Perché sempre Gaza?
di Francesco Battistini - 08/10/2023
Fonte: Corriere della Sera
Almeno sette guerre negli ultimi diciotto anni. Da quando Hamas ha il controllo della Striscia, Israele l'ha dichiarata territorio ostile interrompendo anche la fornitura di elettricità
Quante sono state finora le guerre di Gaza?
Almeno sette in diciotto anni. Cominciate da quando i militari e gli ottomila coloni israeliani se ne sono andati dalla Striscia, nel 2005, lasciando il controllo all’Autorità palestinese. E soprattutto da quando il movimento islamico Hamas ha vinto le elezioni, nel 2007, battendo il Fatah di Abu Mazen e prendendo il controllo di questo territorio costiero. Un prologo è stata l’operazione Piogge Estive (2006), dopo l’uccisione di due miliziani palestinesi e il rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit: l’operazione Piombo Fuso nel 2008, quando Israele entra a Gaza dopo ripetuti lanci di razzi palestinesi: in tre settimane di guerra, muoiono 1.400 palestinesi e 13 israeliani. La seconda è l’operazione Pilastro di Difesa (2012), con un attacco missilistico che uccide anche il capo militare di Hamas e in otto giorni causa 177 morti fra i palestinesi, sei fra gli israeliani. Nel 2014, c’è l’operazione Linea di Protezione, per bloccare i razzi e chiudere i tunnel che collegano la Striscia all’Egitto: sette settimane di fuoco, 2.251 palestinesi e 74 israeliani uccisi. Due anni e mezzo fa, nel maggio 2021, undici giorni di conflitto, l’uccisione di 248 palestinesi (66 bambini) e di tredici israeliani. A nche lo scorso maggio, ci sono stati cinque giorni di scontri col Jihad islamico, una fiammata: 33 palestinesi ammazzati, due israeliani. Ora, la settima guerra.
Perché sempre Gaza?
Da quando Hamas ha il controllo della Striscia, Israele l’ha dichiarata «territorio ostile». Interrompendo per lunghi periodi la fornitura d’elettricità, di carburante e di beni essenziali, oltre che bloccando le esportazioni. I lanci di razzi Qassam sulle città israeliane hanno di volta in volta peggiorato la situazione. Ma dietro le operazioni militari, lo stallo di Gaza è stato usato anche politicamente dai principali attori. Da Hamas, che controlla con pugno di ferro Gaza e ha perpetuato ormai una leadership nella lotta contro l’occupazione dei Territori palestinesi, ricevendo aiuti finanziari e militari dall’Iran. Da diversi premier israeliani, a partire da Bibi Netanyahu, che grazie all’acuirsi delle crisi con Gaza hanno sempre compattato l’opinione pubblica. Dall’Autorità palestinese in Cisgiordania, che s’è sempre posta come unico interlocutore possibile per eventuali negoziati. Anche la spaccatura fra Hamas e i palestinesi del Fatah di Abu Mazen serve a spiegare perché il conflitto si sia concentrato sempre su Gaza.
C'è il rischio di un coinvolgimenti dei palestinesi di Abu Mazen?
In Cisgiordania, dal 2006 è presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, ormai anziano e malato. Il suo mandato è scaduto da quasi un quindicennio, ma non si va mai alle urne perché tutti i sondaggi hanno sempre previsto una vittoria di Hamas. Durante la presidenza americana di Trump, e grazie agli Accordi di Abramo firmati nel 2020 da Israele con alcuni Paesi del Golfo come l’Arabia Saudita, storico nemico di Turchia e Iran, fu annunciata una pioggia di soldi sulla Cisgiordania di Abu Mazen, sempre più corrotta e dipendente dagli aiuti internazionali: 50 miliardi di dollari in investimenti stranieri fino al 2030, assieme alla promessa d’un Pil raddoppiato, d’un milione di posti di lavoro, della povertà ridotta del 50%, d’un export schizzato dal 17 al 40% del Pil, d’un ranking della Banca mondiale pari a quello del Qatar. Tutti questi benefit hanno di molto indebolito la solidarietà palestinese: quando gli Usa hanno trasferito l’ambasciata a Gerusalemme, riconoscendo la città eterna come capitale d’Israele e contemporaneamente stracciando l’accordo iraniano sul nucleare, le reazioni dell’Anp sono state quasi nulle. Questo, mentre in Cisgiordania i coloni illegali israeliani sono diventati oltre 700mila e le betoniere non hanno mai smesso d’occupare, contro gli accordi internazionali, le terre dei palestinesi.
Che cos'è Hamas?
Nato negli anni ’80, durante la protesta palestinese della Prima Intifada, dichiara incompatibile Israele con una Repubblica islamica di Palestina. E Israele, al pari degli Usa e della Ue, lo considera un’organizzazione terroristica. Hamas gode dell’amicizia d’un grande sponsor politico come la Turchia di Recep Erdogan, che dal 2010 tenta di forzare il blocco israeliano intorno alla Striscia. Secondo i servizi israeliani e lo stesso Abu Mazen, però, oggi è soprattutto l’Iran il grande amico di Hamas. Il finanziamento diretto è per circa 6 milioni di dollari al mese, arrivati fino a 30 negli ultimi anni. Una cifra versata attraverso gli islamici di Hezbollah che controllano il Sud del Libano. Gli Hezbollah sono sciiti come gli ayatollah di Teheran e si battono, come Hamas, per la distruzione del vicino Israele.
Perché Israele teme l'intervento dell'Iran?
Perché gli iraniani sono considerati il nemico numero uno. A causa del programma atomico, ripreso nel 2002, che secondo l’Onu ha anche scopi militari e viola il Trattato internazionale di non proliferazione nucleare. Teheran finanzia anche il Movimento per il Jihad in Palestina, responsabile di molti attacchi suicidi. Dall’Iran, sono arrivate a Gaza forniture d’armi sempre più sofisticate. E il timore è per i missili a lungo raggio di cui dispongono gli Hezbollah in Libano: armi ancora più temibili dei razzi di Gaza.
Che fine hanno fatto i negoziati di pace?
Non esistono più da anni. Quella fra palestinesi e israeliani, ormai la chiamano la pace impossibile. Uno dei più lunghi conflitti della storia moderna. L’origine di tutti i focolai in Medio Oriente. Dal 1946 a oggi, l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato 700 risoluzioni, più di 100 ne ha votate il Consiglio di sicurezza. La comunità internazionale ha esaminato almeno 20 piani di pace. Ma dopo 56 anni d’occupazione dei Territori palestinesi, adesso che fra arabi e israeliani siamo entrati nella quindicesima guerra in più di 70 anni, qualunque soluzione sembra lontanissima.