Perché è così difficile raggiungere l’immunità al gregge?
di Rosanna Spadini - 10/05/2020
Fonte: Comedonchisciotte
Non dovremmo stupirci di essere spesso affetti da ipossia silente, visto che il clima è parecchio contaminato, ed è sempre più difficile raggiungere l’immunità #al gregge, soprattutto quando si vive dentro a quella bestia che noi stessi alimentiamo. Il Covid-19 ha sventrato questa strana follia paranoica, di due escatologie in conflitto, una catastrofica e l’altra salvifica, e quando lo spazio delle probabilità sembra polverizzarsi, ci è apparso evidente il teatrino dei pupi.
Cercheremo dunque di dotarci di anticorpi monoclonali contro la disinformazione di massa, sufficienti per poter conquistare, se non la completa immunità, almeno una convinta e sicura protezione pulsosimmetrica.
Certo, non è facile farsi largo tra le tante bufale distraenti, verità presunte, possibili, o solo immaginate, conflitti di cospirazioni che della storia conoscono solo il depistaggio, tuttologi del web che si spacciano per esperti di virologia, epidemiologia, pneumologia… profeti disarmati di dietrologie fantasiose, al punto da far impallidire “La svastica sul sole” di Philip Dick.
Riavvolgiamo per un attimo il nastro… a Bergamo, nell’ottobre 2019, quindi circa 6 mesi fa, in particolare in val Seriana, l’epicentro del disastro Covid-19, si registrava una strana impennata di polmoniti virali, con febbri e insufficienza respiratoria forte fino a dicembre. L’allarme passa tra alcuni medici, il contagio pare essere parecchio aggressivo. Una ricerca poi di Regione, Ats e Asst lombarde, pubblicata nei giorni scorsi inquadra i primi passi del contagio da coronavirus a inizio anno.
In un piccolo centro, si ammalarono in serie tre generazioni: una coppia, il figlio e il nonno. «I dottori dicevano: ma qui prendono tutti la polmonite?»
L’incrociarsi delle date induce un’altra considerazione, cioè come il dramma sia stato sottostimato, dopo gli avvenimenti di Wuhan, e come certi indizi non abbiano ricevuto il dovuto peso, nella catena gerarchica che passa dai medici di base sino ai vertici delle autorità sanitarie, in Bergamasca così come in tutta la Lombardia, fino ad arrivare a Palazzo Chigi.
Intanto, nelle memorie del dopo bomba, si va affermando la terapia al plasma inaugurata dal dott. Giuseppe De Donno, primario di pneumologia presso l’ospedale Carlo Poma a Mantova, in collaborazione con quello di Pavia. Poi è arrivata il primo maggio la conferma di Nature, importante rivista scientifica sulla quale vengono pubblicati i più prestigiosi risultati e le più importanti ricerche scientifiche: il plasma è al momento il nemico principale del Covid-19.
Nonostante ciò si temono controindicazioni e possibili choc anafilattici, nonché dubbi sul prezzo, che si vocifera essere piuttosto elevato, un tabù da sfatare.
Nel sangue dei guariti, secondo il dottor De Donno, primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova, ci potrebbe essere la chiave per curare i malati di coronavirus. La terapia col plasma, ricco degli anticorpi anti Covid-19, starebbe infatti dando risultati incoraggianti.
De Donno è stato lapidario: “Ad oggi la plasma terapia è l’unica terapia specifica contro il coronavirus. Basta una donazione spontanea di 600 millilitri di plasma, la parte più liquida del nostro sangue, composta da acqua, proteine, nutrienti, ormoni, quindi senza elementi corpuscolati, ovvero globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.”
Il protocollo ha previsto l’arruolamento di 48 pazienti che non avessero alle spalle una storia di insufficienza respiratoria maggiore di 10 giorni e grave, ovvero con l’indicazione della ventilazione meccanica. A questi 48 vanno poi aggiunti quelli trattati al di fuori del protocollo e con l’autorizzazione del Comitato Etico. Dall’attivazione di questa sperimentazione non si sono registrati decessi, mentre tra i pazienti Covid con polmoniti gravi la mortalità è molto elevata.
