Rendiamo di nuovo grande l'Europa
di Marcello Veneziani - 05/02/2025
Fonte: Marcello Veneziani
Il manifesto-appello all’Europa perché torni ad essere grande ha un solo difetto: è scritto da un magnate non europeo che opera negli Stati Uniti, il sudafricano Elon Musk, l’uomo oggi più detestato in Europa, anche se può essere un prezioso partner per noi. Per il resto il manifesto è perfetto e condivisibile, almeno nella sua enunciazione di principio, e l’acronimo che lo riassume e lo battezza, MEGA, è il più indicato per l’Europa perché esprime con il lessico delle origini, la lingua greca, quel pensare in grande, quella megalopsichia, da non confondere con la megalomania, di cui ha necessità l’Europa per svegliarsi. Giusto anche quel “di nuovo”, che ha un senso per gli Stati Uniti, come nell’appello di Trump, in sigla MAGA (Make America Great Again); ma che ha un senso infinitamente più vero, più grande e più antico se riferito all’Europa. Come ben comprese Viktor Orban, il primo a lanciare un appello del genere per l’Europa.
La premessa che manca perché l’Europa torni ad essere grande è però a mio parere una, e certamente non può proporla Musk: occorre una dichiarazione d’Indipendenza europea, proprio come quella che fu alle origini degli Stati Uniti rispetto all’Europa. Oggi, dopo 250 anni, è necessaria la dichiarazione inversa, che sancisca l’indipendenza dell’Europa dall’Atlantico e da ogni altra dipendenza terrestre e marina. L’anno prossimo
Non vorrei dire, seguendo la lezione di Carl Schmitt, che quell’again – di nuovo – in politica è sempre un against – contro – ovvero che la fondazione politica nasce e si cementa sempre rispetto a un nemico, come la risposta a un altro da sé ostile. Non è più tempo di dichiarazioni di inimicizia ma bisogna realisticamente ammettere che le comunità, le alleanze, le unioni, avvengono sempre in risposta a qualcuno, in opposizione a un agente esterno che viene reputato divergente, se non avversario. L’Europa, se vuole avere un ruolo nel mondo, deve dichiararsi indipendente e poi trattare, nel massimo possibile di amicizia con le altre potenze, ma da potenza a potenza, da sovrana a sovrana. A partire dallo storico alleato nel nome della libertà e del benessere, gli Stati Uniti; e al mondo occidentale che deriva dall’Europa, incluso quello latino-americano a sud; ma poi proseguendo nel dialogo col mondo che da sempre è ai nostri confini orientali, in parte dentro e in parte fuori dall’Europa: il mondo slavo, inclusa la Russia. Non dico di abbracciare l’ipotesi di Alexandr Dugin dell’Eurasia, ma è realistico almeno pensare a un’Europa dall’Atlantico agli Urali, come diceva Charles de Gaulle, che comprende l’importanza geopolitica di un rapporto con la Russia. Per poi allargarsi al resto del mondo, a partire dalle potenze più rilevanti, la Cina, l’India, il mondo islamico nei suoi due versanti, il frammentato continente africano e via dicendo. Limitarsi a sbandierare la pace nel mondo, è una puerile ipocrisia che mai è servita a limitare i rischi della guerra, come si è visto; assai più serio è cercare di stabilire confini e negoziati da potenza a potenza nel nome del reciproco vantaggio.
Ma è necessario che si riparta da un proposito generale e programmatico e dunque da una visione del mondo, o meglio da una visione dell’Europa rispetto al mondo. Naturalmente siamo sempre ben consapevoli che ogni appello alla Grande Politica e al pensare in grande s’infrange nel cieco e sordo nanismo europeo, privo di statisti e leader storici.
Ben venga l’appello di Musk se serve a generare una reazione in Europa, anche infastidita, se serve cioè ad affermare la sua sovranità e la sua indipendenza. Solo in questo quadro ha senso chiedersi dell’utilità strategica e militare della Nato, ovvero se è utile mantenere una partnership, purché sia tale, e non solo un’iscrizione da pagare come si fa a una guardia giurata, a un super-vigilante planetario; o se sia preferibile, come io credo, pensare a un esercito europeo che magari si affianca a quello Nato ma con una sua autonomia decisionale. Solo in quella prospettiva è possibile a mio parere parlare di patriottismo europeo e perfino di sovranismo europeo, come fanno alcuni che poi davanti all’ipotesi di rendere concreta la sovranità europea fuggono spaventati sotto l’ombrello di Mamma America.
E aggiungo che, forse cinicamente, dovremmo approfittare di questa torsione nazionale ed “internista” dell’America di Trump e del contraccolpo di diffidenza dell’Europa per il suo avvento e i suoi dazi, per ribadire che anche per noi è il momento di Europa First e dunque la priorità nostrana è la sovranità e l’indipendenza europea, in perfetta sintonia con il credo trumpiano, ma tradotto in lingua e prospettiva europea. Ci piace così tanto il suo panamericanismo che lo facciamo nostro, ma in chiave paneuropeista. Abbiamo seguito al rimorchio se non al guinzaglio degli Usa l’avventura ucraina e poi medio-orientale; stiamo pagando – la Germania più di tutti – un prezzo altissimo dal profilo militare, energetico, commerciale e strategico per allinearci all’America dem e al bellicismo umanitario di Biden; approfittiamo che ora c’è Trump, e si annunciano dazi e trattati con gli Usa, per rilanciare l’Europa e renderla davvero di nuovo grande, come dice Musk, ma autonoma. Dialoghiamo con le potenze dell’Oriente, cercando un beneficio reciproco e una rassicurazione vicendevole; cerchiamo anche lì un accordo. Poi, è chiaro che se qualcuno da Oriente dichiara e dimostra la sua ostilità all’Occidente tout court, con altrettanto realismo, il nostro posto sarà col resto dell’Occidente, a partire dagli Usa.
Alla fine, si tratta di cogliere il positivo del manifesto di Musk e di tradurlo in sano realismo europeo.