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Renzo De Felice, lo storico cancellato

di Marcello Veneziani - 30/03/2025

Renzo De Felice, lo storico cancellato

Fonte: Marcello Veneziani

Cinquant’anni fa, nel 1975, Renzo De Felice mise a soqquadro la ricerca storica e non solo con l’Intervista sul fascismo, a cura di M.A.Ledeen, che fu considerata una “pugnalata” revisionista all’Italia antifascista nata dalla Resistenza. Ora è uscita dall’editore Nino Aragno una biografia di De Felice di un suo noto allievo, Francesco Perfetti (Per una storia senza pregiudizi. Il realismo storico di Renzo De Felice). Scorre in queste pagine la sua vita: i suoi tormentati studi liceali, più volte rimandato e poi bocciato due volte agli esami di maturità, i suoi passaggi da Giurisprudenza a Filosofia, la sua iscrizione al Pci, la sua predilezione per Trotsky e il suo pacifismo militante. Poi l’incontro con la storia e con due grandi storici, Federico Chabod e soprattutto Delio Cantimori, già fascista e germanista, poi diventato “patriarca della storiografia marxista”. Quindi, dopo gli studi sull’Italia giacobina, De Felice approdò agli studi sul fascismo. Cominciò con la Storia degli ebrei sotto il fascismo, ricerca sostenuta dalla comunità ebraica, poi s’inoltrò nella monumentale biografia di Mussolini. Ma le polemiche esplosero con quell’intervista. Sia perché sintetizzava i risultati delle sue ricerche rispetto ai suoi ponderosi testi, gravati di incisi e note bibliografiche. De Felice scriveva male e parlava peggio (era pure balbuziente). I suoi testi sul fascismo sono farraginosi, involuti e dispersivi. Lo notava con elegante crudeltà non un suo nemico ma un suo estimatore che gli aprì le porte del suo Giornale, Indro Montanelli. Non a caso i suoi testi più efficaci sono in forma d’intervista, a Leeden, a Giuliano Ferrara, a Pasquale Chessa o gli scritti giornalistici curati da un altro suo allievo, Giuseppe Parlato (tra gli allievi De Felice ebbe anche Paolo Mieli e il cantautore Francesco De Gregori).
De Felice studiò il fascismo sul piano storico, non lo ridusse a fenomeno criminale, come fanno alcuni sbrigativi e faziosi divulgatori e presidenti d’oggi. Lo considerò parte integrante della storia d’Italia e della nostra autobiografia nazionale. Oggi De Felice sarebbe censurato pure sui social perché smontò e smentì molti pregiudizi sul fascismo. Quali? In estrema sintesi: in primis, il fascismo riscosse per tanti anni grande consenso popolare, furono col fascismo i maggiori artisti e intellettuali del tempo, espressero giudizi positivi sul fascismo e su Mussolini i più grandi capi di stato del suo tempo, rispecchiando l’opinione pubblica mondiale. Secondo, il fascismo fu un regime di modernizzazione, tra grandi opere, leggi e sviluppo sociale, integrazione di giovani, donne, contadini ed operai. Terzo, il razzismo e l’antisemitismo furono estranei al fascismo sino all’alleanza con Hitler dopo l’isolamento delle Sanzioni, e da lì vennero le sciagurate leggi razziali. Fu un razzismo dichiarato ma poco praticato, tra rigetti e boicottaggi. Quarto, nazismo e fascismo furono due realtà distinte, non esiste la categoria “nazifascismo”, “inventata dalla propaganda politica per battere il comune nemico. Fu un’invenzione degli alleati, poi passò tra le parole della resistenza e di lì nel linguaggio comune”, scrive De Felice. Quinto, le potenze occidentali spinsero Mussolini tra le braccia di Hitler, dopo che aveva vanamente tentato di porsi nel mezzo, fino al patto di Monaco. Sesto, la Repubblica sociale ebbe più la funzione di freno e di cuscino per attutire l’occupazione nazista e le ritorsioni sugli italiani. Mussolini a Salò per De Felice fu più prigioniero che servo-alleato di Hitler (si legga pure Salvate gli italiani. Mussolini contro Hitler di Alfio Caruso). Settimo, la Resistenza fu fenomeno minoritario e non sconfisse il fascismo ma accompagnò la vittoria degli Alleati; il popolo non si schierò con la Resistenza, e anche dopo la guerra preferì la Dc non solo per la sua ispirazione cristiana e occidentale quanto per la sua percepita neutralità rispetto al fascismo e all’antifascismo. Senza dimenticare che metà Resistenza, se non di più, non fu combattuta in nome della libertà ma nel progetto di una dittatura del proletariato che aveva come modello l’Unione Sovietica. Infine, la partitocrazia nasce con la Resistenza e col Cln, e nasce con la morte della patria, l’8 settembre; De Felice fu il primo storico a parlarne, riferendosi a un romanzo di Salvatore Satta, De Profundis; poi sulla morte della patria scrisse un lucido saggio Ernesto Galli della Loggia.
Oggi queste tesi defeliciane, benché ampiamente documentate, sfiorano il reato d’opinione. Poi si può discutere su alcune interpretazioni di De Felice: la differenza tra fascismo-movimento e fascismo-regime in realtà può valere per quasi tutti i movimenti radicali e rivoluzionari andati al potere; o la riduzione del fascismo a costola nazionale del socialismo rivoluzionario e del nazismo a radicalizzazione di un tradizionalismo magico e mitologico.
De Felice non ebbe il tempo di approfondire gli eccidi rossi dopo il ’43, lasciando che quel tabù fosse infranto da giornalisti, prima Giorgio Pisanò, poi Giampaolo Pansa.
De Felice resta lo storico più credibile del fascismo e di Mussolini; ebbe un’ importante influenza civile e culturale, ma anche indirettamente politica. Fu osteggiato e contestato, poi è stato cancellato in modo rozzo e fazioso. L’Italia è retrocessa nella ricerca storica e nel clima civile verso un pregiudizio antistorico, demonizzante e manicheo. Quanti passi indietro ha fatto l’Italia dai tempi e dai testi di De Felice ad oggi.