“Sulla plasma terapia sto leggendo corbellerie di ogni tipo” dice De Donno “Noi non abbiamo registrato né effetti collaterali né reazioni avverse. Al contrario tutti gli indici di infiammazione si sono ridotti drasticamente e oggi tutti i 48 pazienti sono tornati a casa, insieme alle loro famiglie. La cura non è nemmeno cara, ogni sacca costa circa 82 euro, come gli integratori che acquistiamo per andare in palestra… se sono tanti per salvare una vita, allora non so davvero che dire.”
“Ci ha contattato un alto funzionario dell’Onu, il console del Messico, autorità statunitensi… tutti hanno manifestato interesse per il nostro protocollo e si sono complimentati per il nostro lavoro. E sono già numerose le università che ci hanno offerto un posto nei loro centri di ricerca. Spesso non sono riuscito a trattenere le lacrime. Al contrario nessun segnale è arrivato dal mio ministro alla salute o dall’Istituto Superiore di Sanità e questo, per un ricercatore che fa il medico ospedaliero come me e che si è speso in prima persona in questa pandemia, è fonte di grande dolore. La plasma terapia rappresenta una chance che stiamo diamo al nostro Paese, una strategia terapeutica per cambiare la sorte di questa pandemia e dei pazienti; poi, se la sperimentazione dimostrerà che mi sto sbagliando, sarò il primo a dire agli italiani, scusate, ho preso una cantonata, ma non penso sarà così…”.
La terapia al plasma fa paura alle case farmaceutiche? Beh… pensa che sfiga per le multinazionali del farmaco se il virus scomparisse prima dell’avvento del vaccino salvifico !!
Intanto il dott. De Donno sarà invitato al meeting UE di esperti in materia di Coronavirus. A riferirlo è Francesca Donato, europarlamentare della Lega, componente del Panel for the Future of Science and Technology (STOA) del Parlamento Europeo.
«Sottoposta questa mattina al panel Stoa, la mia proposta ha trovato riscontro favorevole e il dottor De Donno sarà invitato già al prossimo incontro – informa Donato attraverso una nota – Esprimo grande soddisfazione per questo risultato: De Donno, con la sua sperimentazione del plasma iperimmune, sta ottenendo risultati importanti che possono essere utili per la ricerca e per salvare vite. Un’eccellenza italiana da valorizzare: è fondamentale che la sua esperienza e le sue scoperte possano essere condivise con gli esperti di tutto il continente, per fare squadra al fine di trovare risposte valide ed efficaci contro il coronavirus che, partito dalla Cina, da settimane ha colpito l’Italia, l’Europa e l’intero mondo».
Ma il rischio del contagio non è ancora finito, la Protezione Civile ha ufficialmente inoltrato al Governo formale richiesta di prolungamento dello stato di emergenza (emanato dall’Esecutivo Conte in data 31 gennaio 2020 per la durata di sei mesi causa “virus già circolanti sul territorio nazionale”), per un altro semestre. Qualora l’istanza avanzata dalla Protezione Civile venisse accolta e fatta propria dal Governo, lo stato di emergenza da Coronavirus verrebbe esteso fino al 31 gennaio 2021.
Due escatologie quindi a confronto, una catastrofica e l’altra salvifica, due livelli di ricerca, complici o antagoniste, intrise di pseudofilosofie della scienza e dell’antiscienza, conflitti d’interessi miliardari per organizzazioni che credevamo al di sopra di ogni sospetto (OMS), e per le solite multinazionali che trafficano per sdoganare il vaccino salvavita, o semplici eroi che militano in prima linea nelle trincee degli ospedali… ma di certo l’immunità al gregge pare sempre più irraggiungibile.