Può l'Europa atlantica considerare sua l'Europa orientale?
di Antonio Catalano - 03/01/2025
Fonte: Antonio Catalano
Una lettura molto condivisa oggi nel nostro mondo dà per scontato il fatto che il blocco orientale sia “naturalmente” parte dell’Europa occidentale, internità “fratturata” dal quarantennale dominio sovietico. Emmanuel Todd, nel suo “La sconfitta dell’Occidente”, al capitolo dedicato all’Europa orientale, in particolare alle democrazie popolari del blocco sovietico, prova a spiegare perché russofobia e appartenenza al campo occidentale di questi paesi non siano un fatto “naturale”.
Todd è convinto esattamente del contrario, che siano cioè due traiettorie sempre state distinte, complementari ma opposte. Ritorna così a quel momento storico in cui si determina la rottura tra parte occidentale e parte orientale, nel XII-XIII secolo, con un’accelerazione nel XVI secolo. Periodo in cui la parte orientale, meno sviluppata, si limita ad esportare prodotti semplici, in particolare legname e grano, che scambia con manufatti provenienti dall’Europa occidentale. Nell’Est, dove l’urbanizzazione è meno determinante, si rafforza la presa dei proprietari terrieri, generando quella che Engels definisce la «seconda servitù della gleba», diventando così quest'area il primo “Terzo Mondo” dell’Occidente.
Con l’eccezione della Cecoslovacchia, la sovietizzazione non interveniva in un mondo originariamente governato da democrazie liberali, qui infatti vigevano regimi apertamente autoritari.
Todd individua un paradosso: i paesi dell’Europa orientale che non possono essere definiti russofobi sono la Germania dell’Est e l’Ungheria. Nella Germania dell’Est è palpabile sia una forte minoranza nostalgica per il comunismo sia un sostegno molto più debole (rispetto all’ex Repubblica federale) per l’Ucraina; l’Ungheria guidata da Viktor Orban è ufficialmente ostile alla posizione filo ucraina dell’UE e intende proseguire la propria collaborazione con la Russia.
Eppure, ci ricorda Todd, si tratta di due paesi che, più di ogni altro, hanno combattuto contro la Russia durante la dominazione sovietica: nel 1953 nella Germania dell’Est, con scioperi di massa; nel 1956 in Ungheria con una rivolta repressa nel sangue. Oggi queste due regioni o paesi sono i meno ostili alla Russia.
L’odio nei confronti della Russia, dice Todd, tradisce una certa dose di inautenticità.
Mentre in Europa occidentale il settore industriale rappresenta una percentuale sempre più bassa della popolazione – Regno Unito e Svezia (18%), Francia (19%), Italia (27%), Germania (28%) –, nell’Europa dell’Est quello che in Occidente costituisce il livello massimo qui diventa il livello minimo – Slovenia (30%), Macedonia, Bulgaria, Polonia e Ungheria (31%), Repubblica Ceca e Slovacchia (37%). Questa specializzazione industriale, secondo Todd, ci dice che l’assimilazione dell’Europa orientale all’Europa occidentale è errata, è ancora una volta inautentica.
«L’integrazione nell’UE di questi paesi, certamente democratizzati, ma con le loro classi medie derivate dalla meritocrazia comunista e i loro proletariati nati dalla globalizzazione, non è stata affatto l’aggiunta agli Stati-nazione dell’Europa occidentale di altri Stati-nazione simili a loro. Al contrario, sono state introdotte in Europa occidentale delle società la cui storia era diversa e tale è rimasta, e in alcune aree questa differenza non ha affatto altro che accentuarsi. L’esplosione della russofobia, in concomitanza con il desiderio di aderire all’Ue e alla Nato, lungi dall’esprimere un’autentica vicinanza all’Occidente, equivale a una negazione della realtà storica e sociale».
Quando Todd scriveva “La sconfitta dell’Occidente” non sapeva della sospensione nel dicembre scorso in Romania delle elezioni che avrebbero visto sicuramente vincere Calin Georgescu. Un Georgescu che non nascondeva la volontà di ripristinare rapporti amichevoli con la Russia, e che dopo la gravissima decisione (imposta dagli americani, che in Romania, presso Costanza, sul mar Nero, stanno costruendo la più grande base Nato d’Europa) definisce la decisione della Corte Costituzionale romena colpo di stato. Come non sapeva dell’attentato quasi mortale al premier slovacco Fico, anch’egli considerato poco “affidabile” dai vertici atlantisti.