Piazza del Popolo
di Antonio Catalano - 16/03/2025
Fonte: Antonio Catalano
Una manifestazione di apparato quella di piazza del Popolo, utile a dare sostegno alla politica di riarmo europea in chiave anti-russa. Piazza del Popolo è riuscita a mettere insieme tutto il variegato mondo del centro sinistra, con il suo immancabile codazzo itinerante di scrittori, giornalisti, cantanti, guitti e compagnia cantando. In quella piazza c’erano tante anime, convenute lì perché bisognava esserci, perché se no altrimenti si usciva fuori dal giro. Che poi le varie anime coltivassero ognuna la propria rappresentazione della manifestazione cui partecipava e la propria specifica motivazione questo appartiene al complesso gioco delle dinamiche politiche e degli interessi di cui ognuno è portatore. E poi, al di là di sottili distinguo, ognuno dei quali utile al protagonista di turno per smarcarsi dalla (giusta) accusa di sostenere il riarmo europeo, il dato di fatto è che la forza degli eventi costringe al posizionamento, allo schieramento, a sottomettersi (ubbidire) al potere dominante, quello che muove i fili da cui dipendono i propri movimenti. Perché non è la coscienza a determinare la realtà bensì quest’ultima. In piazza del Popolo ognuno si è avvolto nella sua bandiera di riferimento (Ue, pacifista, arcobaleno…), non era questo determinante, lo era invece il fatto di essere lì, insieme, convenuti per rispondere alla chiamata fatta dal più organico quotidiano nazionale al capitale finanziario globalista, la Repubblica, tramite la firma del giornalista che piace ai salotti felpati della sinistra chic, perbenista e naturalmente progressista, Michele Serra. Un appello a scendere in piazza per mostrare alle centrali del potere europeista che c’è un’Italia che reclama la sua parte di protagonismo in questa chiamata alle armi. A qualcuno, inguaribile ingenuo, può sembrare contradditorio che ci fossero realtà che, almeno apparentemente, sono distanti da una postura bellicista. Come l’Agesci, la comunità di sant’Egidio, lo stesso don Ciotti, tutti benedetti dal giornale dei vescovi italiani Avvenire. Una presenza che starebbe a significare il carattere pacifico, buono, interlocutorio della manifestazione. Ma costui non capisce – vorrà mai capirlo? – che questi buoni, ognuno a suo modo, al di là della retorica utilizzata per l’offerta del proprio progetto umanitario, al fine di svolgere la propria opera “benefica” (guarda caso, sempre in sintonia con le battaglie “ideali” del liberismo progressista globalista) ha bisogno di inchinarsi a quei poteri che hanno preteso che si scendesse in piazza a reclamare sostegno al piano di riarmo europeo. Che poi ognuno avesse in testa la propria idea di Europa, conta poco o nulla. Perché il potere che regge le fila di questa orrida Europa la pensa più o meno così: Intanto ti sottometti, saremo noi poi ad elargirti quelle briciole che ti permettono di fare del “bene”, tu ti metti la coscienza in pace, noi abbiamo un nostro utile servo. Eccoci spiegate le foto gaudenti da selfie di una Schlein con Gentiloni, lo stesso poi che abbraccia una Picierno altrettanto gaudente. Così di un Fratoianni, di un Bonelli, di un D’Alema, di un Calenda, di un Magi, di un Gualtieri, di uno Scurati, di un Augias, di un Formigli, di una Segre, di un don Ciotti, di uno Zagrebelsky, di un Albanese, di un Amendola, di un Vecchioni, di un Jovanotti, di un Bisio…