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“PandMedia”. Il uovo paradigma di governo globale

di Zory Petzova - 12/09/2020

“PandMedia”. Il uovo paradigma di governo globale

Fonte: Comedonchisciotte

L’approccio comparativo fra la pandemia attuale e le epidemie dell’ultimo ventennio permette non solo di visualizzare meglio l’attuazione di un nuovo modello di governo sociale, ma di rilevare alcune incongruenze tecno-scientifiche sostanziali anche se poco conosciute che confermano il carattere a-tipico della pandemia, che forse sarebbe più congruo chiamare, appunto, “PandMedia”.

I) Nell’esperienza globale di recente ma breve memoria, l’attuale situazione pandemica si era già verificata 10 anni fa, con le stesse identiche modalità, ma con una importante differenza- gli stati non erano ancora preparati ad accogliere i suggerimenti di una nuova strategia politica, per cui l’impatto mediatico non è stato così forte e incisivo da assumere il ruolo determinante nella ‘diffusione del virus’ e, di conseguenza, nel condizionamento comportamentale dell’intera società.

L’influenza suina, dichiarata pandemica nel mese di giugno 2009- per cui da annoverare come la prima pandemia del secolo, aveva creato tutte le premesse per mettere in campo le prime radici di un nuovo paradigma di governo, salvo poi la stessa reperibilità del virus A-H1N1. Nella sua attuazione, la pandemia della Covid19 è riuscita a correggere questo ‘errore’ e a confermare che tali tentazioni non erano solo aspirazioni, ma potevano diventare molto efficienti, a condizione di un’adeguata comunicazione mediatica, dove a livello semantico dovevano essere inseriti e ribaditi nuovi concetti e categorie di dubbio fondamento scientifico (come quello degli asintomatici contagiosi), in modo da prolungare l’emergenza anche in assenza di un patogeno virulento. Con un unico sconveniente- che nel campo della verifica empirica, nonostante tutte le precauzioni, si sono rivelati degli schiarimenti ‘nemici’, non solo fra gli scienziati eretici già squalificati dalla vulgata officiale, ma anche fra esponenti accreditati dai media che, pur appartenendo all’establishment medico-sanitario, non hanno esitato a dimostrare lealtà e onestà intellettuale.

Tornando al periodo 2009/10, siamo in tempi in cui organi specialistici come The British Medical Journal possono ancora permettersi di accusare la OMS per aver dichiarato una pandemia sotto le pressioni delle case farmaceutiche per fare aumentare i loro profitti, ma anche in tempi in cui il Parlamento europeo e altre istituzioni EU, come la Commissione sanità del Consiglio d’Europa, possono ancora fare inchieste e avanzare altrettante accuse di “falsa pandemia”. Questa è stata la posizione del presidente della Commissione sanità di allora- il tedesco Wolfang Wodarg, secondo cui “per promuovere i loro farmaci brevettati e i vaccini contro l’influenza, le case farmaceutiche hanno influenzato scienziati e organismi officiali, competenti in materia sanitaria, e così allarmato i governi in tutto il mondo: li hanno spinti a sperperare le ristrette risorse finanziarie per strategie di vaccinazioni inefficaci e hanno esposto inutilmente milioni di persone al rischio di effetti collaterali sconosciuti per vaccini non sufficientemente testati.” (W. Wodarg ha mantenuto la stessa posizione anche nel contesto dell’attuale pandemia, ma oggi la compattezza ideologica delle istituzioni europee è molto maggiore e, inoltre, il neo concetto di “negazionismo”, usato anche nei suoi confronti, ha dimostrato un’ineccepibile efficacia nella squalifica di ogni dissenso, senza alcuna possibilità di un oggettivo dibattito istituzionale, né a livello europeo, né al livello nazionale.)

Durante l’emergenza della pandemia suina, i funzionari della OMS per conto del governo tedesco calcolano uno spostamento di risorse finanziarie verso le case farmaceutiche che ammonta a circa 18 miliardi di dollari, ottenuto sulla scia di previsioni catastrofiche che stimano gli imminenti decessi da un decimo a un terzo della popolazione mondiale, quando l’epidemia suina si rivela molto più innocua dell’influenza (per la durata di nemmeno un anno causa 18 449 decessi su scala mondiale), ma l’allarme non viene solo dagli Usa dove, insieme a Messico, c’è l’epicentro dell’influenza, bensì anche da paesi come Francia, Danimarca e Giappone che stimano il nuovo virus come molto pericoloso. Anche se l’influenza suina non è una novità in termini di infondato catastrofismo previsionale, visti i precedenti sia dell’epidemia di aviaria del 2005/06 (con enormi stoccaggi di vaccini rimasti inutilizzati) che quella della Sars del 2002/03 (emarginatasi spontaneamente), ciò non impedisce ai governi di spendere ingenti somme di denaro pubblico per accaparrarsi i nuovi vaccini. (In Italia, dove si contano 229 vittime, questo compito spetta al governo Berlusconi, con una spesa di circa 184 milioni, stipulata con Novartis: contratto giudicato dalla Corte dei Conti “troppo penalizzante per gli interessi sanitari nazionali”, il che è un mero eufemismo.)

