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Post-referendum: arriva la prima mazzata dell’UE

di Nicoletta Forcheri - 06/12/2016

Post-referendum: arriva la prima mazzata dell’UE

Fonte: Nicoletta Forcheri

A qualche ora dai risultati del referendum italiano, arriva puntuale e “fresca di stampa” la prima mazzata della Commissione europea e dell’Eurogruppo sul progetto di bilancio italiano. Nella sua relazione1, l’Eurogruppo si dice infatti d’accordo con l’opinione della Commissione che vuole più tasse e più privatizzazioni per il popolo italiano, esercitando un’intromissione inaudita e a tratti sospetta di illegittimità ai sensi dei Trattati stessi, oltre che del tutto anticostituzionale, negli affari interni, fiscali ed economici del nostro paese.

E infatti l’Eurogruppo di stamane concorda con la Commissione europea che:

1. l’Italia è a rischio di non conformità con i requisiti del Patto di Stabilità;

2. il gettito fiscale previsto dal progetto di bilancio è calato dello 0.5% mentre a Bruxelles lo vogliono in aumento dello 0.6% del PIL: più tasse per tutti;

3. i costi per la crisi dei (finti) profughi2 (già ingiustamente attribuite al nostro paese), le spese per le misure di messa in sicurezza e dei terremoti sono causa di ulteriore deviazione dai requisiti richiesti: in poche parole, nessuno sconto e nessuna pietas umana per questioni vitali e tragedie come queste!!!

4. bisogna chiedere all’Italia di utilizzare le sia pur minime sopravvenienze attive e abbattimenti di spese per ridurre il debito nel 2017 (sic);

5. Last but not least: invita a continuare con le privatizzazioni il più possibile, e questo a riprova del fatto che l’UE sta cagando fuori dal vaso assumendo un ruolo di politica economica che nessuno le ha mai attribuito né per delega né per trattato.

La cosa dovrebbe insospettire e mettere sul chi-va-là più di un politico e più di un addetto: nella relazione dell’Eurogruppo sulla disanima dei progetti di bilancio degli Stati membri sotto osservazione per il Patto di Stabilità, ricorre la parola “privatizzazione” solo una volta e solo per il nostro paese… Solo a noi è riservato questo trattamento choc, da anni, più crudele e più impietoso che non a qualsiasi altro Stato membro dell’UE – dopo la prova della Grecia – con la richiesta ESPLICITA di privatizzare tutto il comparto industriale, bancario e demaniale, quest’ultimo per definizione inalienabile…

Il paradosso è che le richieste di privatizzazione e di maggior gettito fiscale sono contrarie persino ai trattati UE stessi: la richiesta di privatizzazione è contraria all’articolo 345 del TFUE che recita “i trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri”, articolo di cui la Francia – ma non solo – ha strabusato per decenni nel voler preservare industrie e banche di Stato, privatizzando quando lo ha fatto solo sulla punta della lingua, tutt’al più in un bel misto pubblico-privato con spartizione delle prebende da sfruttamento di risorse naturali di altri paesi e da signoraggio (controllando ad esempio banche dealer come BNP Paribas, e Banca d’Italia, oppure attraverso EDF e Suez Gaz de France) a vantaggio di interi settori governativi dell’Esagono e la sua élite.

Si pensi che già questi settori governativi francesi si avvalgono di una manna avvolta da segretezza ma che per indiscrezioni sarebbe di un bel 500 miliardi di dollari l’anno che finiscono sui “conti d’opérations” del Tesoro provenienti dagli utili d’esportazioni delle colonie africane, costrette al truffaldino sistema di messa a riserva obbligatoria delle valute estere in cambio del franco coloniale africano (CFA3), franco dalla Francia stampato dal nulla e prestato a usura a quegli stessi popoli africani, attraverso le loro tre banche centrali. Si chiama “clause de ratissage”, clausola di rastrellamento, la clausola spiegata sui documenti ufficiali della Banque de France, che impone il rastrellamento di tutte le valute estere di istituti pubblici e privati di quei 14 paesi più le Comore, un vero e proprio saccheggio che priva l’Africa delle sue risorse, un vero e proprio crimine contro l’umanità che un giorno dovrà essere giudicato, ma non il solo, da una vera giuria popolare dell’umanità.

La richiesta di maggior gettito fiscale, più tasse per gli italiani, è invece contraria ai principi enunciati dall’articolo 3, comma 1 del TUE, dove si prefigge il “benessere” dei popoli europei, contraria ai commi 2 e 3 dello stesso articolo che si prefiggono di offrire ai cittadini europei uno “sviluppo sostenibile, basato su una crescita economica equilibrata“, “su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale”, promuovendo “la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri”. E’ poi contrario al principio di progressività e di capacità contributiva dell’articolo 53 della Costituzione, attualmente per niente rispettata visto che il paese si trova in una morsa fiscale massacrante, deleteria e contraria a qualsiasi “crescita economica equilibrata” del paese, e in violazione dei diritti dell’uomo tout court..

Ciliegina sulla torta, in caso di non conformità perdurante per l’anno 2017, scatta l’articolo 126/3 del TFUE4, a mo’ di minaccia ovvero sia le punizioni previste in una relazione della Commissione europea, o qualche altra letterina della BCE magari con tanto di governo tecnico allegato…

 

2 Grazie al trattato di Dublino gli altri Stati membri stanno accollando a noi – e alla Grecia – tutte le spese dei profughi, imponendo che il primo paese in cui mette piede il candidato si accolla l’onere della sua presa in carica.

4 Articolo 126-3 del TFUE:

“Se uno Stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno o entrambi i criteri menzionati, la Commissione prepara una relazione. La relazione della Commissione tiene conto anche dell’eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e tiene conto di tutti gli altri fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro. La Commissione può inoltre preparare una relazione se ritiene che in un determinato Stato membro, malgrado i criteri siano rispettati, sussista il rischio di un disavanzo eccessivo.”