Quantitative Easing
di Andrea Zhok - 13/09/2019
Fonte: Andrea Zhok
E ORA QUALCOSA DI COMPLETAMENTE DIVERSO...
Il rilancio del Quantitative Easing è stato visto con entusiasmo o almeno con sollievo nella gran parte dei dibattiti pubblici e mediatici.
Per un mondo abituato a giudicare il proprio stato di salute dalle reazioni dei "mercati" si tratta di una reazione ampiamente prevedibile. (Personalmente ho ancora il ricordo di un'epoca in cui non esisteva il resoconto minuto per minuto, h24, della salute delle "borse" come dato intorno a cui far gravitare il resto dell'esistenza. Si tratta di una tendenza iniziata negli anni '80, che inizialmente mi stupiva ed irritava: <Ma perché mai dovremmo sentirci euforici se le borse sono in "rally", o sentici depressi quando il "mood" degli "stakeholders" è "down">. Alla fine, decennio dopo decennio, capisci che se continui a cercare di capire qualcosa che non è nato per essere capito, ma solo subito, a finire depresso sarai tu; e smetti di porti domande che incidono sul tuo stato di salute.)
Ora è noto che per il debito pubblico italiano una ripresa del QE sia di beneficio, in quanto riduce i tassi di interesse. Di norma, peraltro, si glissa sul significato generale di questo dato acclarato, ovvero che ogni qual volta siamo seriamente minacciati dallo 'spread' questo dipende sempre, in maniera decisiva, dal fatto che la BCE NON fa qualcosa che POTREBBE fare, e che sceglie di non fare.
C'è però un secondo elemento raramente discusso, ovvero il fatto che un allentamento della politica monetaria prodotto, nella cornice legale vigente, da parte della BCE è un processo socialmente monco, che ha un effetto di ampliamento della forbice sociale.
Infatti, se la BCE fosse l'organo di una politica economica interessata al benessere dei cittadini, allora la disponibilità di 'denaro facile' attraverso il QE verrebbe veicolato dagli stati in politiche espansive di investimento pubblico, di assunzioni, di incremento di salari, pensioni, servizi pubblici, ecc.
Questo processo produrrebbe un miglioramento delle condizioni sociali generali, un rafforzamento degli stati, e un moderato aumento dell'inflazione, tutti elementi che, incidentalmente, si ripercuoterebbero in maniera benefica ANCHE sui debiti pubblici, grazie all'incremento del prelievo fiscale e all'abbattimento del debito reale grazie all'inflazione.
Curiosamente, ciò non si verifica e anzi, chi l'avrebbe mai detto, la struttura dei trattati UE è pensata in modo tale da impedire che si verifichi.
Infatti, la maggiore disponibilità di denaro a buon prezzo non può, per quanto scritto nei trattati, essere messo direttamente a disposizione degli stati, ma viene conferito al sistema bancario privato.
Quest'ultimo lo passa avanti al resto della società SOLO nella misura in cui i rhchiedenti prestito possano dare garanzie di resa, dunque essenzialmente sotto due condizioni:
1) i richiedenti devono possedere già asset rilevanti;
2) deve esserci all'orizzonte una domanda tale da giustificare una crescita del relativo investimento produttivo (investo per produrre di più e meglio, in quanto c'è un mercato di acquirenti potenziali).
Purtroppo di queste due condizioni, la seconda, quella tipicamente rivolta all'economia reale e non alla rendita, dipende dalla disponibilità di denaro già presente nelle tasche dei potenziali acquirenti, dunque dei cittadini. Ergo, se qualcuno non glielo mette in tasca attraverso una delle vie menzionate sopra (assunzioni, incrementi salariali, ecc.), la domanda semplicemente stagna, e con essa gli investimenti produttivi e le erogazioni bancarie ad esso destinate.
Resta solo il primo fattore: il denaro a buon prezzo può venire erogato dal sistema bancario a chi possiede già degli asset che facciano da garanzia. Questo significa che a fare la parte del leone in questo contesto sono soltanto minuscole sezioni privilegiate della società, che possono ad esempio svolgere investimenti immobiliari di lungo periodo.
Morale della favola: il sistema QE sotto le condizioni attuali dei trattati favorisce essenzialmente soltanto coloro i quali dispongono già di solidi patrimoni e non hanno l'urgenza di rendite immediate.
Questo gruppo sociale ristretto può consolidare la propria posizione e incrementare il proprio distacco economico dal resto della società.
Il resto del sistema invece rimane stagnante (ed è questa la ragione per cui non cresce l'inflazione).
Al momento la BCE ha in pancia 3000 miliardi di euro (sic!) di titoli acquistati con il precedente QE. Mi chiedo se qualcuno si chieda come sarebbe oggi trasformata la vita di tutti gli europei se quella cifra, o anche solo una sua significativa frazione, fosse entrata in circolazione in forma di spesa pubblica, investimenti, salari, pensioni, servizi, ecc.
(E per inciso, spero che nessuno creda che le ovvietà che ho scritto sopra siano ignote a chi tira le fila della politica europea: chi agisce così lo fa con piena consapevolezza di ciò che sta facendo).