Quo vadis?
di Pierluigi Fagan - 03/03/2025
Fonte: Pierluigi Fagan
Ho scritto un intero e voluminoso libro per sostenere la tesi che stiamo transitando ad una nuova era storica. Non capita spesso a generazioni umane di capitare in tali frangenti.
Sino ad oggi e quantomeno dall’anno zero, qui da noi, si contano due sole transizioni di tale portata: il passaggio dall’Antichità al Medioevo e dal Medioevo alla Modernità. Ora saremmo alla terza transizione.
Questo punto di vista è alto, alto proprio in senso di distanza dal basso, dal contingente. Prescinde del tutto dai recenti fatti che ci stanno travolgendo, sia quelli degli ultimi due mesi, sia quelli degli ultimi anni, sia quelli degli ultimi decenni. Tutto ciò è fenomenologia della transizione, interessante da osservare ma non decisiva per capire.
Le epoche storiche cambiano per potenti movimenti della geologia storica. La nostra vecchia epoca, la Modernità, ha cominciato a transitare ad altro nello scorso secolo. Dopo ben due guerre “mondiali”, nei soli ultimi settanta anni gli esseri umani sul pianeta sono triplicati, così le loro forme di vita associata che chiamiamo Stati e molte altre loro forme (unioni, aziende, gruppi formali etc.).
Sono enormemente aumentate le loro interrelazioni, quelle di movimento di uomini e merci (trasporti), quelle delle idee e delle transazioni (telecomunicazioni). Una grande parte del pianeta (a cominciare dall’Asia) ha adottato il modo economico moderno distillato in Europa nella Modernità (“modo economico moderno” non coincide del tutto con la per altro sfuggente definizione di “capitalismo”).
Il pianeta si è rapidamente densificato, sta aumentando rapidamente la pressione delle parti tra loro (sotto forma di accordi, nuove unioni tipo BRICS, concorrenze e conflitti competitivi) e di tutto il mondo umano verso il pianeta (ambiente, ecologia, clima, biodiversità etc.). Tutto questo e molto altro che qui non è il caso di dettagliare, è avvenuto per la prima volta nella storia planetaria ed umana con tale complessità e soprattutto in così breve tempo, è la prima volta, non c’è esempio cui affidarsi nel registro storico o archeologico.
Tutta la fenomenologia cui siamo esposti, dalla ormai “vecchia” globalizzazione alla sua complicata riformulazione, le epidemie, la ripresa delle guerre anche qui in Europa o Medio Oriente, l’Europa sì o l’Europa no, salari e diritti in declino, migrazioni, tettonica politica e ideologica (dalla scomparsa della “sinistra” e la proliferazione di “destre” nonché esplosione creativa delle varie forme del pensiero liberale, neoliberale, libertario, libertariano), i controversi atteggiamenti che abbiamo verso le questioni eco-ambientali, il nuovo impeto tecnico e tecnologico, la trasformazione socio-economica in Occidente da produttiva a finanziaria, la lievitazione impressionante del debito globale (pubblico, aziendale, privato), giù fino alla guerra in Ucraina, in Palestina, Trump, Putin, l’inspiegabile eccitazione armiera per le popolazioni più anziane del pianeta (gli europei), va inserita in questa lettura di geologia storica altrimenti non si capisce il sottostante che muove i fenomeni e ci si perde appresso ad un caleidoscopio di fatti e fatterelli.
Vorrei fare solo un piccolo esempio della grande confusione che aleggia noi intorno. Ieri a Londra hanno discusso se e quanto degli investimenti europei dati per il fondo di spesa strategico Next generation (in favore quindi della costruzione di un futuro per figli e nipoti) possono essere impiegati per la nuova corsa alle armi.
Altresì, nel 2009, col Trattato di Lisbona, gli stessi europei avevano modificato i patti unionistici in favore di una “nuova Europa della conoscenza”.
