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Polonia: tra sovranismo e colonialismo euro – americano

di Luigi Tedeschi - 24/10/2021

Polonia: tra sovranismo e colonialismo euro – americano

Fonte: Italicum

Duro scontro tra Polonia e UE. La corte costituzionale polacca ha emesso una sentenza con cui afferma il primato del diritto dello stato polacco su quello comunitario in merito alle funzioni del potere giudiziario. La corte costituzionale polacca ha infatti giudicato legittima la riforma della suprema corte, approvata dal parlamento con la relativa istituzione di un Consiglio nazionale che abbia la funzione di supervisione dell’operato dei giudici.

Secondo la Commissione europea, tale riforma costituirebbe una grave lesione dello Stato di diritto, che è annoverato tra i valori fondamentali della UE e farebbe venir meno il principio della indipendenza del potere giudiziario.

Tale controversia ha dato luogo ad un aspro scontro al Parlamento europeo tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il premier polacco Mateusz Morawiecki. La Von der Leyen ha affermato che la UE difenderà il principio dello Stato di diritto con ogni mezzo a sua disposizione, mediante procedure di infrazione, meccanismi di condizionalità e misure sanzionatorie, con la richiesta di intervento della Corte di giustizia europea. La Von der Leyen ha dichiarato che “La Commissione europea sta valutando attentamente questa sentenza ma posso però già dirvi oggi che sono fortemente preoccupata perché mette in discussione la base della Ue e costituisce una sfida diretta all’unità degli ordinamenti giuridici europei. Il destino della Polonia è l’Europa”

Non si è fatta attendere la replica veemente di Mateusz Morawiecki, secondo il quale la Polonia, pur accettando l’integrazione europea, non tollera né il diktat dalla UE né il ricatto delle sanzioni. La Polonia sarebbe oggetto di attacchi non giustificabili e pertanto ha affermato che “La Polonia non si lascerà intimidire, vogliamo un dialogo chiaro. C’è spazio per il dialogo tra noi, ma non consentiremo mai che ci siano diktat nei confronti degli Stati membri. Abbiamo molto in comune, ma ci sono differenze tra noi: dobbiamo concordare che esistono delle differenze”.

Tale contrapposizione, tra il primato del diritto degli stati e il diritto comunitario, potrebbe mettere in gioco l’istituzione stessa della UE? La sovranità degli stati verrebbe meno in virtù del primato dei trattati europei? E’ dunque credibile l’ipotesi di una possibile Polexit? In passato le istanze populiste relative alla Grexit, alla Italexit, alla Frexit e ad altre ancora, si sono dimostrate alla prova dei fatti del tutto velleitarie e impraticabili. La UE si è rivelata una gabbia finanziaria per i popoli, la cui exit è a tutt’oggi improbabile. L’evento della Brexit peraltro, non contraddice tali considerazioni, in quanto la Gran Bretagna non era di fatto mai entrata, dal punto di vista sia politico che culturale in Europa, data la sua appartenenza all’area geopolitica atlantica – anglosassone, estranea cioè alla UE, che invece si identifica con l’Europa continentale.

L’Europa alla mercé della Corte di Karlsruhe

La controversia tra Polonia e UE, è comunque l’ennesima dimostrazione delle persistenti divisioni interne alla UE. La Polonia è infatti membro del Gruppo di Visegrad insieme a Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, una unione di stati interna all’Europa, che persegue una propria politica in campo economico, giuridico e militare spesso in contrasto con la UE. Ma la sentenza della corte costituzionale polacca non è comunque un caso isolato tra gli scontri istituzionali interni alla UE verificatisi negli ultimi anni.

Infatti, nel maggio 2020, la corte costituzionale tedesca di Karlsruhe, emise una sentenza che rilevò la illegittimità del QE, quale misura di finanza straordinaria messa in atto dalla BCE di Draghi, al fine di far fronte, con periodiche emissioni di liquidità, alla ondata deflattiva europea manifestatasi a seguito della crisi dell’euro. Secondo la corte di Karlsruhe, la BCE avrebbe erogato, mediante il QE, aiuti di stato in violazione dei trattati europei, non avrebbe rispettato per i finanziamenti alle banche centrali degli stati le regole di proporzionalità alle quote di partecipazione alla BCE e avrebbe fatto precipitare i tassi di interesse sotto lo zero, con conseguenti perdite per le banche tedesche ed erosione dei risparmi dei cittadini tedeschi. In tale circostanza, emerse tutta l’arroganza del potere dominante della Germania in Europa, in quanto fu la corte di Karlsruhe ad assegnare un termine alla Corte di giustizia europea per produrre argomenti che giustificassero le misure della BCE. La prevalenza della costituzione tedesca sulle normative europee è stata da sempre affermata al varo di ogni di ogni delibera degli organi istituzionali europei, la cui approvazione è stata costantemente subordinata al giudizio di legittimità della corte di Karlsruhe. Occorre dunque concludere che la effettiva sovranità politica nella UE è appannaggio della Germania.

