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Ritorna in auge la narrazione degli “opposti estremismi”

di Luciano Lago - 22/02/2018

Ritorna in auge la narrazione degli “opposti estremismi”

Fonte: Controinformazione

 

Come era facile aspettarsi, quando un sistema politico, costruito sulla menzogna e sulle cessioni di sovranità alla oligarchia finanziaria, entra in difficoltà, la soluzione per la classe politica ancorata al potere è quella di trovare degli “escamotage” con cui occultare la propria subordinazione ed ingiustificata occupazione delle posizioni di governo.

Niente di meglio quindi che agitare le piazze con l’antifascismo strumentale, in assenza di fascismo,  e sobillare ed istigare scontri fra gli attivisti dei centri sociali, il braccio armato del sistema, le formazioni di estrema destra, tacciate di neofascismo che possono fare da capro espiatorio nella campagna di “caccia alle streghe” agitata dai media del regime.

 

Il giochino è quello classico che negli anni ’70, gli anni di piombo della contestazione e poi del terrorismo, venne utilizzato dal potere consociato democristiano e che consentì al vecchio PCI di affermarsi come “partito d’ordine” e pilastro del sistema.

Dagli ultimi gravi episodi accaduti in questi giorni, che fanno da corollario alla campagna elettorale, aggressioni, risse ed accoltellamenti, si capisce che siamo nuovamente tornati alle vecchie strategie degli “opposti estremismi” che risultano estremamente comode per dirottare l’attenzione dalla grave situazione che attraversa il paese, stretto da una crisi economica, alta disoccupazione, invasione migratoria incontrollata e assedio delle mafie di importazione divenute padrone dei parte del territorio delle città italiane (mafia nigeriana, mafia albanese, mafia cinese, ecc.).

In particolare questo escamotage riesce a squalificare ed a coprire con la coperta dell'”estremismo pericoloso” quelle argomentazioni proprie delle frange considerate neofasciste, populiste  o razziste che denunciano la subordinazione alla dittatura finanziaria, il regime mondialista imposto dalle centrali transnazionali e l’invasione della penisola con progetto di sostituzione etnica di buona parte della popolazione italiana.

Antifascismo dei centri sociali

La vecchia strategia del potere era quella di squalificare l’avversario, emarginarlo e renderlo poi illegale, al di fuori del consesso democratico e come tale tacciato all’indice.

Non per caso personaggi come Laura Boldrini, Pietro Grasso e altri esponenti della sinistra hanno richiesto a gran voce lo scioglimento di quelle formazioni che vengono considerate neofasciste perchè si richiamano ancora al “male assoluto” o perchè fanno discorsi considerati razzisti e discriminanti e, come tali, considerate illegali secondo costituzione o meglio, secondo il pensiero politicamente corretto.

All’accorato appello  fatto dalla Boldrini, «Mai più fascismi», si sono naturalemte associate l’ Anpi, l’Arci, le Acli, Aned, la Cgil, Cisl, Libera e la compagnia di giro delle altre associazioni che chiedono appunto lo scioglimento delle formazioni neofasciste e neonaziste e che hanno raccolto oltre 60mila firme online e altre per le strade dall’inizio dell’anno.  Il “pericolo fascista” viene considerato un grave rischio per la democrazia”.Questo conferma la tesi secondo la quale, quando la classe politica ha perso ogni legittimità e giustificazione l’antifascismo diventa l’ultimo rifugio dei farabutti.

“Quando non hai più niente da dire, nulla di vero, di concreto, di significativo da esprimere, quando non hai nulla di serio su cui fondare la tua legittimità, il tuo ruolo e la tua superiorità, quando non hai motivo per occupare un posto di potere, di presidente, di qualche cosa – e non hai un merito, una capacità, un valore per essere quello che immeritatamente sei, quando vuoi sedare i conflitti e i mugugni, quando vuoi vincere facile con un avversario che non sta in piedi, perché non c’è più, perché non si regge, allora tiri fuori l’antifascismo”. (M.Veneziani).

Boldrini e gli antifascisti

Allo stato dei fatti  non è facile stabilire se tutto questo  faccia parte di un piano preordinato di larga parte della classe  politica per salvare le proprie poltrone attraverso la riproposizione della strategia della tensione e la creazione degli opposti estremismi, o sia piuttosto l’ultima mossa disperata della sinistra mondialista che sente franare sotto i piedi il consenso da parte di buona parte del suo vecchio elettorato.

Naturalmente accade che alcuni sprovveduti  caschino facilmente nella trappola e, prestandosi a questo gioco, danno spago alla dialettica ripolverata dalla naftalina degli “opposti estremismi” e del “pericolo fascista” che incombe sulla Repubblica, quella “fondata sull’antifascismo e sulla Resistenza”.

Risulta che questo discorso dell’antifascismo rinnovato costituisce  un comodo paravento per mascherare la subordinazione della sinistra mondialista a quello che oggi è il vero totalitarismo, quello dei mercati e della dittatura finanziaria che impone le scelte obbligate di demolire i diritti sociali conquistati nei decenni delle lotte operaie, con l’acquiescenza e la complicità della classe politica prostituita agli interessi dell’oligarchia di Bruxelles e di Francoforte.

Mentre le fabbriche delocalizzano, le diseguaglianze aumentano in modo abnorme, migliaia di giovani fuggono dal “Bel Paese” in cerca di lavoro all’estero, mentre  la platea dei poveri aumenta in modo esponenziale, la sinistra mondialista si occupa dei migranti, delle coppie gay, della nuova ideologia del gender, come diritti individuali che sostituiscono il diritto sociale al lavoro ed al reddito. Non avviene per caso, come ogni politica perseguita dalla ceto politico al potere, si tratta di una precisa scelta che consente ad una classe politica screditata di arruolare il “nuovo proletariato“, quello dei migranti, ai quali vengono riconosciuti diritti e stanziamenti miliardari che le famiglie italiane possono solo sognare, dal mantenimento e assistenza garantita fino alla casa popolare. Tutti elementi che assicureranno il favore  da parte del nuovo proletariato ed il consenso sostitutivo di quello che viene a mancare dalle fasce popolari di popolazione italiana a cui la sinistra ha voltato le spalle. Il popolo delle periferie urbane degradate e dei paesi del sud dimenticato dalla politica.

La nuova massa di migranti diventa così non soltanto la mano d’opera di riserva del grande capitale ( oltre che delle mafie) ma anche la base di consenso che serviva e che risponde alle esigenze delle centrali finanziarie transnazionali, quelle di omologare la popolazione ai mercati ed annientare la cultura e l’identità di una popolo, un retaggio che potrebbe essere di ostacolo all’omologazione richiesta dai George Soros, dalle grandi banche e dai loro soci in affari.