Patriarcato?
di Antonio Terrenzio - 11/04/2025
Fonte: Antonio Terrenzio
Negli omicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella, il patriarcato non c'entra.
Ancora due episodi tragici di femminicidio che vedono coinvolte due ragazze giovanissime. Questa volta con un elemento inedito che rende le vicende delle giovani ancor più macabre e agghiaccianti: la copertura di entrambe le madri dei due assassini con accuse gravissime di concorso in occultamento di cadavere.
Su Panorama.it https://www.panorama.it/attualita/cronaca/femminicidi-il-ruolo-delle-madri-nei-casi-di-ilaria-sula-e-sara-campanella è stato chiesto alla psicoterapeuta e criminologa Caravolo una domanda tanto ovvia quanto obbligata: cosa possa spingere una madre a tanto pur di proteggere il proprio figlio? La risposta anche in questo frangente tira in causa il patriarcato, genesi di ogni male e violenza nella nostra società. Due casi che vedono similituini nella partecipazione dell'elemento materno dovrebbero richiamare a riflessioni più approfondite sulla motivazione di tali crimini. Madri che in quanto donne, non sentono alcuna solidarietà di genere nel denunciare l'uccisione brutale di due ragazze, perché alla base di tali omicidi non c'è una educazione al patriarcato, semmai la sua eclissi. In entrambi i casi, le donne vengono descritte come collaboratrici passive della cultura patriarcale quando invece la categoria sociologica da dover applicare sarebbe il "familismo amorale", ovvero la prevalenza dell'interesse familiare, quindi esclusivo, su quello comune. Il concetto di interesse pubblico qui viene bypassato dalla priorità dell'interesse del proprio nucleo di appartenenza, che a ben vedere rappresenta il contrario del paterno, dove a prevalere è il concetto impersonale di norma e giustizia.
Pertanto la copertura offerta dalle madri degli assassini, riflette un falso senso di protezione che coincide con l'estensione egoistica del materno che vede nei crimini commessi dal figlio un fallimento personale e la distruzione del "suo" nucleo familiare. In realtà si tratta di un concetto distorto e falsato di protezione dal momento che cercando di salvare il figlio cercano di salvare se stesse. Il senso viscerale del materno si impone sul senso di giustizia e morale pubblica.
Come anche la criminologa intervistata da Panorama alla fine riconosce, si tratta di famiglie matriarcali dove sono le madri e muovere le fila, che si esprimono in forme di controllo che si piegano alla disperazione. Madri che quando vedono i propri figli trasformarsi in "mostri" sono pronte a giustificare, a nascondere a proteggere.
In entrambi in casi ad essere assente è ancora una volta il padre, simbolo di autorità non solo ristretta al proprio nucleo familiare, ma che si estende per istinto al senso di responsabilità pubblica. C'è uno slittamento di codice simbolico che in casi come la complicità delle madri in tali crimini, non può essere ridotto a mero caso situazionale, ma che ne rappresenta il portato originale. Con questo non ci spingiamo a dire che le madri sono responsabili delle azioni dei loro figli ma che, anche se vittime delle circostanze, quei figli li hanno educati e cresciuti. Figli matrizzati, incapaci di resistere ad una perdita o ad un rifiuto, e che esplodono in raptus omicidi incontrollabili, nello stesso modo quando viene loro sottratto un giocattolo o quando si rompe, e con madri a correre in loro aiuto pur di non vedere franare la loro narrazione fasulla di un figlio bravo e perfetto.
Mark Samson e Stefano Argentino, così come i Filippo Turetta sono l'antitesi della virilità, figli di padri biologici ma simbolicamente inesistenti. Il Padre, tanto vituperato e additato ad origine di ogni male sociale, è oggi il grande assente perché la società post-moderna orfana di grandi valori e narrazioni, non gli riconosce più nessun valore. Mentre i professionisti dell'informazione moralisticamente conforme e gli psicologi piallati da un femminismo sempre più ottuso e irresponsabile, danno sempre le stesse risposte a fenomeni criminali che si ripetono con le stesse dinamiche. Quello che gli alfieri del politicamente corretto si rifiutano di guardare è cosa hanno prodotto settant'anni di demolizione della figura paterna, dei suoi codici simbolici e comportamentali. Più si continuerà a parlare di amori tossici, di amori malati, di cultura ancora dominata dal maschio, più continueranno a sfuggire le ragioni profonde di episodi del genere.
Le streghe del matriarcato che continuano a criminalizzare il maschio bianco, ma che girano colpevolmente la testa dall'altra parte quando gli autori dei crimini sono individui "intersezionali", ignorano il fatto che la maggioranza dei giovani più propensi a commettere reati sono spesso figli di madri single dove il padre non c'è, e quando non c'è, a mancare è la legge, una mappa di codici e di "regole" non scritte da dove orientare il nostro cammino esistenziale. Da quando il padre è stato estromesso ed esautorato della sua autorità, i figli sono stati cresciuti da madri incapaci di dettare regole e codici normativi che prevedessero il concetto di limite e normazione dell'io narcisistico. Madri disperare ed impotenti, madri complici di figli assassini che hanno ucciso altre donne.