Il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi ha proposto l’idea di fare un CERN per l’A.I. europea per non dipendere da quella americana o cinese (non solo per non dipendere dalla loro, per evolverne una diversa), un centro di ricerca comune non nazionale in grado di attrarre talenti da ogni parte del mondo come il CERN ginevrino della fisica ha fatto togliendo il primato agli americani che non volevano più spendere per la ricerca (ampliamenti del FermiLab) volendo invece spendere per le armi. Ricordo che se Internet l'hanno inventato gli americani per ragioni militari, il World Wide Web e quindi l'uso pubblico della rete, l'hanno inventato al Cern per l'appunto.
Ora, lasciamo perdere il giudizio, se cioè ha senso distogliere fondi per costruire un futuro basato sulla conoscenza che prelude nuove strategie adattative ai tempi nuovi o meno. Prima, c’è da notare che non si può cambiare così repentinamente e fondativamente una strategia, oltretutto senza discuterne a fondo tutti assieme. Una strategia dovrebbe esser frutto di analisi complessa, non delle sollecitazioni della contingenza.
Che l’Europa non sia un soggetto geopolitico è noto da decenni anche perché è autoevidente, così come è autoevidente il fatto che così com’è fatta a livello istituzionale, non potrà mai esserlo. Che spediamo male in armamenti che pure sono necessari e del tutto a prescindere da Putin e Trump (spendiamo male, non poco), è noto da sempre. Che non abbiamo avuto una strategia di convivenza col vicino russo, come par altro nel Medio Oriente o in Africa o con l’Asia e non ci siamo accorti che gli USA non avrebbe potuto continuare all’infinito a farci da balia -nel bene e nel male- è noto da tempo. Che togliere fondi per costruire il futuro in favore di altra spesa militare per gente anziana che non ha giovani da sacrificare al fronte contro una potenza atomica con cinquemila testate sia una cosa senza alcun senso è autoevidente. Che abbiamo gestito in maniera assai discutibile l’ultima epidemia perché non avevano terapie intensive adeguate e RSA fatiscenti in cui mandiamo a morire per triste fine vita i nostri anziani era autoevidente. Ed ora, massa di anziani claudicanti col deambulatore cosa fanno? Tolgono fondi all’investimento sul welfare e il futuro perché dobbiamo armarci per difendere i nostri valori? Dove diavolo stiamo andando?
Capire il gioco non è possibile seguendo i soli giocatori che ci usano per giocare, noi tutti siamo fiches senza consapevolezza e intenzione se non quella di chi ci usa. In base a cosa diamo giudizi? Odiamo, amiamo ora questo ora quello ma in base a cosa? Ad un set di “valori” o antipatie e simpatie personali? Basati su cosa? Vi sentite in dovere di schierarvi “o con Trumputin o con Zelensky”, ma rispetto a cosa? Qual è la vostra strategia adattiva ai tempi che ci vengono incontro con sempre maggiore impeto clamoroso? Qual è la vostra strategia, il senso storico, l’idea che mischiando e bilanciando ideali e realismi come si bilancia sale e zucchero in cucina, vi siete fatti per andare incontro al futuro?
Se rispetto alla guerra russo-ucraina vi è sembrato razionale l’impeto severo con cui alcuni vi hanno inchiodato nel giudizio alla constatazione banale che c’è un “aggressore e un aggredito”, ditemi voi quando mai studiando storia o andando il Tribunale a giudizio su un fatto, nessuno è retrocesso al complesso di cause per esprimere il giudizio stesso. Si giudica una storia, un groviglio di cause ed effetti, mai un singolo fatto.
Avete riso amaramente dal leggere che c'è stato un tempo in cui qui da noi si ordinava di "credere, obbedire e combattere". Ma cosa state facendo ora di diverso?
Quo vadis? Nel vangelo apocrifo di Pietro in cui compare la famosa domanda, Pietro sta fuggendo da Roma per sfuggire al martirio quando incontra il Signore: “Quo vadis, Domine?”. Sembra giusto e razionale domandarlo, no? Ma il Signore risponde che “Eo Romam, iterum crucifigi (Vado a Roma, per essere crocifisso nuovamente). Pietro agiva in modalità azione-reazione, Gesù aveva una strategia.
La nostra qual è?