Quale Occidente?
di Giulio Pica - 28/10/2024
Fonte: La Fionda
“L’uomo bianco ha la lingua biforcuta”, questa è una famosa frase che un capo pellerossa pronunziò agli inizi del 1800 per denunciare la pratica molto diffusa tra i colonizzatori bianchi di tradire sistematicamente la parola data e di violare le regole concordate tra le parti.
Gli occidentali, fondatori ed esportatori prima dei “valori cristiani” e poi dei “principi liberal-democratici” hanno in realtà collezionato una storia infinita di massacri, di dominio e di rapina a danno degli altri popoli del Mondo, convinti che il fardello dell’uomo bianco fosse proprio la missione di “civilizzare” i popoli “selvaggi” per dare loro libertà, prosperità e democrazia.
All’inizio furono i crociati che si assunsero il compito di liberare la Terra Santa dai Mussulmani e diffondere il cristianesimo in quella regione, poi nel XVI secolo gli spagnoli, altri grandi difensori dei valori cristiani che si spinsero fino in America per convertire le popolazioni indigene e per appropriarsi, manu militari, di tonnellate di oro e di argento.
Nel 1532 gli spagnoli ingaggiarono una cruenta battaglia con gli Incas i quali, anche se molto più numerosi, furono sterminati perché combattevano a piedi essendo privi di cavalli e di spade in ferro che invece gli spagnoli possedevano.
Al termine della battaglia il re degli Incas Atahualpa fu strangolato con la garrota dopo essere stato costretto a convertirsi al cristianesimo e gli spagnoli, comandati da Francisco Pizarro, tornarono in patria con un grosso bottino di lingotti d’oro e di argento.
Inoltre gli spagnoli diffusero malattie ed epidemie tra le popolazioni sud-americane che contribuirono a completare il genocidio di quelle popolazioni. Tutto ciò per “salvare le anime” degli indigeni selvaggi e miscredenti.
Secoli dopo i coloni inglesi compirono massacri ai danni dei nativi dell’America del Nord: Sioux, Apache, Cherokee, Algonchini furono massacrati ed ancora oggi i loro pochi discendenti vivono condizioni di emarginazione e sopportano la piaga dell’alcolismo.
La Rivoluzione francese sembrò aver portato al trionfo della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza, ma subito dopo i francesi invasero mezza Europa depredando e rapinando e a metà del XIX secolo si spinsero fino in quella che allora si chiamava la Cocincina (Laos, Vietnam, Cambogia) per “civilizzare” quei popoli, facendo a gara con gli inglesi che intanto avevano scatenato la guerra dell’oppio in Cina.
La missione di civilizzare gli altri popoli deriva dalla percezione di sé come civiltà superiore, liberale, democratica, libera dalle forme di dittatura e di arretratezza che affliggono i “popoli inferiori”.
Ma come ha brillantemente spiegato Joseph Conrad nel suo libro “Cuore di tenebra”, il colonizzatore occidentale è animato da un’avidità e da un tasso di violenza che non sono affatto inferiori a quelli dei popoli in via di sviluppo.
Lo scettro della colonizzazione ed il fardello dell’esportazione della democrazia sono stati ereditati nel secolo scorso dagli Stati Uniti che hanno appoggiato i golpe militari in Sud America, hanno invaso e devastato il Vietnam e, nel 2003 hanno occupato l’Iraq facendo quasi un milione di vittime tra militari e civili.
Contro gli Stati Uniti invasori nessun Paese occidentale ha invocato sanzioni o ha inviato armi a lungo, medio e corto raggio agli iraqeni per aiutarli a respingere l’invasore.
Oggi assistiamo inermi al massacro che l’esercito israeliano sta compiendo a Gaza e si accinge a compiere anche in Libano, bombardando case, scuole, ospedali con la scusa di scovare i terroristi che userebbero i civili come scudi umani.
L’ultimo orrore in ordine di tempo è stata la manomissione di migliaia di cerca-persone e di altri dispositivi , opera probabilmente dei servizi segreti israeliani, e la loro esplosione che ha causato la morte e la mutilazione di centinaia di persone in Libano ed anche in Siria.
Sconcerta leggere gli articoli anche su alcuni giornali italiani coi quali ci si compiace quasi dell’impresa, manifestando ammirazione per l’efficienza, la preparazione tecnologica e l’astuzia con la quale sono stati beffati gli uomini di Hezbollah!
D’altronde, negli ultimi anni assistiamo ad un proliferare di articoli ed editoriali che esaltano la tecnologia di guerra, ascoltiamo giornalisti e politici che parlano di missili, aerei, razzi sempre più sofisticati e costosi con un senso di ammirazione e compiacimento per i progressi della tecnica bellica.
Che le esplosioni dei cerca-persone o i bombardamenti indiscriminati causino morte e distruzione, sembra un problema secondario ed irrilevante rispetto alla superiorità di Israele e dell’Occidente.
Quest’atteggiamento è la manifestazione di una sorta di perversa idolatria della tecnica che spinge l’uomo a godere della propria capacità di produrre strumenti di morte sempre più precisi, assolutamente indifferente alle sofferenze dei suoi simili.
A ciò si accompagna l’assenza di capacità di reazione di noi cittadini comuni che ci aggiriamo come imbambolati nei centri commerciali, nei locali, sulle spiagge, insensibili al massacro che si consuma a poca distanza da noi.
Le uniche mobilitazioni di dissenso sono state quelle degli studenti, prontamente manganellati, come a Pisa, o addirittura denunciati come negli Stati Uniti, patria della libertà e della democrazia.
Esemplari a tal proposito sono 2 episodi recenti: il primo a febbraio durante il festival di Sanremo, allorquando si è scatenato un putiferio contro Ghali che ha avuto il coraggio di pronunciare la parola “genocidio” sul palco senza nemmeno citare Israele e qualche giorno fa a Berlino dove un ragazzino di 11 anni è stato fermato dalla polizia perché aveva una bandiera della Palestina.
In Germania in particolare si è instaurato un clima di caccia alle streghe contro chiunque osi criticare Israele, forse per placare il senso di colpa che ancora tormenta molti tedeschi per ciò che ha fatto Hitler 80 anni fa.
Purtroppo ci sono periodi nella storia durante i quali l’eccitazione per la guerra e la voglia dello scontro prevalgono sulla ricerca della soluzione diplomatica delle controversie internazionali.
Questo che stiamo vivendo è sfortunatamente uno di quelli, come quando alla vigilia della Prima Guerra Mondiale si esaltava la guerra come “igiene del mondo”.