Pazzi noi o le mucche?
di Massimo Fini - 26/01/2025
Fonte: Massimo Fini
I turbo-allevamenti e i veri pazzi
Caro Leonardo Bonanno, anche se non ho una rubrica di posta come Feltri sul Giornale o Cazzullo sul Corriere, rispondo direttamente alla tua lettera pubblicata dal Fatto del 4 gennaio in cui denunci le deplorevoli condizioni in cui sono tenuti i nostri allevamenti.
La cosa più grave, secondo me, non è che mucche, polli, maiali vivano nello sporco e nello sterco, in fondo non sono animali domestici come quel saprofita del cane così simile all’uomo nell’approfittare dell’altrui o del più dignitoso gatto, che tanto piace a Feltri, che al massimo ti può dare una graffiata se gli rompi troppo i coglioni.
La cosa più grave è che questi animali vivono “stabulati”, 24 ore al giorno sotto i riflettori. A causa di questo trattamento sviluppano malattie tipiche dell’uomo, disturbi cardiovascolari, diabete, depressione, nevrosi. La carne che noi mangiamo è quindi di animali malati che, facendo un percorso inverso, trasmettono le loro malattie anche all’uomo.
Perché si “stabulano” gli animali? Perché crescano il più in fretta possibile per essere pronti sulla nostra tavola, a peso d’oro. Mi ha confessato un allevatore che solo un quarto del peso di questi animali è di carne, il resto è acqua. Non si tratta quindi di un problema etico, ma economico. L’uomo è un animale onnivoro, è ovviamente antropocentrico, e a dispetto dei vegetariani e dei vegani, ha diritto di sfamarsi come gli pare (il leone si stupirebbe molto se gli si dicesse che non è etico divorare l’antilope) ma è folle che lo faccia a suo danno.
E qui si innesta un discorso che riguarda tutta l’agricoltura. In Svizzera per tenere gli agricoltori sui campi sono previste cospicue sovvenzioni a loro favore. Così gli animali, le mucche in particolare, circolano liberi e poiché il terreno, montuoso, lo consente, le puoi vedere d’estate all’alpeggio. Una sovvenzione del genere era stata prevista anche in Italia. Ma che cosa hanno fatto i nostri contadini? Al posto delle vecchie cascine, così coerenti col paesaggio, hanno costruito orrende casette in cemento e anche in vetrocemento e hanno abbandonato i campi. In sintesi: hanno preso le sovvenzioni ma non hanno rispettato la legge per cui erano state istituite.
Noi non possiamo essere svizzeri né tantomeno la Svizzera, anzi la disprezziamo perché obiettivamente è molto noiosa, c’è un imbarazzante mancanza di polvere in Svizzera, alle cinque del pomeriggio a Lugano non c’è in giro nessuno, che cosa facciano gli svizzeri di sera è un mistero. Fatto sta che quando abitavo part-time da quelle parti la sera mi rifugiavo in un bar di serbi perché lì qualcosa, almeno una rissa, sarebbe successo. Ma qualche insegnamento dalla Svizzera, non solo nel campo dell’agricoltura, dovremmo pur prenderlo.
La Svizzera è un Paese colto che ha quattro Reti tv, quella della svizzera ticinese, quella della svizzera francese, quella della svizzera tedesca e quella della svizzera romanza. Nelle librerie di Lugano puoi trovare testi in italiano, in inglese, in tedesco spesso irreperibili in Italia. I migliori reportage dopo l’11 Settembre in cui tutto l’Occidente lacrimava accusando n’importe quoi del misfatto a cominciare dai Talebani, che non c’entravano niente, li ho visti fare dalle reti svizzere.
La Svizzera, in linea di massima, è un Paese interclassista che ha sempre accolto i déraciné di tutto il mondo, a cominciare dagli anarchici (“Addio Lugano bella gli anarchici van via”), di qui sono passati Trotkzij e Lenin. Naturalmente oggi ci vanno anche gli italiani, e non solo gli italiani, che non vogliono pagare le esorbitanti tasse esistenti nei loro Paesi. Ma siccome in Svizzera le leggi sono leggi, in genere si preferiscono le Cayman o qualche altro paradiso fiscale.
Tristan Tzara ha dato un potente supporto al surrealismo cercando di combinarlo, fra gli anni Trenta e Quaranta, col comunismo, impresa però fallita.
La Svizzera è pacifista e neutrale. Ma non è imbelle. Ogni mese si fanno esercitazioni adattando gli scantinati a bunker, in previsione del peggio, cioè di una guerra nucleare (“Il formidabile esercito svizzero”, Langendorf).
La Svizzera è un Paese ordinato. Se, poniamo, a Lugano cambiano un senso unico, ti avvisano una settimana prima dandoti anche i percorsi alternativi. Naturalmente tutto ciò vale finché gli svizzeri vivono in Svizzera, come passano il confine diventano immediatamente italiani. Avevo una fidanzata italiana che lavorava alla radio della Rsi. Finché stava in Svizzera era svizzerissima, ma bastava che passassimo il Tresa, un fiumiciattolo dalla larghezza di non più di duecento metri, perché si mettesse a buttare cartacce dappertutto. E del resto in Italia vediamo spesso schizzare auto con targa svizzera superando tutti i limiti di velocità.
Ma forse io mi illudo, forse tutto il mondo è paese, forse, nel clima della globalizzazione, quella svizzera in cui ho passato uno dei periodi migliori della mia vita, non esiste più.
Ma torniamo al tema dell’allevamento da cui siamo partiti. La mucca è un animale meraviglioso, bruca erba, la trasforma in latte, caga come dio comanda e trasforma quello che ha mangiato in concime. Un ciclo perfetto. Che si è voluto denigrare sostenendo che la mucca, scoreggiando, produce metano.
Ma noi, per le solite e per niente imperscrutabili ragioni economiche, siamo riusciti a nutrire questo animale erbivoro con carne. Ed è nato il fenomeno, che forse anche lei Leonardo ricorderà, della “mucca pazza”. E a volte, sempre più spesso, mi chiedo se a essere pazzi non siano le mucche ma noi umani che ormai non produciamo più per consumare ma consumiamo per poter produrre qualcosa di ben più insidioso delle scorregge della mucca.