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Quel che resta della parola democrazia

di Mario Adinolfi - 31/08/2024

Quel che resta della parola democrazia

Fonte: Mario Adinolfi

Domani si vota in Sassonia e Turingia, il cuore della storia europea del Novecento. In Turingia c’è Weimar che dà il nome alla fase repubblicana tedesca che con la sua fragilità dopo la crisi derivata dalla sconfitta nella prima guerra mondiale e dal trattato ingiusto imposto a Versailles, aprì la strada al nazismo. A otto chilometri da Weimar c’è Buchenwald che del nazismo incarnò l’orrore estremo, aperto con la fucilazione nel 1941 di ottomila prigionieri di guerra russi. Con i suoi 240mila prigionieri di ogni nazionalità fu un vastissimo campo di concentramento con tanti campi satellite. Gli americani trovarono 21mila sopravvissuti l’11 aprile 1945 quando lo liberarono, 900 erano bambini e adolescenti. L’estate precedente, il 28 agosto 1944, vi era morta la figlia del re d’Italia, la principessa Mafalda di Savoia. In Sassonia c’è Dresda, rasa al suolo dal più terribile bombardamento su obiettivi civili della storia d’Europa, operato dagli angloamericani tra il 13 e il 15 febbraio 1945: causò 30mila morti e centomila feriti. Solo la bombe atomiche sganciate su Hiroshima (90mila morti) e Nagasaki (60mila morti) nella storia umana causarono più vittime in un singolo atto di guerra.
Il voto in Turingia e Sassonia ha un significato politico per l’intera Europa, in Germania tutti gli analisti si attendono una vittoria di Alternative fur Deutschland, partito stigmatizzato e mediaticamente definito erede del nazismo. AfD rischia di superare il 30% in Turingia, poco meno in Sassonia. La Spd, il partito socialista che in Germania esprime il capo del governo Olaf Scholz, è data al 6%. Al Parlamento europeo AfD guida il gruppo Europa delle nazioni sovrane, a destra sia dei Patrioti di Orban e Le Pen che dei Conservatori di Giorgia Meloni. Complessivamente all’Europarlamento i tre gruppi di destra, sommati ai non iscritti (prevalentemente nazionalisti) sono 219 di gran lunga superiori al Ppe che è il gruppo più folto con 188 membri e al Pse che ne ha 136. Meloni, Orban, AfD sono oggetto di manovre politiche e mediatiche che però tendono sempre prima alla loro demonizzazione e poi al loro isolamento.
Quando domani sera arriveranno i risultati delle elezioni in Turingia e Sassonia partiranno unanimi grida mediatiche in tutta Europa che saranno l’antipasto di quelle che saranno diffuse il 5 novembre dopo la vittoria alle elezioni americane di Donald Trump. Alla demonizzazione preventiva, che è in atto per AfD prima del voto di domani ed è assai più intensa a livello globale per ciò che riguarda Trump, seguirà il tentativo di isolare i vincitori delle elezioni in nome di non si sa quale superiorità morale che apparterrebbe ai loro avversari sconfitti. Io credo che questi meccanismi, demonizzazione e isolamento, siano pericolosissimi perché finiscono per dimostrare che il valore della democrazia che tanto sbandieriamo è una bandiera vuota.
La democrazia va sacralmente rispettata, per questo abbiamo considerato accettabili (e rapidamente dimenticato) i morti di Dresda, trovando invece inaccettabili (e sempre ricordato) i morti di Buchenwald. Questo strano meccanismo per cui se la democrazia vede i popoli esprimersi per leadership estranee a quelle per le quali tifa il mainstream, allora quelle leadership devono essere azzoppate con pesanti campagne di delegittimazione, priva di significato e valore l’atto stesso di andare ad elezioni. Non è possibile che in ogni nazione si gridi al pericolo Le Pen, Orban, Fico, Meloni, Trump, AfD e Vox senza capire che la democrazia è tale proprio perché permette che vincano e governino idee a noi sgradite, con politici a noi sgraditi. Faccio notare poi che Fico l’hanno quasi ammazzato, Trump ha rischiato per un centimetro una pallottola nel cranio, il leader di AfD Tino Chrupalla finì in terapia intensiva dopo un comizio punto da una siringa e l’attentato denunciato venne minimizzato dai media, a uno dei leader di Vox che è Alejo Vida Quadras hanno sparato un colpo di pistola in faccia e tutto questo è accaduto negli ultimi dieci mesi. È tutto casuale o, almeno, la demonizzazione genera violenza pesante a senso unico se non addirittura una regia che punta a intimidire chi ha consenso in un’area sgradita alle élites finanziarie e quindi mediatiche che vogliono dominare la nostra a questo punto illusoria democrazia?
Sì, in gioco c’è davvero la credibilità di un metodo, quello che Churchill definiva come la peggiore forma di governo ma il migliore sperimentato finora. E Churchill vinse la guerra, la sua tenacia debellò il nazismo, ma perse le elezioni successive. Dopo averle perse non demonizzò Attlee che le aveva vinte. Se domani sera leggerete di quanto pericoloso sia il voto dei tedeschi che sceglieranno come primo partito quello opposto alle idee del cancelliere socialista Scholz, non accettate la demonizzazione dell’esito delle elezioni ma sforzatevi in un’analisi che ne determini la ragioni, che affondano le loro radici nella storia d’Europa che Turingia e Sassonia portano come cicatrici su un corpo. Guerra, immigrazionismo, proposte di sradicamento proprie dell’ideologia woke sono ormai democraticamente rifiutate: davanti a questo dato di fatto le élites tecnocratiche e mediatiche dovranno piegarsi o genereranno la fine della democrazia perché ne avranno completamente delegittimato l’essenza che è ascoltare il volere del popolo.
Una democrazia che ha valore solo se vince chi mi piace e all’avversario è tutto sommato un bene anche sparare in faccia, in nome di un presunto bene superiore che si crede di salvaguardare, è ovviamente una forma subdola di totalitarismo. Verso quello ci vogliono far incamminare ma sarebbe solo una riedizione in altra forma di tragedie che speravamo di esserci lasciati alle spalle. Per questo con il voto i popoli si ribellano difendendo così quel che resta del senso della parola democrazia.