Riguardo alla opinione espressa da molti commentatori, tra cui Enrico Letta, secondo la quale la sentenza della corte costituzionale tedesca riguardo al QE avrebbe assai meno rilievo (e, secondo Letta “è rimasta senza effetti”), rispetto a quella di Varsavia, che sarebbe invece lesiva di un principio fondativo della stessa UE, quale è lo Stato di diritto, così si è espresso in una recente intervista Giulio Sapelli: “Anche un orologio rotto indica l’ora giusta due volte al giorno. È vero che le due sentenze sono diverse, ma temo che Enrico Letta non sia riuscito a comprendere le implicazioni a medio e lungo termine della sentenza della Corte costituzionale tedesca del maggio dello scorso anno”.

Aggiungasi inoltre che il primato delle costituzioni nazionali degli stati dominanti è stato recentemente riaffermato dalle corti costituzionali tedesca e francese. La corte costituzionale tedesca ha dichiarato infatti illegittimo lo stesso NGEU, in quanto lederebbe il principio di discrezionalità sul bilancio dello stato che è di competenza del parlamento tedesco. La corte costituzionale francese ha invece dichiarato illegittime le direttive europee in materia di protezione dei dati personali, in quanto in contrasto con la costituzione francese. Inoltre, non tarderanno a manifestarsi nella UE nuove e vecchie conflittualità già congelate dalla emergenza pandemica, riguardo a restrizioni e condizionalità per l’erogazione dei fondi del NGEU e al ripristino del patto di stabilità, essendo ben nota l’avversione a qualunque riforma dei trattati europei da parte dei “falchi” della austerity tedeschi e dei paesi frugali.

La stessa Polonia, assieme ai paesi frugali della UE, si era opposta al varo del NGEU. Mentre i paesi frugali si opponevano ad ogni meccanismo di condivisione del debito tra gli stati, la Polonia rifiutava ogni forma di condizionalità riguardo alla osservanza delle normative europee in tema di Stato di diritto. La Polonia, con il NGEU acquisirebbe finanziamenti per 36 miliardi e usufruirebbe di 120 miliardi di fondi strutturali e di coesione. La Polonia inoltre con la pronuncia della corte costituzionale avrebbe eluso il rischio di eventuali misure sanzionatorie da parte della Commissione europea nei suoi confronti. Afferma al riguardo Sergio Fabbrini sul “Sole 24Ore”: “Si capisce perché la decisione del Tribunale costituzionale polacco sia stata sollecitata da una richiesta dello stesso primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. Se la rule of law viene stabilita dalle corti e dalle costituzioni nazionali, allora la Commissione non potrà impedire il pagamento dei fondi europei alla Polonia per violazioni dello stato di diritto, come richiederebbe il regime di condizionalità”.

In realtà, l’adesione della Polonia alla UE è avvenuta in virtù di uno spirito sovranista teso a salvaguardare la propria indipendenza dalla Russia dopo il crollo dell’URSS, non certo nella prospettiva dell’integrazione europea. Ma soprattutto, data la russofobia persistente nel popolo polacco, la Polonia ha mirato alla sua integrazione nell’Occidente americano mediante l’adesione alla Nato e pertanto, il suo ingresso nella UE è da considerarsi solo una conseguenza di una politica della classe dirigente polacca tesa alla occidentalizzazione del Paese. Con l’istallazione delle basi Nato ai confini con la Russia, la Polonia è divenuta un Paese essenziale dal punto di vista strategico per gli USA, ai fini del contenimento della politica espansiva di Putin. O forse, al di là di ogni ipocrisia, sarebbe più corretto definire la Polonia una fondamentale testa di ponte per la strategia americana di aggressione all’Eurasia.

