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Qui e ora

di Annalisa Marcozzi - 31/01/2021

Qui e ora

Fonte: Comedonchisciotte

 

Ci troviamo in un tempo in cui siamo chiamati alla più grande scelta di tutte, che deciderà del nostro futuro: quella tra la libertà e l’attesa della libertà, perdendo un sacco di altre cose mentre aspettiamo e non garantendoci nemmeno di riaverla così come era. Può una legge dello Stato limitare la libertà personale di un cittadino in assenza di reati? La Costituzione dice che può: in caso di guerra. Siamo in guerra? Assolutamente no.

Ci troviamo di fronte ad una malattia che nell’immediato ha gettato nel panico tutti, ma che a velocità stratosferica per la ricerca scientifica è diventata curabile nella maggioranza dei casi con interventi tempestivi e soggetta ad un vaccino. Un patogeno non è un esercito nemico. L’essere umano evoluto e tecnologico ha modi per difendersi: ricerca appunto, organizzazione e mezzi di protezione individuale. Mentre la ricerca fa la sua parte l’essere umano deve continuare la propria esistenza con organizzazione e mezzi di protezione. La segregazione e l’uccisione delle attività degli individui non sono mezzi di protezione leciti nel 2020.

Deve intervenire l’organizzazione a garantire il normale proseguimento della vita mentre si studia il patogeno.

Invece di impedire all’essere umano di lavorare e vivere all’aria aperta si possono dirottare tutte le risorse economiche a disposizione di uno Stato per la messa in sicurezza dei luoghi di aggregazione, la dotazione della popolazione dei cosiddetti dispositivi di protezione individuale, le indagini epidemiologiche, la formazione e l’assunzione di personale sanitario che possa intervenire ai primi sintomi della malattia.

Queste azioni, dopo un primo momento di sgomento, andavano fatte subito.

Dopo il rintracciamento del primo paziente chiaramente malato doveva scattare l’organizzazione. In verità essa doveva scattare al primo allarme di un patogeno infettivo molto contagioso in qualche parte del mondo. Perché ? Perché viviamo in un mondo dove le distanze sono azzerate. E praticamente in un attimo qualsiasi cosa può raggiugere qualsiasi parte del mondo.

Questi concetti sono stati espressi, col senno del poi, dagli stessi scienziati. Abbiamo sentito in varie trasmissioni televisive scienziati internazionali parlare di come in un mondo globalizzato tutto possa cambiare dall’oggi al domani con le persone che si spostano e portano con sè virus e batteri.

Quando si sentiva di uno strano virus in Cina qui si parlava di campagne antirazziste come “abbraccia un cinese”, tirando fuori concetti inesistenti legati ad una malattia, quando si è avuto il primo malato dichiarato, Mattia, il paziente 1 (che poi si scoprirà essere il paziente xxx in quanto già da tempo il virus era tra noi), qui si tifava per “Milano non si ferma”, tra aperitivi e movida a dimostrare che non avremmo ceduto al virus.

Quando è iniziata un po’ di preoccupazione il nostro Premier è andato in prima serata in TV a dire “siamo prontissimi contro il virus”. Talmente pronti eravamo che hanno adottato la politica del risparmio unita alla scienza del Medioevo, nessun investimento, nessuna azione, nemmeno attivarsi immediatamente per ospedali da campo e percorsi differenziati, no…loro ci hanno solo chiusi in casa ed hanno lasciato che persone già malate chiuse in casa non si attivassero per essere assistite finché non avessero le difficoltà respiratorie in atto.

Migliaia di morti. Migliaia di morti e non avevamo mascherine, non si sono messi soldi da subito per trasporti, aree attrezzate, posti in ospedale, personale sanitario e assistenza a casa. Non si facevano nemmeno le autopsie all’inizio. Nulla. La chiamavano confusione, tsunami, panico. Si legga risparmio, evitamento dell’investimento fino a che non fosse strettamente necessario perché i soldi andavano chiesti in Europa. Intanto le persone morivano e azioni di sicurezza non venivano fatte.

E non sono state fatte. Mai in modo sostanziale. Fino ad oggi, chiusure ad oltranza, pochi spicci in assistenza a chi ha subito invece tracolli economici, a tirare a campare. La cosa pazzesca è che dall’inizio del lockdown in Italia, 9 marzo 2020, ad oggi sono passati 10 mesi.

10 mesi in cui non è cambiato nulla per i mezzi di trasporto. Ci si è limitati alla decisione di fatto inapplicabile ed incontrollabile di riduzione della capienza dei messi, ma nulla è andato in porto per aumentarli di numero ed aumentare le corse. Non è cambiato nulla per la sicurezza delle scuole, non è cambiato nulla per la gestione delle RSA, le case di cura per anziani luogo dei più drammatici focolai. Non è cambiato nulla nelle carceri.

Ancora ci si infetta negli ospedali. Mentre dall’Europa ancora nessun arrivo di denari. Stanno per arrivare dicono, dopo 10 mesi. L’ Europa che doveva essere la garante della prosperità dei suoi “affiliati”. Nel momento del bisogno fa aspettare mesi e migliaia di morti per elargire. Lo Stato invece di dirottare le risorse già in suo possesso con normative speciali verso le necessità contingenti della popolazione ci priva della libertà. In attesa di Godot. No. Ma un no assoluto e definitivo al potere di uno Stato di privare della libertà tanto più quando la privazione è la scusa per l’inattività verso soluzioni alternative.

Lo Stato questo potere come abbiamo detto lo ha solo in guerra ma non siamo in guerra. Per questo qui e ora, oggi dobbiamo fare una sola cosa: riprenderci la nostra libertà di azione. Di lavoro. Di tirare su la saracinesca e mandare avanti le nostre attività. Di uscire. Di fare sport. Di vedere chi amiamo. Farlo e basta. Tutti. Dobbiamo decidere di obbedire alla nostra Costituzione che ci dice che nessuno ci può limitare.

Dobbiamo decidere qui e ora.

Vale più la non vita che ci si prospetta quando usciremo con la faccia sporca dalle macerie delle nostre cose distrutte, della nostra psiche provata e della nostra solitudine perché la solidarietà sará morta o vale di più vivere accettando che esiste una causa di morte in più, una malattia in più che potrebbe colpirci in forma grave, ma mantenendo tutto ciò che abbiamo?

Non scegliere vuol dire accettare automaticamente che valga di più la prima prospettiva descritta.

Non siamo in guerra.

Ci raccontano così ma la Costituzione non è interpretabile.

Annalisa Marcozzi