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Russia-Cina-Iran: tutti per uno e uno per tutti?

di Pepe Escobar - 09/04/2025

Russia-Cina-Iran: tutti per uno e uno per tutti?

Fonte: Giubbe rosse

Sebbene forse non sia ancora ovvio per Washington, una guerra degli Stati Uniti contro l’Iran sarà vista anche come una guerra contro Russia e Cina. Sia Putin che Xi sanno che la guerra di Trump è singolarmente diretta ai cambiamenti globali trasformativi “che stanno guidando insieme”.

La Russia e l’Iran sono in prima linea nel processo di integrazione eurasiatica a più livelli, lo sviluppo geopolitico più cruciale del giovane XXI secolo. Entrambi sono membri di spicco dei BRICS+ e della Shanghai Cooperation Organization (SCO). Entrambi sono seriamente implicati come leader della Global Majority per costruire un  mondo multi-nodale e multipolare. Ed entrambi hanno firmato, a fine gennaio a Mosca, una partnership strategica dettagliata e completa.
La seconda amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, a partire dalle buffonate di “massima pressione” messe in atto dallo stesso roboante direttore del circo, sembra ignorare questi imperativi. Spettava al Ministero degli Esteri russo reintrodurre la razionalità in quella che stava rapidamente diventando una lite fuori controllo: in sostanza Mosca, insieme al suo partner, Teheran, semplicemente non accetterà minacce esterne di bombardare le infrastrutture nucleari ed energetiche dell’Iran, mentre insiste sulla ricerca di soluzioni negoziate praticabili per il programma nucleare della Repubblica islamica.
E poi, proprio come un fulmine, la narrazione di Washington è cambiata. L’inviato speciale degli Stati Uniti per gli affari del Medio Oriente, Steven Witkoff – non esattamente un Metternich, e in precedenza un estremista della “massima pressione” – ha iniziato a parlare della necessità di “rafforzare la fiducia” e persino di “risolvere i disaccordi”, sottintendendo che Washington ha iniziato a “considerare seriamente”, secondo i proverbiali “funzionari”, i colloqui nucleari indiretti.
Queste implicazioni si sono trasformate in realtà lunedì pomeriggio, quando Trump avrebbe colto di sorpresa il primo ministro israeliano in visita Benjamin Netanyahu con l’annuncio di un “incontro molto importante” con funzionari iraniani nei prossimi giorni. Teheran ha poi confermato la notizia, con il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi che ha affermato che avrebbe avviato negoziati nucleari indiretti con Witkoff in Oman sabato.
È come se Trump avesse perlomeno ascoltato le argomentazioni esposte dal leader supremo della Repubblica islamica, l’ayatollah Ali Khamenei. Ma d’altronde, Trump a New York può cambiare idea in un minuto.

