Quella di Burioni è un’idea di scienza vecchia e superata. E il suo patto lo conferma
di Ivan Cavicchi* - 11/01/2019
Fonte: Il Fatto quotidiano
Qualsiasi verità o valore ovvio e indiscutibile di cui appare superflua ogni spiegazione si definisce “truismo”. Dire che la scienza sia un valore e nello stesso tempo una verità è un truismo. Fare un patto trasversale su un truismo è una operazione che non ha senso perché è come se io ne proponessi uno sul valore del sole. Ma allora perché proporre un manifesto sulla scienza? E soprattutto perché proporlo solo alla politica?
Evidentemente il proponente ha in testa una propria idea di scienza che per una infinità di ragioni, nonostante essa come concetto generale sia un truismo, non è uguale a quella di milioni di persone e a quella di migliaia e migliaia di esperti; un’idea cioè che potrebbe essere persino contestata a causa soprattutto dei suoi anacronistici modi di essere. Attraverso il patto “contro la pseudomedicina”, sottoscritto anche da Matteo Renzi e Beppe Grillo, si chiede alla politica l’impegno ad imporre al mondo intero una vecchia e superata idea di scienza solo perché chi la propone è del tutto incapace a cimentarsi nella sua ridefinizione.
L’idea che ha Roberto Burioni non corrisponde in nulla a quello che oggi la filosofia della scienza definisce tale ma è una vecchia forma di scientismo positivistico di stampo ottocentesco. Quindi una sorta di rottame d’altri tempi che nonostante ciò ha la pretesa di proporsi come:
– metafisica, cioè valore assoluto, incontestabile, autoritaria e impositiva;
– conoscenza oggettiva dell’uomo, quindi del tutto impersonale;
– riduzione della persona ad organo;
– malattia ma non malato ma non contesto;
– proceduralismo.
Una scienza dispotica, incapace di avere relazioni con gli altri, che pretende – esattamente come un secolo fa – una sottomissione totale alle sue evidenze e ai suoi standard. Questo nonostante le sue evidenze siano – dal punto di vista epistemologico – verità provvisorie e falsificabili e nonostante tutti gli standard siano regolarmente smentiti dai casi singoli, dalle specificità e dalle individualità. Se la scienza anziché sforzarsi di ridefinirsi nelle complessità del mondo, dialogare con le persone, evolvere, ripensarsi, si limita a chiedere alle forze politiche di proteggere la sua invarianza cioè la sua refrattarietà al cambiamento è davvero un brutto segno. Vuol dire che questa scienza pensa di risolvere i suoi problemi paradigmatici con la forza in un momento in cui peraltro i medici e gli altri operatori sono persino vittime di violenze fisiche da parte dei cittadini. Cioè hanno una credibilità sempre minore.
Anche io farei un patto ma non sulla scienza ma sul modo di intenderla e soprattutto sul modo di usarla. Questo è il mio contro-patto:
1) Tutte le forze politiche italiane s’impegnano a favorire il dialogo tra scienza e società a sostenere ogni forma di consenso informato, a favorire l’alleanza terapeutica, a fare in modo di corresponsabilizzare il cittadino nelle scelte scientifiche che riguardano la sua salute, a favorire il confronto attraverso relazioni di cura tra evidenze scientifiche e opinioni personali del cittadino con l’obiettivo sempre di co-decidere la scelta più razionale e più ragionevole quindi più conveniente per il cittadino. La scienza come valore universale di progresso dell’umanità, che non ha alcun colore politico, non ha solo lo scopo di aumentare la conoscenza umana e migliorare la qualità della vita dei nostri simili ma ha anche lo scopo di sostenere il divenire dell’uomo in questo mondo soprattutto nelle sue fasi di decadenza.
2) Nessuna forza politica italiana e nessun cittadino responsabile si presta a sostenere o tollerare in alcun modo forme di scientismo cioè concetti di scienza riduttivi, schematici, semplificanti, spersonalizzanti, disumani, cioè concetti di scienza con i “paraocchi”. La scienza è una conoscenza al servizio dell’uomo. La differenza tra scienza e pseudoscienza passa certamente per le evidenze ma accettando tra le evidenze non solo quelle statistiche, ma anche quelle empiriche, esperienziali, quelle pragmatiche. Le evidenze di diverso tipo debbono essere comunque tutte garantite da risultati verificabili. Una evidenza è vera se funziona.
3) Tutte le forze politiche italiane s’impegnano a governare e legiferare in modo tale da fermare l’operato degli scientisti, che – con le loro pulsioni autoritarie – stanno minando pericolosamente la fiducia delle persone nella medicina. Nello stesso tempo si impegnano a garantire alle persone informazioni affidabili, al fine di non creare paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di presidi terapeutici pubblici.
4) Tutte le forze politiche italiane s’impegnano a implementare programmi capillari d’informazione sulla scienza non per la popolazione, ma con la popolazione, a partire dalla scuola dell’obbligo, e coinvolgendo media, divulgatori, comunicatori e ogni categoria di professionisti della ricerca e della sanità.
5) Tutte le forze politiche italiane s’impegnano affinché si assicurino alla scienza adeguati finanziamenti pubblici, a partire da un immediato raddoppio dei fondi ministeriali per la ricerca biomedica di base.
*Docente all'Università Tor Vergata di Roma, esperto di politiche sanitarie