E’ curioso sapere che la direttrice della OMS di quel periodo è la cinese Margaret Chan che, sfidata dagli attacchi rivolti alla sua organizzazione, dichiara che “l’attuale pandemia sarà usata come arma contro i sistemi che governano i mercati finanziari, l’economia e i commerci internazionali”, preannunciando quella che sarebbe diventata la configurazione di una nuova governance sovranazionale, con le nuove linee guida riassunte qualche anno dopo in modo ineccepibile da Patrick Zylberman (“Tempetes microbiennes”, anno 2013) nei seguenti tre punti: 1) costruzione, sulla base di un rischio possibile, di uno scenario fittizio, in cui i dati vengono presentati in modo da permettere azioni di governo come in caso di emergenza (ossia- superamento di diritti costituzionali e procedure democratiche); 2) adozione della logica del “peggior caso” come regime di razionalità politica (ossia- propaganda della paura come costante condizione psicofisica per far accettare qualsiasi governo); 3) rafforzamento dell’integrità sociale attraverso l’adesione a un modello di civismo superlativo, dove gli obblighi imposti vengono presentati come prove di altruismo e dove il cittadino non ha più il diritto alla salute (health safety), ma l’obbligo alla salute (biosecurity), ossia- omologazione e controllo sociale. Paradossalmente, proprio nel momento in cui la OMS perde credibilità internazionale, essa assume apertamente il ruolo di imposizione del nuovo paradigma, dichiarando arrogantemente che, da quel momento in poi, per annunciare una pandemia non sarà più necessario che essa sia ad alto rischio di mortalità. In altre parole- la dichiarazione di una pandemia sarà una prerogativa politica, e non più una decisione basata su parametri e valutazioni sanitari.

II) A livello di dati statistici e tecnici, nella gestione delle precedenti epidemie, fortunatamente, il numero delle vittime non è stato manipolato e falsificato, così come non è stata distorta la presentazione delle rispettive dinamiche epidemiologiche, reperibili da fonti officiali, il che ci permette quantomeno di poter fare dei confronti con la situazione attuale, confronti da quali possono scaturire tante domande e altrettante perplessità. Come confermato dalle stesse dichiarazioni da parte di cariche istituzionali come il governatore Luca Zaia, per l’attuale pandemia sono stati adottati (imposti) nuovi criteri di conteggio- sia dei malati, dove con il termine “casi” vengono indicati anche gli asintomatici positivi al tampone (test tecnicamente non raccomandabile a fini diagnostici), sia dei decessi, dove chiunque deceduto positivo al test viene dichiarato vittima del Covid, ma sembra che dietro quei nuovi criteri sia stato messo in opera il vero amplificatore dei numeri della pandemia, ossia- gli incentivi di un maggiore accredito di spesa sanitaria agli ospedali per ogni malato di Covid.

Dato che il virus ritenuto responsabile della malattia pandemica Covid è stato iscritto allo stesso genogruppo del già conosciuto Sars-Cov-1, sarebbe interessante sovrapporre alcuni dati che riguardano le due epidemie e i rispettivi agenti virali. Anche l’epidemia della Sars (2002/03) inizia in Cina, probabilmente a novembre, rintracciata grazie a un sistema di allerta elettronico del network adoperato dall’OMS che è in grado, in base a parole chiave usate comunamente nelle richieste di aiuto medico, di individuare eventuali focolai influenzali. E’ strano che questo sistema non sia stato adoperato anche nel caso dell’insorgenza dell’epidemia a Wuhan, ufficialmente stimata a dicembre 2019, visto che su questo aspetto della vicenda nel mese di maggio 2020 è stata pubblicata una ricerca della Harvard Medical School of Boston, svolta in modo retrospettivo, da quale ricerca, in base a immagini satellitari, rintracciabilità algoritmica di messaggi di richiesta d’aiuto e esame dell’occupazione ospedaliera risulta inequivocabilmente che la situazione sanitaria a Wuhan era insostenibile in termini di epidemia già fra l’agosto e l’ottobre 2019.