I punti più sottili dell’asse Russia-Iran-Cina
Il contesto essenziale per decifrare l’enigma “La Russia aiuterà l’Iran” si trova in questi scambi scambi fin troppo diplomatici  al Valdai Club di Mosca. I punti chiave sono stati sollevati da  Alexander Maryasov, l’ambasciatore russo in Iran dal 2001 al 2005. Maryasov sostiene che il trattato Russia-Iran non è solo una pietra miliare simbolica, ma “serve come tabella di marcia per far progredire la nostra cooperazione in praticamente tutti i settori”. È più un “documento di relazioni bilaterali”, e non un trattato per la difesa.  
Il trattato era stato ampiamente discusso – e poi approvato – come contrappunto alla “pressione militare, politica ed economica intensificata esercitata dalle nazioni occidentali sia sulla Russia che sull’Iran”. La motivazione principale era come combattere lo tsunami delle sanzioni.
Tuttavia, anche se non costituisce un’alleanza militare, il trattato specifica le mosse concordate di comune accordo in caso di attacco o minacce alla sicurezza nazionale di una delle due nazioni, come le sconsiderate minacce di bombardamento di Trump contro l’Iran. Il trattato definisce anche la vasta portata della cooperazione tecnico-militare e di difesa, tra cui, in modo cruciale, i regolari colloqui di intelligence. Maryasov ha individuato i punti chiave per la sicurezza nel Caspio, nel Caucaso meridionale, nell’Asia centrale e, ultimo ma non meno importante, nell’Asia occidentale, compresa l’ampiezza e la portata dell’Asse della Resistenza.  
La posizione ufficiale di Mosca sull’Asse della Resistenza è una questione estremamente delicata. Per esempio, prendiamo lo Yemen. Mosca non riconosce ufficialmente il governo di resistenza yemenita incarnato da Ansarallah e con il suo quartier generale nella capitale Sanaa; piuttosto, riconosce, proprio come Washington, un governo fantoccio ad Aden, che è di fatto ospitato in un hotel a cinque stelle a Riyadh, sponsorizzato dall’Arabia Saudita.
L’estate scorsa due diverse delegazioni yemenite erano in visita a Mosca. Come ho potuto vedere, la delegazione di Sanaa ha dovuto affrontare enormi problemi burocratici per concludere gli incontri ufficiali. C’è, naturalmente, simpatia per Ansarallah nei circoli dell’intelligence e militari di Mosca. Ma come confermato a Sanaa da un membro dell’Alto Consiglio politico, questi contatti avvengono tramite “canali privilegiati”, e non istituzionalmente.
Lo stesso vale per Hezbollah del Libano, che è stato un alleato chiave della Russia nella sconfitta dell’ISIS e di altri gruppi estremisti islamici durante la guerra in Siria. Quando si tratta di Siria, l’unica cosa che conta davvero per la Mosca ufficiale, dopo che gli estremisti legati ad Al-Qaeda hanno preso il potere a Damasco lo scorso dicembre, è preservare le basi russe a Tartous e Hmeimim.
Non c’è dubbio che il  disastro siriano abbia rappresentato una battuta d’arresto estremamente seria sia per Mosca che per Teheran, aggravata ulteriormente dall’incessante escalation di Trump sul programma nucleare iraniano e dalla sua ossessione per la “massima pressione”.
La natura del trattato Russia-Iran differisce sostanzialmente da quella Russia-Cina. Per Pechino, la partnership con Mosca è così solida, si sviluppa in modo così dinamico, che non hanno nemmeno bisogno di un trattato: hanno una “partnership strategica globale”.
Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, nella sua recente visita in Russia, dopo aver coniato una perla – “coloro che vivono nel 21° secolo, ma pensano in blocchi da Guerra Fredda e giochi a somma zero non possono stare al passo con i tempi” – ha riassunto in modo chiaro le relazioni sino-russe in tre vettori: i due giganti asiatici sono “amici per sempre e mai nemici”; uguaglianza e cooperazione reciprocamente vantaggiosa; nessun allineamento con i blocchi; nessuno scontro e presa di mira di terze parti. Quindi, anche se abbiamo un trattato Russia-Iran, tra Cina e Russia e Cina e Iran, abbiamo essenzialmente delle strette partnership.
Si pensi, ad esempio, alla quinta esercitazione navale annuale congiunta Russia-Iran-Cina che ha avuto luogo nel Golfo dell’Oman a marzo. Questa sinergia trilaterale non è nuova; è in fase di sviluppo da anni.
Ma è inutile caratterizzare questo triangolo RIC Primakov migliorato (Russia-Iran-Cina invece di Russia-India-Cina) come un’alleanza. L’unica “alleanza” che esiste oggi sulla scacchiera geopolitica è la NATO, una organizzazione guerrafondaia composta da vassalli intimiditi, messi insieme dall’Impero del Caos.
Ecco un’altra perla di giada di Wang Yi a cui è difficile resistere: “Gli Stati Uniti sono malati ma costringono gli altri a prendere la medicina”. Conclusione: la Russia non cambierà schieramento; la Cina non verrà accerchiata; e l’Iran sarà difeso.

