo conferma Klaus Schwab, che afferma come “i governi devono altresì acquisire consapevolezza che è in atto una transizione del potere decisionale da attori pubblici a soggetti privati e da istituzioni consolidate a network spesso non ben definiti”. Un sistema di potere fantasma che stravolgerà il senso del lavoro, l’idea di educazione, la struttura societaria: tutto già ben avviato con il lavoro a domicilio, la didattica a distanza e la distruzione della famiglia.
Quindi, il dominio della finanza, in perfetta collusione con la tecnocrazia, sta attuando il Nuovo Ordine Mondiale, con la sovrintendenza della teologia transumanista, con buona pace dei cultori del buonismo globalista e del pacifismo meticcio.
È chiaro che la pandemia, come più volte ripetuto in vecchi documenti dei ben noti frequentatori di Davos e dintorni, è stata la grande opportunità – fortuita o creata ha poca importanza – per accelerare un piano mondiale già studiato per strategia e per tattiche. La stessa considerazione vale per il conflitto russo-ucraino – anche in questo caso, accidentale o calcolato è irrilevante – come l’ultimo tentativo di eliminazione di ogni alterità e di riduzione qualunque vitale complessità ad un unico deserto di corpi e di anime.
a cura di Luigi Tedeschi