Nell’autunno del 2002 l’allerta iniziale da parte dell’OMS, presieduta a quei tempi dal norvegese Brundland, non viene accolta dal governo cinese, per cui ci vogliono diversi mesi di pressione affinché ufficiali internazionali possano investigare l’emergenza sul luogo: si tratta degli ospedali militari di Pecchino che vertono in condizioni di notevole precarietà. (Tali ispezioni internazionali sul luogo di insorgenza, dovute per protocollo, non sono state richieste dalla OMS presieduta da Tedros nel caso dell’epidemia di Wuhan). Il Sars-Cov-1 si diffonde principalmente in Cina, Hong Kong, Taiwan, Canada, Singapore e Vietnam, essendo quest’ultimo il paese dove il virus viene isolato (nell’ospedale universitario di Hanoi) dal microbiologo italiano Carlo Urbani che, infettandosi, adopera i propri campioni per identificare la minaccia e comunicarla al governo locale e alla OMS, facendo giusto in tempo per delineare i protocolli di contenimento dell’epidemia prima di diventare lui stesso una vittime della Sars. I protocolli prevedono isolamento e quarantena per gli infetti e controllo dei sintomatici sospetti. Nessun lock down in nessun luogo è stato messo in pratica, solo brevi chiusure delle scuole a Singapore e a Hong Kong. E qui sorge la domanda: perché, nonostante i riconoscimenti internazionali e gli attestati di eccellenza etico- professionale conferiti post mortem al medico italiano, tali protocolli non siano stati adottati come misure standard anche nell’occasione dell’ultima pandemia, iniziando dal luogo della sua insorgenza? Perché attraverso un lock down postdatato e molto rigido è stata costretta alla privazione della libertà anche la popolazione sana?

A questo punto sarebbe interessante fare una comparazione tecnica fra il Sars-Cov-1 e il Sars-Cov-2, vista la parentela fra i due. Il Sars-Cov-1 viene isolato e sequenziato, e successivamente iniettato su cavie di mammiferi, dopo di che in base ai risultati ottenuti lo studio conclude di aver soddisfatto i postulati di Koch (lo studio è visibile sul sito di Nature), mentre lo studio che riguarda l’identificazione e il sequenziamento del Sars-Cov-2 (pubblicato su New England Journal of Medicine il 24 gennaio 2020) appartiene a un istituto di ricerca cinese, dove sono gli stessi autori a concludere che lo studio non soddisfa i postulati di Koch; ancora meno soddisfa i postulati di Evans, il che significa che, stando al paradigma scientifico del nesso causale microrganismo-malattia, si potrebbe affermare che il Sars-Cov-2 non può essere ritenuto la causa primaria, e ancora meno quella esclusiva, della malattia chiamata Covid19. Inoltre, le foto dell’osservazione del virus sotto microscopio (visibili nel documento dello studio) aumentano la perplessità, perché, stando alla spiegazione di esperti, le immagini, ricavate da una sezione di tessuto, e non da una coltura cellulare (trattandosi di un microorganismo non isolato), mostrano delle particelle tondeggianti, indicate come identificative del Cov-2, che però hanno delle dimensioni inferiori rispetto agli standard dei Corona virus (100nm rispetto a un range di 120-160 nm) stabiliti dal Comitato internazionale per la tassonomia dei virus. I corona virus si distinguono proprio per questo- che la loro dimensione è straordinariamente grande per un virus a Rna, quindi il nuovo coronavirus sars-cov-2 non dovrebbe essere un’eccezione. Come mai lo è?

C’è un altro dato comparativo ancora più curioso, quello del fattore R0- l’indice di contagio di un patogeno. I modelli scientifici hanno stabilito un nesso inverso fra contagiosità e tasso di mortalità, nel senso che più un virus risulta contagioso, meno viene la sua incidenza letale, e viceversa. Il R0 attribuito al Sars-Cov-1 è di 2,8, sceso in seguito a 2, mentre quello iniziale del Sars-Cov-2 è stato stimato a 2,6, sceso successivamente nel mese di maggio a “0 virgola” (a secondo della regione), ma stranamente fin dall’inizio della pandemia il nuovo Cov-2 viene narrato dai media come più contagioso (il che stando ai dati non è vero, anzi, lo è di meno) ma meno letale del Sars-Cov-1. E qui nasce la domanda: se il Sars-Cov-1, senza l’adozione di lock down, è riuscito a diffondersi nel tempo di un anno (da novembre 2002 a novembre 2003) in 26 nazioni del mondo, contagiando più di 8000 persone e facendo circa 800 di morti, perché il Sars-Cov-2 in pochi mesi aveva abbondantemente superato tali numeri? Dovrebbe, quantomeno, essere meno mortale del Cov-1, ma come mai, nonostante le severissime misure di lock down e accanimenti preventivi su asintomatici positivi, risulta enormemente più diffuso, ma anche molto più letale? Secondo quale modello scientifico o epidemiologico? Inoltre, al Sars-Cov-2 viene attribuito un periodo di incubazione doppiamente più lungo rispetto al Sars-Cov-1 (fino a 14 giorni contro 4-7), il che dovrebbe ritardare ulteriormente la diffusione del nuovo virus, e non viceversa.