Una Polonia antieuropea e americanista

Da un recente sondaggio, risulta che comunque l’80% del popolo polacco è favorevole alla UE. I vantaggi per la Polonia che scaturiscono dalla sua permanenza nella UE sono evidenti. Innanzi tutto, la Polonia non ha aderito all’euro, giovandosi in tal modo dei vantaggi del cambio nei rapporti commerciali con l’Eurozona. Inoltre la Polonia è destinataria di una rilevante quota di fondi strutturali e di coesione europei come anche gli altri paesi di Visegrad. Con i fondi europei, tali paesi da anni hanno finanziato regimi di fiscalità agevolata al fine di attrarre capitali e favorire il trasferimento sui loro territori di grandi complessi industriali dei paesi dell’Occidente. Tale politica di dumping industriale ha determinato progressive delocalizzazioni industriali nell’est europeo, a danno della produzione e dell’occupazione dei paesi occidentali. Sono da imputare a queste politiche dei paesi dell’est i ben noti danni prodotti dal fenomeno della deindustrializzazione in Italia. Tutto ciò è potuto accadere, senza che la UE adottasse procedure sanzionatorie nei confronti della Polonia e dei suoi sodali di Visegrad. La Germania infatti si è dimostrata oltremodo tollerante, dato che la sua competitività nell’export mondiale dipende dai bassi costi di produzione dovuti alla delocalizzazione di larga parte del suo apparato produttivo nei paesi dell’est europeo, su cui esercita una influenza economica dominante.

La Polonia ricopre un ruolo assai rilevante per gli obiettivi strategici della Nato ai fini del contenimento della Russia. Pertanto gli USA sono ad oggi i maggiori fornitori di greggio della Polonia a prezzi peraltro assai vantaggiosi. La Polonia, svincolatasi dalle forniture russe, è però divenuta un paese a dipendenza politica, energetica e militare americana. Questa condizione di vassallaggio della Polonia e dei paesi dell’est europeo nei confronti degli USA, ha avuto l’effetto di generare profonde conflittualità interne alla UE e di ostacolare il processo di integrazione europea. La Polonia e gli altri paesi di Visegrad si sono dichiarati contrari a qualunque prospettiva di creare una difesa comune europea e a qualsiasi progetto di integrazione politica non compatibile con gli obiettivi della Nato.

All’interno dell’Europa i paesi di Visegrad si sono sempre dimostrati ostili a ogni proposta politica di redistribuzione dei migranti e contrari ad ogni possibile revisione del Trattato di Dublino, che penalizza in tema di politiche migratorie particolarmente l’Italia, dato che tale trattato prevede che spetta al paese di primo approdo l’accoglienza dei flussi migratori. Anzi, 12 stati europei, Polonia compresa, hanno recentemente preteso dei finanziamenti dalla UE per la costruzione di recinzioni e muri, quali strutture di protezione dalle ondate migratorie.

Polonia: russofobia sovranista e colonialismo atlantista

Si deve inoltre rilevare, che la Polonia coltiva tuttora ambizioni imperialiste nell’est Europa, anche se nel contesto delle strategie anti – russe della Nato. Infatti è tornato di attualità il progetto del Trimarium, in occasione della contrapposizione nella guerra in Ucraina tra la Russia e l’Occidente, quale unione strategica tra i paesi del Mar Baltico, dell’Adriatico, del Mar Nero da costituirsi in risposta alla occupazione della Russia del Dombass e della Crimea. Il Trimarium è un progetto ideato nel secolo XIX e più volte ripropostosi nel corso del XX secolo, che prevede la creazione di una federazione estesa dai paesi baltici fino all’Ucraina a ai paesi dell’ex Yugoslavia, sotto il dominio polacco, concepita in chiave anti – russa non solo difensiva ma anche aggressiva. Il Trimarium è tuttora parte integrante delle idealità politiche del nazionalismo polacco.

Non si comprende il sostegno e la simpatia dei sovranisti nostrani dimostrata nei confronti della Polonia. Gli interessi della Polonia, paese sovranista, ma geopoliticamente atlantista, promotore di politiche di dumping fiscale e industriale, ostile alla revisione delle politiche migratorie europee, che non ha peraltro mai fatto mistero delle sue vocazioni imperialiste, sono in totale contrapposizione con gli interessi dell’Italia e degli altri paesi mediterranei. A meno che non si condividano le ragioni di un sovranismo antieuropeista a cui però faccia riscontro la totale accettazione del dominio americano sull’Europa.

Vogliamo amare le nostre catene al punto di elevarle ad un ideale contraddittoriamente sovranista?

Gli americani sono da sempre ostili a qualunque prospettiva di indipendenza dell’Europa dalla Nato. Un sovranismo che non contempli l’indipendenza nazionale ed europea è un non senso.

Se l’europeismo della UE non si identifica con l’ideale dell’Europa, il sovranismo parimenti, non è rappresentativo delle patrie europee.

Del resto, il sovranismo polacco è un ossimoro. E’ in realtà la sintesi di due colonialismi: l’uno economico della Germania (che si è dimostrata peraltro sempre assai tollerante riguardo alle violazioni polacche dello Stato di diritto), e l’altro politico energetico e militare degli USA, in cui il sovranismo russofobico polacco si rivela strumentale alle strategie geopolitiche della Nato di contenimento – aggressione nei confronti della Russia.