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Ricostruire l’identità italiana come antidoto al mondialismo

di Roberto Siconolfi - 13/07/2020

Ricostruire l’identità italiana come antidoto al mondialismo

Fonte: oltre la linea

Una delle questioni cruciali della battaglia politico-culturale odierna è quella dell’identità. Se il gioco d’opposizione vede i mondialisti di contro ai popoli sovrani, possiamo dire che mentre il movimento mondialista tende all’omologazione e alla dissoluzione delle identità, l’altro campo invece muove per preservale e difenderle.

Il mondialismo contro le identità

Il discorso delle identità si sviluppa in realtà su due livelli, uno individuale e l’altro collettivo. Dal punto di vista individuale ciò avviene in vari ambiti, come quello sessuale (es. il gender), o con i media, la loro manipolazione informativo-culturale e l’induzione all’emulazione di determinati stili di vita (es. personaggi delle Serie TV). Dal punto di vista collettivo abbiamo lo steso attacco ma sul piano del patrimonio etnico-nazionale, culturale e tradizionale (es. “passione esotica e terzomondista” a discapito delle proprie radici culturali). In quest’articolo ci occuperemo del livello collettivo, e in particolare sul come sia possibile generare una “nuova identità collettiva italiana”, che sia al passo coi tempi, e quindi scevra dalle incrostazioni ideologiche otto-novecentesche e completamente immersa nello “spirito del tempo”.

Società liquida e postmoderna, individualismo occidentale
La questione di fondo è che noi dobbiamo ricostruire l’identità italiana in questa epoca, l’epoca della postmodernità, della società liquida, della dissoluzione delle Istituzioni classiche (Stato, famiglia, religione, ecc.), dell’Occidente individualistico e disaggregato. Un Occidente giunto al suo punto 0, sia sul piano dei valori che della spinta culturale ed ideale.

Non si può tornare indietro con le lancette della storia, riportandosi a scenari oramai superati, che sono quelli del “secolo breve”, della società di massa e delle grandi spinte ideologiche (fascismo, comunismo e liberalismo). Anzi oggi bisogna recuperare quanto di buono è venuto da queste spinte, includendo il più possibile tutti quegli uomini e quei settori che ancora genuinamente si inspirano a quelle grandi narrazioni, ma che sono allo stesso tempo ben consci della partita fondamentale odierna, partita che oppone i popoli sovrani ai mondialisti.

Si tratta appunto di attuare una strategia “inclusiva”, quella che anche il filosofo Aleksandr Dugin menziona nel suo La Quarta Teoria Politica, nella parte dedicata alla “metafisica del caos”. Per Dugin, se oggi il logos – il “principio maschile” – è nelle mani dei mondialisti, dell’ordine unipolare, del liberalismo nella sua fase totalitaria, delle pazzie postmoderne e “politicamente corrette”, allora bisogna porsi dalla parte opposta, abbracciare il “polo femminile”, il caos.

Da qui il potere distruttivo ma anche creativo, che dissolva definitivamente l’ordine attuale ma che sia in grado di crearne un altro, come l’utero genera una nuova vita. Detto questo possiamo affermare che mentre il mondialismo omologa ma in fin dei conti “esclude” le identità, il nostro modello le preserva e le “include”, le valorizza e non le disprezza.

La nuova identità italiana dovrà dunque “includere”, non escludere. Essa non sarà di destra, perché parlare di “destra e sinistra” significa inevitabilmente escludere una parte a vantaggio di un’altra. Una contraddizione in termini, nei confronti di un processo che deve essere volto all’unità e alla coesione di tutto il “corpo sociale nazionale”. La nuova identità dovrà essere legata al meglio della tradizione spirituale, culturale e politica occidentale, europea e in modo specifico italiana. Dovrà tenere conto del cristianesimo come della più grande religione di massa nazionale, ma dovrà guardare con rispetto a tutte le varie confessioni e tendenze spirituali “dignitose” presenti sul territorio.

Essa dovrà avere il suo mito culturale fondativo nella Grecia antica, nella romanità, nel medioevo imperiale, e, sempre in virtù della capacità di includere, nella modernità laica e tollerante. La nuova identità italiana dovrà essere consapevole che la battaglia odierna non è tra destra e sinistra, religiosi e atei, bianchi e neri, cristiani e musulmani, ecc., ma tra chi possiede un’idea e il vuoto annullante della postmodernità. A riguardo l’apertura verso tutti quei settori e ambienti culturali, della più disparata origine, che abbiano ancora qualcosa da dire, che siano essi di scuola liberale, socialista o conservatrice, spiritualista o materialista, religiosa o atea.

Soluzioni pratiche a difesa della nuova identità italiana
La nuova identità italiana dovrà inevitabilmente confrontarsi con le problematiche del quotidiano e, sempre allo stesso modo, senza revanscismi ma senza eludere le questioni centrali. Su tutte l’immigrazione, bypassando le insostenibili posizioni frutto di un anacronistico purismo etnico-culturale (es. Europa bianca), o quelle di tipo sostanzialmente economicista (es. valutare solo il fattore dell’abbassamento del costo del lavoro dovuto alla manodopera straniera), se non addirittura globalista (es. “cittadini del mondo”).

Bisogna attuare politiche migratorie equilibrate, che portino al severo controllo dei confini e all’espulsione “senza sé e senza ma” di tutti i clandestini (a partire dai criminali e dai pericolosi islamisti di marca salafita e wahabita). Dall’altro lato bisogna integrare in maniera seria chi ha diritto a stare, e organizzare bene i flussi, favorendo gli ingressi di studenti, ricercatori, uomini di cultura e professionisti di altre nazioni, soprattutto se volti all’apprendimento di competenze utili alla propria terra di origine. Va assicurata la convivenza pacifica con tutte le comunità di non-italiani presenti sul territorio. Una convivenza basata sul rispetto delle nostre leggi e della nostra nuova identità, ma – per ovviare a politiche laiciste ed omologanti – concedendo la possibilità di conservare i costumi specifici purché accettabili.

Ricordiamo che è la Russia di Putin, ad ospitare una delle più grandi comunità musulmane, seppur all’interno di un quadro di valori chiaro ed intransigente. Una politica di difesa e valorizzazione dell’identità italiana, dovrà inevitabilmente porsi anche il problema delle nascite e dei nuovi italiani. Sarà un problema se tra due o tre generazioni avremo una percentuale di cittadini musulmani o dalla pelle nera enormemente più grande di quella attuale? Sarà un problema che gli italiani fanno sempre meno figli?

Bisogna investire soldi – “ce lo dice l’Europa” permettendo! – nelle politiche sociali a sostegno della maternità. Le famiglie di italiani devono tornare a fare figli, le madri italiane devono essere messe nella condizione di non abortire – soprattutto se l’aborto è dovuto a condizioni di svantaggio economico-sociali –, bisogna creare quel clima culturale affinché questo accada! La battaglia per la difesa e la valorizzazione dell’italianità dovrà entrare nelle scuole e nella università! Tornando a studiare in maniera massiccia i capisaldi della nostra lingua e letteratura, della storia e della filosofia europea ed occidentale, riducendo il peso della lingua inglese se non per motivi strettamente tecnici e curriculari. E ancora, tornando a praticare l’educazione civica, amplificando e migliorando lo studio della religione cattolica, e infine smettendola con le tragedie intellettuali “politicamente corrette” volte all’esaltazione di tutto ciò che è “altro da sé” a discapito di sé stessi.