Non è chiara nemmeno l’identificazione sintomatologica della malattia Covid19, in quanto sembra che si basi sulla somma dei sintomi presenti in malattie già esistenti, e che non abbia nemmeno un corredo sintomatico che la possa contraddistinguere da altre influenze e polmoniti in modo inconfondibile ed esclusivo, tanto è che l’unico studio prodotto per definire il Modello Covid-19 (da parte di Department of Biological Science, University of Southern California, pubblicato su Frontiers nel mese di agosto) impiega complicatissimi modelli comparativi e algoritmi matematici per elaborare la lista dei primi 4 sintomi, concludendo che non rappresentano una costante e che ci sono larghi margini di soggettività. Fin ora a nessun’altra malattia virale, pur di impatto globale, è stato attribuito un tale grado di soggettività, e a nessun virus- tanta capacità di mutamento, fino ai massimi del relativismo scientifico, tanto da far escogitare da parte di alcuni esperti l’idea che, per capire come si comporta questo ‘misterioso’ virus, bisogna adottare un approccio personalizzato a ogni singolo caso attraverso studi genetici. Ma una tale soggettività genetica come può essere compatibile con la campagna pressante di vaccinazione obbligatoria di massa, quando nemmeno per il Sars-1, dove almeno è stato ottenuto l’isolamento del virus e stabilito un nesso causale con la patologia, si è potuto creare un vaccino?

Alla fine, la comparazione fra l’epidemia Sars e la pandemia attuale non può esimersi dal confronto fra l’eccellenza etico-professionale dell’medico e scienziato Carlo Urbani e le mezze figure di scienziati ed esperti che dominano il discorso mediatico da mesi, diffondendo contraddizioni e falsità ‘scientifiche’ per coprire le gravi incongruenze fra evidenze empiriche e narrazione mediatica. Che le dinamiche di questa pandemia non siano del tutto “naturali”, ma conformi a un paradigma di governo sovranazionale e anti democratico, promosso per via mediatica, lo dimostra anche il fatto che la nuova emergenza non è stata affrontata con lo spirito di collaborazione e di solidarietà fra scienziati ed esperti nazionali, che dovrebbero essere uniti per la causa comune invece di essere divisi dalla discriminazione mediatica (e quella delle carriere), per non parlare dello spirito dell’agire politico, con un lunghissimo elenco di dichiarazioni e di azioni che provano la corruttibilità e la mala fede di un governo già problematico di fondo. Usando un neo concetto molto in uso in questo periodo, si potrebbe dire che il vero negazionismo è quell’atteggiamento che rifiuta di porsi delle domande su cose evidenti, ma oltre tutto quello che nega a priori l’esercizio della ragione critica. Purtroppo ogni confronto con chi, per vari motivi, nega l’esercizio della ragione critica è una causa persa in partenza.

Zory Petzova, di origini bulgare, si considera un’emigrata del comunismo, anche se è venuta in Italia un po’ dopo il suo crollo, nel ’93. Laureata in Scienze Politiche, lavora nel settore dell’economia reale, commercio e arredamento.

FONTI:
https://it.euronews.com/2020/06/09/covid-19-lo-studio-di-harvard-il-virus-era-a-wuhan-gia-ad-agosto-2019 (Articolo sulla ricerca satellitare  epidemia Wuhan)
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7095368/ ( Studio su Sars-cov-1 )
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/nejmoa2001017  (Studio cinese su Sars-cov-2 )
https://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/20_maggio_08/coronavirus-conferenza-dell-iss-curva-decresce-r0-05-07-45a7fe6a-9113-11ea-8c7e-3b270f2639b4.shtml  (Articolo dati ISS sul fattore R0)
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpubh.2020.00473/full#h5    (Studio sul modello di sintomatologia Covid19)