Quando il nuovo triangolo Primakov si incontra a Pechino
Durante la discussione di Valdai, Daniyal Meshkin Ranjbar, professore associato presso il Dipartimento di teoria e storia delle relazioni internazionali presso l’Università RUDN di Mosca, ha sollevato un punto cruciale: “Per la prima volta nella storia, le prospettive diplomatiche di Russia e Iran convergono”. Si riferisce agli evidenti parallelismi tra le politiche ufficiali: la “svolta a est” della Russia e la politica “guardare a est” dell’Iran.
Tutte queste interconnessioni sfuggono chiaramente alla nuova amministrazione di Washington, così come la retorica roboante di Trump e Netanyahu che non ha alcun fondamento nella realtà: persino il Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti ha ammesso che l’Iran non sta lavorando a una bomba nucleare.
E questo ci porta al quadro generale.  
Il direttore del circo – almeno finché non cambia di nuovo idea – sta essenzialmente lavorando a un accordo di triangolazione, offrendo presumibilmente alla Russia un quadro per i trasporti, l’accesso alle esportazioni di grano nel Mar Nero e le banche russe fuori dalla lista delle sanzioni SWIFT in modo da poter eseguire il suo “perno” per poi attaccare l’Iran (scadenza a Teheran inclusa).
E se la Russia difende l’Iran, niente accordo.
Questa è la massima menzogna che si possa ottenere con la massima pressione in stile mafioso, “un’offerta che non si può rifiutare”. Il vice ministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov, un diplomatico eccezionalmente abile, ha distrutto l’intera logica: “La Russia non può accettare le proposte degli Stati Uniti di porre fine alla guerra in Ucraina nella loro forma attuale perché non risolvono i problemi che Mosca considera la causa del conflitto”. Anche se Mosca “prende molto sul serio i modelli e le soluzioni proposte dagli americani”.
Mentre l’angolazione russa della triangolazione di Trump vacilla, Teheran non sta semplicemente osservando il fiume scorrere. Il modo in cui l’Iran si è adattato per decenni a uno tsunami di sanzioni è ora una conoscenza consolidata e condivisa con Mosca, parte della loro crescente cooperazione sancita dal trattato.
Nonostante tutta la volatilità di Trump, voci non contaminate dal sionismo in tutta la Beltway stanno lentamente ma inesorabilmente imprimendo la visione razionale secondo cui una guerra contro l’Iran è assolutamente suicida per l’Impero stesso. Quindi riaffiorano le probabilità che i bombardamenti verbali di Trump 2.0 possano spianare la strada a un accordo temporaneo che verrà trasformato in una vittoria diplomatica, dopotutto questa è sempre una battaglia di narrazioni.
Si può scommettere che l’unico leader del pianeta in grado di far capire la realtà a Trump è il presidente russo Vladimir Putin, nella loro prossima telefonata. Dopotutto, è stato lo stesso Circus Ringmaster a creare il rinnovato dramma dell'”Iran nucleare”. Il RIC, o il rinnovato triangolo Primakov, ne ha debitamente parlato, insieme, in un incontro cruciale, discreto e non pubblicizzato di recente a Pechino, come confermato da fonti diplomatiche. In sostanza, il RIC ha sviluppato una road map per un “Iran nucleare”. Ecco i punti salienti:
    Dialogo. Nessuna escalation. Nessuna “pressione massima”. Mosse passo dopo passo. Costruire fiducia reciproca.
    Mentre l’Iran ribadisce il suo veto sullo sviluppo di armi nucleari, la tanto dibattuta “comunità internazionale”, in realtà il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, riconosce, ancora una volta, il diritto dell’Iran all’energia nucleare pacifica ai sensi del TNP.
    Torniamo al JCPOA, e riavviamolo. Per far tornare Trump a bordo, il riavvio sarà una vendita estremamente difficile.
Questa tabella di marcia è stata ratificata durante il secondo round di colloqui trilaterali del RIC a Mosca martedì, durante i quali alti funzionari delle nazioni alleate hanno discusso degli sforzi collaborativi per affrontare le sfide che l’Iran si trova ad affrontare.

Quel vertice a Mosca
Così com’è, la road map è solo questo: una mappa. L’asse sionista senza fiato da Washington a Tel Aviv continuerà a insistere sul fatto che l’Iran, se attaccato, non sarà sostenuto dalla Russia, e una “pressione massima” extra e continua costringerà Teheran a cedere e ad abbandonare il suo sostegno all’Asse della Resistenza.
Tutto ciò, ancora una volta, rifugge la realtà. Per Mosca, l’Iran è una priorità geopolitica assolutamente fondamentale; oltre l’Iran, a est, c’è l’Asia centrale. La fantasia ossessiva sionista di un cambio di regime a Teheran maschera la penetrazione della NATO in Asia centrale, la costruzione di basi militari e, allo stesso tempo, il blocco di diversi progetti cinesi strategicamente cruciali della Belt and Road Initiative (BRI). L’Iran è essenziale per la politica estera a lungo termine della Cina tanto quanto lo è per quella della Russia.
Non è un caso che Russia e Cina si incontreranno a livello presidenziale, Vladimir Putin e Xi Jinping, in un summit a Mosca intorno al 9 maggio, Giorno della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica. Analizzeranno in dettaglio la prossima fase di “cambiamenti che non abbiamo visto in 100 anni”, come formulato da Xi a Putin nella loro rivoluzionaria estate del 2023 a Mosca.
Naturalmente, discuteranno di come il direttore del circo sogni di concludere una guerra eterna solo per iniziarne un’altra: lo spettro di un attacco degli Stati Uniti e di Israele al loro partner strategico, l’Iran, con tanto di contrattacco del blocco dello Stretto di Hormuz (transito per 24 milioni di barili di petrolio al giorno); un barile di petrolio che sale alle stelle a 200 dollari e anche più; e il crollo dell’enorme pila di derivati ​​da 730 trilioni di dollari nell’economia globale.
No, Presidente Direttore del Circo: Non hai le carte in regola.