Russofobia sempre in onda: il caso di Igor “il russo” e dei Ceceni “rifugiati” spacciati per russi
di Filippo Sardella - 21/08/2017
Fonte: eurus
Con la caduta del Muro di Berlino ed il collasso dell’Unione Sovietica il mondo intero sperava di non ritrovarsi più invischiato in scontri propagandistici. Oggi giorno sciaguratamente però non possiamo fare altro che notare quanto siano state disattese tali speranze e purtroppo ci ritroviamo nuovamente di fronte ad una lotta propagandistica degna dei migliori anni della Guerra Fredda. Come possiamo notare da un paio d’anni a questa parte tale scontro, rispetto al passato, risulta essere più cruento dato che al centro del contendere non c’è più una supremazia ideologica, marxista o capitalistica, ma una culturale che ci vuole imporre di scegliere tra noi e loro.
Mentre la propaganda da Guerra Fredda mirava a screditare ogni azione della controparte, meramente e analiticamente da un punto di vista economico e strutturale (ad esclusione della parentesi presidenziale dello sceriffo Reagan che alzò spavaldamente i toni indicando l’ex U.R.S.S. come “L’impero del male), oggigiorno assistiamo ad uno scontro propagandistico più subdolo, che lascia meno spazio alle critiche e ai fallimenti di uno stile di vita ineguale rispetto al proprio, e che cerca di aizzare l’opinione pubblica non più contro un governo o un’ideologia ma contro un intero popolo, nella fattispecie quello russo. Invero attualmente la gran parte dei mass media sono pronti a screditare a priori e sotto ogni punto di vista, non solo ogni iniziativa che il Cremlino decide di intraprendere in politica estera ma anche coloro i quali sul passaporto alla voce cittadinanza si ritrovano “Russa”.
I recenti e drammatici fatti di cronaca italiana offrono un ottimo spunto per confermare questa tesi, secondo la quale è in atto una vera e propria campagna propagandistica volta a dipingere i russi come un popolo diverso da noi, incline all’impulsività e alla violenza.
La campagna propagandistica e la crociata russofobica inizia la scorsa primavera, con un caso che balza subito agli onori della cronaca e che vede tristemente coinvolto Davide Fabri, tabaccaio che perde la vita durante una rapina subita il primo di aprile a Budrio. Fin da subito telegiornali e quotidiani soprannominano inspiegabilmente l’assassino come “Igor il russo” o “Il rambo russo”, accompagnando una descrizione priva di fondamento secondo il quale egli sarebbe un ex soldato dei reparti speciali, il GRU, capace di parlare sei lingue, di sopravvivere in qualsiasi condizione grazie a uno speciale addestramento impartitogli.
Dopo qualche giorno di ricerche circa il passato di Igor però si inizia ad avere il sospetto che l’immagine sembrerebbe essere stata costruita ad arte dai media, iniziando dal luogo di nascita di nascita dello stesso, dato che la cittadinanza russa sembra più essere un ipotesi che un dato di fatto.
Col passare delle ore si scopre anche che il nome di battesimo non è un generico e slavofono “Igor”, ma Ezechiele Normberto Feher, cognome simile a quello delle gens appartenenti alla mitteleurope.
Passano i mesi e la macchina atta a screditare il popolo che si rifiuta di aderire al pensiero unico internazionale filo-americano non si ferma.
A tutti è nota la recente e triste vicenda che ha da pochi giorni ha coinvolto Niccolo Ciatti, ma ancora più triste forse sono stati i titoli dei telegiornali che hanno riportato per primi la notizia; anche in questo caso fin da subito si è preferito identificare gli assalitori (o bestie) come tre ragazzi di nazionalità russa. Ancora una volta purtroppo, viene il sospetto che si sia volutamente screditare l’immagine di un popolo che ad oggi ha avuto poco spazio nella cronaca nera italiana. Fin dalle ore immediatamente successive la tragedia, si è sottolineata più volte l’errata cittadina dei tre, per poi successivamente, una volta resosi conto dell’errore, glissare sul fatto che gli assalitori non solo erano profughi Ceceni accolti a braccia aperte (del resto come molti altri in questi mesi) dall’Unione Europea che gli aveva concesso asilo politico in Francia, adducendo come motivazione la fuga dalle persecuzioni politiche di Putin, ma erano anche, o forse lo sono ancora, appartenenti ad una cellula paramilitare-islamica estremista cecena che aveva combattuto gli stessi russi durante le due guerre cecene.
Tristemente sembra che di recente gran parte, ma per fortuna non tutta, l’opinione pubblica occidentale non voglia più screditare solamente l’apparato governativo e il Presidente della Federazione Russa, etichettandoli come militarmente imprevedibili , ma anche l’intero popolo russo, affibbiandogli dei tratti violenti che ad oggi riscontriamo con molto difficoltà.